Stamina e quello che la Lombardia di Maroni non dice

Inchiesta

Agli occhi di chi segue da mesi la vicenda Stamina è una scena alquanto curiosa quella vissuta in Regione Lombardia venerdì scorso. Prima di presentare i contenuti dell’azione ispettiva sugli Spedali civili di Brescia Roberto Maroni “magnifica” gli scienziati che sono al top della ricerca secondo la rivista European Journal of clinical investigation. Al secondo posto della classifica c’é Carlo Maria Croce, che, tra le altre cose è vice presidente del Centro di ricerca regionale di Nerviano. Ma è anche colui che un mese fa si è dimesso dal board della Fondazione Ri Med di Palermo perché ha scoperto che alla presidenza era stato messo quel Camillo Ricordi che voleva fare i test alle cellule di Stamina a Miami. Insomma,  Croce è uno che è arrivato a dire che negli Stati Uniti, dove vive e lavora, Vannoni & co “sarebbero in galera o in manicomio”.

tra i top scientist “lumbard” c’é anche Giuseppe Remuzzi, proprio quello che con Garattini & co. ha firmato qualche giorno fa l’appello al ministro perché si liberi di Mauro Ferrari, il presidente in pectore della nuova commissione che fa esternazioni balzane un giorno sì e l’altro pure su Stamina che reputa “grande occasione per la medicina rigenerativa”. E dice paradossalmente Ferrari che l’aspetto giudiziario della vicenda non gli interessa. Remuzzi che lavora all’Istituto Mario Negri sono mesi che con un aplomb britannico ma altrettanto fermo è impegnato nel cercare di far capire che le cellule di Vannoni e co sono una truffa. Maroni li cita, ma non sfrutta l’occasione per dire che la Regione sta dalla loro parte.

Il governatore si limita pilatescamente ad affermare che nel decreto ministeriale sulle cure compassionevoli, quello che avrebbe dato origine all’accordo tra Stamina e gli Spedali Civili, la Regione non c’entra. Formalmente nulla da eccepire. Ma allora perché se guardiamo indietro Palazzo Lombardia è ripetutamente entrato nella questione e lo ha fatto con gesti e atti più che formali? Una scelta, quella di stare nel campo della contesa, che parte da lontano. Da quelle due ispezioni, la prima dell’Aifa il 15 maggio 2012, che determinò il divieto della produzione di cellule mesenchimali nel laboratorio di Brescia – divieto aggirato solo dalle sentenze dei giudici del lavoro – e la seconda, del 23 e 24 maggio 2012 voluta dal Ministero della salute. Perché proprio su quelle si concentra l’attacco che la Regione ha condotto nei confronti dei provvedimenti emanati a tutela della salute pubblica e contro una serie di irregolarità avvenute a Brescia. Quindi Palazzo Lombardia, se non c’entra nulla formalmente, però nella vicenda entra. Eccome.

Ed è quello su cui le opposizioni da settimane chiedono lumi: ricostruire i passaggi che hanno determinato l’ingresso di Stamina a Brescia. Ieri hanno ottenuto in Commissione sanità il via libera con voto unanime di una indagine conoscitiva. Anche in Lombardia come al Senato dunque si procederà di pari passo nel fare chiarezza. Partenza il 17 febbraio. E per la prima volta dell’indagine verrà fatta una relazione in Consiglio regionale. Il 14 maggio 2013 di fronte alla Commissione affari sociali il presidente del Centro Nazionale Trapianti Alessandro Nanni Costa fa una affermazione pesantissima durante le audizioni legate alla legge 57, la Balduzzi: «A Brescia – disse  – si è operato nella illegalità»

Perché in questi mesi niente è stato fatto perché si mettesse l’ospedale nelle condizioni di non essere un mero esecutore di discutibili sentenze emesse dai giudici del lavoro? Il 5 giugno 2013 i Civili deliberano un documento in cui spiegano la situazione interna a seguito dei ricorsi. Alla prima riga di premessa si ricorda che la Regione è stata informata della ipotesi di somministrazione per uso compassionevole della metodica di Stamina. Fin dall’inizio.

