Per i pm di Milano e per il giudice per le indagini preliminari di Milano Andrea Ghinetti quei 560mila euro più Iva arrivati sui conti della società G-Risk di Giuseppe De Donno sono per lo stesso e per la sua società un “ingiusto profitto”, nonché “un danno per l’ente conferente”, cioè Infrastrutture Lombarde Spa. È quanto emerge dai fermi dell’indagine che lo scorso 20 marzo ha portato all’arresto di Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde.
Ex ufficiale del Ros dei Carabinieri, De Donno è oggi amministratore delegato della società G-Risk (società che si occupa di sicurezza e intelligence) con sedi a Roma, Genova, Londra, Madrid, Tunisi, Beirut, Riad, Montreal, Caracas, Bogotá, La Paz, e ,dal 7 agosto 2009 nominato dall’ex presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni come membro del comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure regionali per l’Expo.
Una nomina che fece storcere il naso a qualcuno, arrivata insieme a quella di Mario Mori, generale del Ros ai tempi della cosiddetta “trattativa Stato-mafia”. Sia Mori sia De Donno, si trovano sotto processo a Palermo. Ma se la posizione dei due nel palazzo di giustizia del capoluogo siciliano potrebbe risultare favorevole dato quel gigante giuridico dai piedi d’argilla che è il processo alla “trattativa”, per De Donno e la sua G-Risk le cose potrebbero risultare più complesse a Milano.
L’ex ufficiale del Ros è sostanzialmente accusato dai magistrati della procura di Milano di aver ricevuto e sottoscritto incarichi con Infrastrutture Lombarde per circa mezzo milione di euro scavalcando tutte le procedure previste per le assegnazioni degli appalti per le società di investigazioni e sicurezza. Secondo l’articolo 27 del Codice dei Contratti infatti gli appalti per servizi dovrebbero essere conferiti mediante una procedura negoziata con l’invito di almeno cinque concorrenti. Qui di concorrenti non se ne sono visti, e Rognoni, scrive il gip Ghinetti, “ha invece assegnato le consulenze con affidamento diretto in violazione delle norme”.
Per gli investigatori dalla corrispondenza rinvenuta sul computer di Pierpaolo Perez, capo dell’ufficio gare e appalti della società operativa Infrastrutture lombarde, Giuseppe de Donno e Antonio Rognoni, risulterebbero gli accordi e la circostanza per cui i contratti originari sono stati manipolati e sostituiti. Il tutto “avendo ritenuto inopportuno e rischioso” utilizzare e ripetere la formula dell’affidamento diretto e del rinnovo annuale. In particolare sotto la lente degli investigatori sono finiti i contratti per il “servizio di rilevazione del rischio ambientale e legale nell’ambito delle attività istituzionale e operative” sia di Infrastrutture Lombarde Spa, sia di Concessioni Autostradali Lombardre spa.
Profitti dunque per la G-Risk di De Donno per un ammontare totale di 560mila euro più IVA, maturati, secondo i pm e il gip di Milano, nel quadro del reato di truffa. Insomma, sia con Rognoni, sia con Perez l’ex ufficiale del Ros, oggi amministratore delegato di G-Risk dimostra di avere una certa familiarità, e dopo l’incarico conferito da Formigoni nel 2009 De Donno ha avuto di che lavorare negli uffici di Regione Lombardia, sia come esperto di sicurezza e intelligence, sia come consigliere in chiave più politica e d’immagine.
A lui si rivolge, per esempio, un altro uomo di casa nel sistema di potere lombardo targato Roberto Formigoni e CL: è Luigi Pelaggi, ex dirigente di Confindustria e consulente di aziende come Telecom, Pirelli e Ferrovie dello Stato e nominato commissario delegato alla bonifica della discarica «ex Sisas» di Pioltello Rodano (Milano) dall’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo (di cui era anche capo della segreteria tecnica). Pelaggi, arrestato lo scorso gennaio proprio per la mancata bonifica dell’area ex Sisas, dopo una perquisizione della Guardia di Finanza e del NOE dei Carabinieri, il 14 giugno del 2011, chiama proprio la società di De Donno per far bonificare da possibili microspie la sua abitazione, lo studio legale e anche l’ufficio presso cui lavora al ministero dell’Ambiente.
