Viva la FifaBerlusconi sistema i conti del Milan: ora può venderlo

Il futuro del club tra Expo e nuovi soci

Quando decidi di vendere casa, prima di farla vedere ai potenziali acquirenti la metti in ordine, la pulisci, anche se sai che poi, chi la comprerà cambierà diverse cose, dai mobili al colore delle pareti. Lo stesso succede quando decidi di vendere una società. Se puoi, cerchi di mettere in ordine i conti per renderla più appetibile. Anche se sai che tanto chi arriverà farà dei cambiamenti, dai metodi di lavoro ai dirigenti. Silvio Berlusconi ci sta provando con il suo Milan. Dopo un regno lunghissimo e pieno di successi, sembra essere davvero arrivato il momento di vendere. E la notizia data da Bloomberg, che vorrebbe Lazard nominata come intermediario incaricato di occuparsi della vendita, sarebbe solo l’ultima conferma di un cammino intrapreso circa due stagioni fa.

Negli ultimi due anni, infatti, Fininvest ha in pratica chiuso i rubinetti. L’obiettivo – o meglio, il diktat – di Silvio Berlusconi è stato chiaro: il Milan deve essere economicamente autosufficiente. Con la crisi che galoppa e il Fair Play Finanziario che impone un passivo massimo di 45 milioni di euro tra il 2012 e il 2014, non c’era d’altronde alternativa. La prima sforbiciata è stata data al gettito proveniente da Fininvest: se ancora due anni fa erano stati 22 i milioni di euro girati alle casse di via Turati, lo scorso anno sono stati solo 4. Una scelta non facile, se si considera che tra il 2009 e il 2012, il Milan ha perso 153 milioni di euro. Una situazione che da difficile si è trasformata in quasi accettabile: al 31 dicembre 2012, il Milan ha registrato una perdita di 6,9 milioni e, secondo alcuni analisti, il bilancio del 2013 potrebbe avvicinarsi al pareggio di bilancio.

Per ottenere questo risultato, sono state intraprese due strade: riduzione dei costi operativi e incremento dei ricavi. Partiamo dai secondi. Se si analizzano i bilanci del quadriennio 2009-2012, si scopre che i rossoneri hanno fatto leva soprattutto sul merchandising: nel 2009 i ricavi a tale voce erano di 57 milioni di euro, dopo 4 anni ammontavano a 80 milioni, con un incremento di 20 milioni che rappresenta l’unico andamento positivo stabile. Basta guardare le altre fette di una torta complessiva di ricavi che nel quadriennio in esame vale 1.155 milioni di euro. Di questi, una parte è arrivata dalle famose plusvalenze legate al calciomercato: nel 2009, il Real Madrid ha staccato un assegno da 74 milioni di euro per Kakà, mentre gli sceicchi del Psg ne hanno versati 53 nel 2012 per l’accoppiata Ibrahimovic-Thiago Silva. A questi vanno aggiunti gli 80 milioni di euro dei diritti tv e i 30 dal botteghino dello stadio. Queste ultime due voci sono – diciamo così – “fisse” per motivi legislativi (Legge Melandri sui diritti tv) o perché legati alle infrastrutture (San Siro più di quello non può generare). Quindi il Milan ha accresciuto i propri ricavi grazie alle magliette, oltre che alla partecipazione pressoché annuale alla Champions League.

poi, i tagli. Che hanno avuto tempi diversi rispetto ai ricavi. Tra il 2009 e il 2012, in via Turati i costi di produzione sono saliti da 302 a 341 milioni di euro: a pesare, soprattutto quelli legati al personale, lievitati da 178 a 206 milioni. Così si è provveduto, in contemporanea alla chiusura dei rubinetti di Fininvest, con una potatura degli ingaggi: al 31 dicembre 2012, il Milan aveva risparmiato 20 milioni di euro e si prevede che nel bilancio dell’anno successivo, che verrà approvato in questa primavera, il saldo potrebbe arrivare a 30 milioni, così da arrivare per quanto riguarda il costo del personale sotto la soglia dei 150 milioni di spesa. Se poi andiamo a considerare che gli ammortamenti, dovrebbero attestarsi a 23 milioni, contro i 44 milioni dell’annata precedente, secondo alcuni analisti del settore il Milan potrebbe chiudere con un risultato operativo in positivo di 14 milioni di euro.

