Verificare se i Comuni chiedono più tasse del dovuto alle imprese. Fotografare le loro difficoltà e farle presenti con forza agli enti locali. Premere perché abbassino la pressione fiscale. Con questi obiettivi in Toscana stanno nascendo gli osservatori sui tributi di Confcommercio, che da marzo dovrebbero essere attivi in tutte le province. La speranza dell’organizzazione è che municipi e Regione siano più sensibili delle istituzioni nazionali, perché «a nessuna amministrazione piace che le aziende del proprio territorio scompaiano». L’Anci regionale dice di non essere a conoscenza di vessazioni da parte dei sindaci, ma ammette che ci sono margini per ridurre i prelievi.
Dossier contro chi tartassa le imprese
«Il primo osservatorio ha aperto ad Arezzo – racconta Franco Marinoni, direttore generale di Confcommercio Toscana. – Poi è stata la volta di Pisa, Pistoia e Lucca». Le altre province dovrebbero essere pronte entro il 1° marzo. «Per ora si tratta di un progetto pilota, ideato nella nostra regione, ma ho contatti anche con colleghi di altre zone d’Italia». Le aziende sono invitate a portare l’ultimo bilancio, le planimetrie degli immobili e naturalmente cartelle e bollette, per controllare se e come sono aumentate negli ultimi anni. I dati andrebbero a comporre un dossier che evidenzi l’incidenza delle tasse locali sulle imprese e i diversi trattamenti a cui sono sottoposte dalle singole amministrazioni.
«Vogliamo fotografare la situazione e rappresentarla a chi non capito quale sia – dice Marinoni. – Ci sentiamo ripetere che le scelte fiscali dei Comuni dipendono da vincoli nazionali. In realtà l’interpretazione di quei presunti obblighi è diversa a seconda del municipio. Prendiamo l’Imu, che colpisce molto gli alberghi. La stessa aliquota ha effetti differenti in base alla data della rivalutazione dei valori catastali. Dove è più recente le conseguenze sono disastrose». Ad alcune strutture, spiega il direttore, vengono chieste cifre superiori al loro guadagno. «Dover pagare più tasse di quanto si è incassato è folle». Gli osservatori puntano a mettere in luce gli enti locali “virtuosi” e a dimostrare che gli altri possono imitarli, livellando le imposte verso il basso. «Evidenzieremo chi si rifiuterà di dare una mano. E la nostra categoria è pesante dal punto di vista elettorale».
Confcommercio Toscana pensa che al momento si possa fare poco a livello nazionale, «visto che il governo accampa la scusa della crisi per aumentare l’imposizione fiscale». Anche i Comuni, però, potrebbero trincerarsi dietro la mancanza di fondi. «Il problema – riprende Marinoni – è che nemmeno le imprese hanno più un euro. A fine mese devono decidere se pagare le imposte o gli stipendi. Il sistema economico del Paese è alla frutta: lo dimostra la manifestazione romana di Rete Imprese Italia. Non siamo una categoria abituata alla mobilitazione di piazza, ma non ce la facciamo più».
La reazione dell’Anci
Una prima risposta arriva da Livorno. Il sindaco Alessandro Cosimi guida l’associazione dei Comuni toscani. «Su molte cose si può migliorare – ammette. – Per farlo, però, bisogna aumentare la scala su cui si lavora. Per esempio servono politiche economiche regionali sui servizi pubblici locali, e un accordo che superi la frammentazione delle imprese. Guardare ai problemi in un’ottica più ampia può permettere di ridurre i prelievi sulle singole società».
A Cosimi non risulta che nella regione ci siano municipi che vessano le aziende. E le disparità denunciate dai commercianti? «Che su questo terreno ci sia disomogeneità mi pare anche normale. Se un sindaco ha entrate molto importanti dalle imposte sulle seconde case, per lui sarà più facile detassare i capannoni. Lo stesso ragionamento si può fare al contrario. Volendo potremmo provare a dare una mano, ma il corpo centrale del cuneo fiscale va affrontato insieme allo Stato. Sull’Irap, che trovo assurda, e su altre tasse i Comuni non possono fare niente». L’ingresso di un sindaco a Palazzo Chigi potrebbe aiutarli a collaborare con Roma per dare respiro alle imprese.