Mercoledi 29 gennaio il generale Cosimo Piccinno, comandante generale dei Nas, in audizione alla Commissione sanità del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva su Stamina ha affermato: «L’ispezione amministrativa 23 maggio 2012  sui media è stata tacciata più volte da incompetenti con una serie di irregolarità poste in evidenza anche dagli organi regionali della Lombardia. Ma alla commissione sono stati affiancati due funzionari della Regione che hanno sottoscritto tutti i verbali tranne uno che reiterava l’ordinanza Aifa» (quella del 15 maggio 2012 ancora in vigore che vieta al laboratorio di Brescia di produrre le staminali mesenchimali, ndr). L’audio integrale dell’audizione si può ascoltare e scaricare qui.

Questa ispezione che è un documento riservato del ministero – ma di cui alcuni passaggi sono stati resi noti in questi mesi anche su Linkiesta –  Piccinno non la esibisce in Commissione ma prosegue raccontandola: «in tale contesto si accertava che i medici dell’ospedale erano venuti a conoscenza della possibilità di ricorrere al trattamento attraverso i sanitari dello stesso nosocomio, i quali avevano presentato casi di pazienti a seguito di contatti avuti  con la Regione Lombardia. Peraltro si apprendeva che l’azienda ospedaliera non era a conoscenza delle attività svolte e dei materiali utilizzati in laboratorio da Stamina, poiché eseguite da operatori di Stamina a tutela delle metodiche coperte da brevetto» (di cui poi anche in audizione ieri è stato ricordato che erano richieste di brevetto). 

Fin qui il generale. Su quella stessa ispezione si leggono delle parole molto pesanti della Regione nell’intervento in giudizio Ad adiuvandum nell’interesse di Regione Lombardia del 25 ottobre 2012. Intervento passato attraverso una deliberazione emessa nei mesi della “transizione” verso le elezioni regionali dalla Giunta tecnica guidata sempre dal Roberto Formigoni “pro tempore”. Nella delibera si parla di «sussistenza di interesse diretto e concreto della Regione Lombardia ad intervenire ad adiuvandum dell’Azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia (….) a tutela ed a sostegno del prestigio e della reputazione del sistema regionale di cui fa parte nonché dell’organizzazione sanitaria pubblica». Il testo dell’Adiuvandum definisce “ingiustificatamente demolitivo” il blocco Aifa «parziale, ingiusto ed illegittimo».

Perché, a detta della Regione l’errore da cui muove il blocco è l’aver dato seguito a una azione penale: l’inchiesta di Guariniello e la segnalazione dei Nas. Già allora spunta la questione delle cartelle cliniche. Per cui la Regione dice che sono state verificate da Aifa delle certificazioni incomplete. Ma sempre in audizione al Senato il direttore generale dell’Aifa Luca Pani ha confermato a distanza di un anno e mezzo l’incompletezza di quelle cartelle. Il verbale del 23 maggio 2012 viene dalla Regione “non condiviso e dunque non sottoscritto dal rappresentante dell’amministrazione regionale”. Ma anche l’“aiutino” lumbard non servirà sostanzialmente a nulla: né in questo caso né nei successivi ricorsi al Tar di Brescia della fine del 2013 il giudice darà ragione a chi – Stamina, Regione, Civili, familiari dei malati – chiede che quel blocco, il primo emesso nella storia dell’organismo regolatorio nazionale, venga rimosso.

E nonostante il varo della legge che permetteva la sperimentazione del discusso e controverso metodo, nulla alla luce del sole oggi supporta e motiva come fondato quell’accordo di collaborazione sottoscritto dal defunto direttore dei Civili Coppini e Davide Vannoni che avrebbe dovuto dare origine «a un centro di eccellenza in Lombardia per il trattamento e la conservazione delle cellule staminali adulte».