Per il sistema di potere formigoniano il 2011 e il 2012 sono anni duri: le inchieste stanno facendo la conta degli uomini della giunta del Celeste e sta per esplodere il bubbone delle indagini sull’ex assessore alla Casa Zambetti e la ‘ndrangheta. Così come le continue avvisaglie delle difficoltà sui cantieri Expo. Anche qui De Donno, che dall’interno del comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure regionali per l’Expo è bene informato e aggiornato, dimostra di essere stato a conoscenza della situazione del Celeste e del suo umore.
Nel corso di un dialogo intercettato dalla procura di Palermo e finito all’interno dell’informativa in cui arrivò anche l’ormai mitologica, ma ininfluente ai fini del processo (parole del pm di Palermo Antonino di Matteo), intercettazione Mancino-D’Ambrosio e Mancino-Napolitano, De Donno dimostra di sapere bene cosa sta attraversando Formigoni nel 2012 e cosa arriverà prima della fine dell’anno.
Al telefono col suo vecchio superiore Mario Mori, parlano dei guai di Formigoni: è il 18 aprile 2012 e in quei primi mesi dell’anno finiscono indagati il presidente del consiglio della regione Davide Boni, il vicepresidente della commissione Ambiente Angelo Giammario, l’ex assessore Franco Nicoli Cristiani, e prima ancora altri due ex delle giunte formigoniane Massimo Ponzoni e Piergianni Prosperini.
Prima del dialogo tra De Donno e Mori, la segretaria del Celeste fissa un appuntamento a Roma con Mario Mori, il quale chiede a De Donno, in partenza per la Colombia, se il “Presidente Formigoni ha qualche problema particolare. Oltre a quelli giudiziari”. Per De Donno, i problemi sono proprio quelli. “Quando l’ho incontrato a Milano” dice De Donno “era molto preoccupato perché oltre a quanto già è successo ci sono notizie di altre cose che stanno per arrivare. Molto pesanti”.
Insomma, De Donno consiglia a Formigoni che la “sua posizione deve cambiare. Ci sta mezza Regione Lombardia indagata”. L’ex Ros però dice di aver consigliato Formigoni: “lei come presidente della regione non può continuare a dire, dobbiamo aspettare che la magistratura che questa è tutta gente innocente. Lei deve pigliare una posizione rigida su questo problema”.
Formigoni seguirà il consiglio: nel luglio del 2012, il Celeste in una conferenza pubblica si dirà «preoccupato» per l’appalto finito alla Mantovani con un ribasso del 41%: «abbiamo appreso» ricordava Formigoni «che l’ appalto relativo alla piastra è stato assegnato con un ribasso d’ asta del 41%, che si avvicina molto alla soglia di anomalia calcolata nel 43%. Un valore che, pur rientrando nei parametri di legittimità, suscita qualche preoccupazione». Conclusione: «Confido che la società Expo 2015 attiverà tutte le verifiche preventive e i controlli successivi». In agosto alla notizia che Carlo Lucchina, direttore generale della sanità lombarda e Pasquale Cannatelli, direttore generale dell’ospedale Niguarda sono indagati, il Celeste si appresta a fare il lifting di nomine alla sanità lombarda. Nella telefonata Mori e De Donno lamentano che un loro programma “è rimasto poi mezzo bloccato”. Insomma, l’esperto della G-Risk consiglierebbe a Formigoni di dire che “il mio programma politico cambia. Cioè da questo momento in poi mi dedico alla moralità e alla lotta alla ‘ndrangheta”. Ci vorrebbe “un team di persone che l’assiste (Formigoni, ndr) che l’aiuta nel gestire giorno per giorno una campagna di immagine che sia fortissima”, “martellare su questo tema”, dimostrando, continua de Donno “che vuole cambiare anche in questo”.
Pochi mesi dopo arriva l’indagine sull’assessore Zambetti della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Probabilmente è di quello che De Donno parlava nel colloquio con Mori. Ma anche in quella occasione, Formigoni andò cauto nell’attribuire responsabilità e iniziò silenziosamente la sua uscita dal palazzo della Regione verso l’ingresso del Senato della Repubblica dopo un ventennio di potere.