Insomma, Berlusconi ha messo a posto i conti per rendere più appetibile il Milan in fase di vendita. E a tutto questo, va aggiunto che il marchio rossonero vale, secondo Forbes, 945 milioni di dollari. Due condizioni che fanno del Milan un possibile investimento. A questo punto, gli scenari possibili sono due: o Berlusconi è intenzionato a cedere il pacchetto di maggioranza, oppure è in cerca di soci forti che siano capaci di mettere i liquidi necessari al nuovo stadio di proprietà. Fra pochi giorni verranno svelati i soggetti interessati al bando stilato da Arexpo, la società che gestisce i terreni di Expo 2015 e che dopo la fine dell’esposizione universale verranno in parte destinati a nuove strutture sportive. Sul nuovo stadio è stato detto e scritto tanto, con gli scenari che cambiano in maniera repentina. A fine 2013 era stato il Milan a farsi avanti per avere il terreno, stilando una lettera d’intenti (con tanto di richieste vincolanti poste dai rossoneri sul tipo di impianto da costruire) che aveva portato il governatore della Lombardia Robero Maroni a lanciare un ultimatum che suonava così: se entro fine anno non si fa avanti nessun altro, lo stadio va al Milan. L’intervento del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, aveva frenato gli entusiasmi, chiedendo e ottenendo un bando per l’assegnazione dell’area in questione. L’Inter, per bocca del neo –proprietario Erick Thohir, ha sempre fatto sapere di non essere interessata al momento a un nuovo stadio, avendo come primo obiettivo quello di ristrutturare la società ereditata da Massimo Moratti.

Il bando stilato da Arexpo lo scorso 14 febbraio (e che scade alle 12 di lunedì 17 marzo) non è però in alcun modo vincolante e serve solo a indicare i soggetti interessati all’area. Che prevede non soltanto la creazione di una struttura sportiva legata al calcio, ma multifunzionale, con strutture commerciali annesse e con l’annessione del grande parco urbano derivante dalla riconversione del sito post-Expo. Paletti che al Milan non interessano: i rossoneri sono interessati solo a uno stadio per il calcio, come avevano avuto modo di chiarire nella lettera dello scorso novembre. La manifestazione d’interesse potrebbe quindi trasformarsi in una sorta di grande trattativa con il Comune e la Regione. Una trattativa che, se risolta, potrebbe vedere coinvolto il nuovo socio forte che entrerà nel Milan. Lo stesso socio che verrebbe comunque inglobato nel progetto del nuovo stadio, a prescindere: il Milan in questi mesi ha fatto sondaggi su altre possibili aree, dalla zona di Sesto San Giovanni (a nord est di Milano) fino all’area urbana del Trotter. Nel frattempo, l’ad Barbara Berlusconi ha presentato venerdì 14 marzo la propria richiesta, come da bando. Le intenzioni del Milan sono chiare: stadio da 60mila posti e basta.

L’altro scenario prevede la cessione del pacchetto di maggioranza del Milan. La stessa Bloomberg, nel dare la notizia della vendita del club, ha anche indicato l’area di provenienza del nuovo acquirente: l’Asia. I Paesi più caldi sono quelli arabi, ma c’è anche la Cina. In particolare circola il nome di Xu Jiayin, al 5° posto tra gli uomini più ricchi del suo Paese (patrimonio stimato di 6 miliardi di dollari) e proprietario, attraverso la Evergrande Real Estate, del club cinese del Guangzhou neo campione d’Asia. Jiayin e Berlusconi avevano avuto già dei contatti, perché l’ex premier italiano voleva portare Lippi al Milan come direttore generale. Inoltre la banca Lazard, indicata da Bloomberg come mediatore della trattativa per vendere il Milan, aveva pescato proprio in Cina un potenziale acquirente di una quota dell’Inter, la China Railway Corporation.

Quindi, gli arabi. Due i nomi possibili. Il primo è quello dello sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi e fratello del proprietario del Manchester City. La squadra inglese è sponsorizzata da Etihad, compagnia di bandiera degli Emirati e in trattativa da mesi per rilevare Alitalia. Il secondo nome è sempre quello di uno sceicco, il qatariota Tamim bin Hamad Al Thani: proprietario non solo del Paris Saint Germain, ma anche del network Al Jazeera, che ha acquistato i diritti tv della Champions. Un acquisto che porterebbe ad essere lui il socio pronto a creare una joint venture proprio con Berlusconi, che dopo avere ottenuto l’esclusiva della Champions per l’Italia per il triennio 2015-18 per 700 milioni di euro, sarebbe a caccia di investitori che lo aiutino a versare l’intera cifra. 

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