Grillo-Le Pen? Al M5s servono i voti di Tsipras e Pd

Arrivano le regole anti-dissidenti

Il matrimonio tra Movimento 5 Stelle e Front National non s’ha da fare. Dopo i corteggiamenti di madame Le Pen è arrivato il diniego del signor Giuseppe Grillo: «Marine è una bella signora di successo, ha però un’appartenenza politica diversa dal M5s e non sono possibili accordi. Adieu». Quali e quanti sono i motivi? Formalmente vige la regola «niente alleanze», uno dei capisaldi del non statuto pentastellato: vale alle politiche, alle amministrative e così alle europee. Soli contro tutti si attacca frontalmente il sistema. E il consigliere regionale del Lazio Davide Barillari stila il compendio: «Prima ci avevano assimilato a Forza Italia, in campagna elettorale eravamo tutti di Casapound, poi ci hanno assillato per aver perso l’occasione di un accordo col Pd, qualche settimana fa eravamo a braccetto con la Lega e ora salta fuori che saremo col Front National. Ripetiamo che il Movimento non fa alleanze». Nei fatti però le dinamiche sono più fluide. I diarchi Cinque Stelle vogliono tenersi le mani libere perché le prossime europee saranno un banco di prova interno ed esterno, sfida dove non sono ammessi errori di valutazione: da una parte bisogna contare il Movimento sul voto d’opinione, dall’altra l’obiettivo è colpire il governo Renzi, per preparare il terreno alla sua caduta. Poi c’è l’approdo a Strasburgo che, una volta messo al sicuro, lascerà il passo ai ragionamenti su alleanze e strategie tra i banchi dell’Europarlamento, a partire dall’iscrizione ad un gruppo su cui peserà l’input del «capo politico» Beppe Grillo.

L’adagio stellato diventa una sorta di undicesimo comandamento: «Vinciamo le Europee, serve un voto in più del Pd e li mandiamo in crisi», con Alessandro Di Battista che aggiunge: «In caso di vittoria chiederemo al governo di dimettersi e ai cittadini di circondare il Parlamento». Nel Movimento filtra ottimismo, si prepara una campagna elettorale multiforme ed è stato ultimato il codice di comportamento per i candidati alle europee (selezionati sul web tramite doppio turno con tripla preferenza), circolano dati confortanti a metà tra sondaggi e speranza perché l’obiettivo vero è superare quota 25%. Anche da questa angolazione i motivi per chiudere la porta a Le Pen non mancano. Sul piatto ci sono i voti della sinistra di Tsipras da ingurgitare e Grillo lo fa capire quando, intervistato da Mentana, usa la carota per recensire il giovane leader greco: «Mi piace abbastanza, dice le cose che diciamo noi ma in Italia c’è già il Movimento 5 Stelle». In ballo c’è pure una fetta di elettorato deluso dal Pd e in cerca di un approdo, lo stesso che i parlamentari M5s vogliono offrire ai cittadini girando le piazze e raccontando «l’ipocrisia del Partito Democratico a Palazzo». È la rincorsa a Matteo Renzi, al suo «linguaggio grillino» e alla premiership interventista che rimette sul mercato un pacchetto di voti ieri sospesi tra disillusione e astensione.

Poi c’è il motivo di opportunità (e d’immagine): dopo le polemiche per le dichiarazioni di Grillo su Casapound e gli accostamenti mediatici tra Movimento e fascismo, spesso di moda tra le affermazioni degli avversari e nell’opinione pubblica, oggi un avvicinamento all’ultradestra francese riaccenderebbe una miccia pericolosa, foriera di grane elettorali, «sarebbe un autogol» senza contare che buona parte delle truppe parlamentari M5s viaggia più a sinistra di Grillo e Casaleggio. Non è un caso che molti tra deputati e senatori stellati abbiano tirato un sospiro di sollievo leggendo le righe dell’ex comico indirizzate a Le Pen: «Dirle di sì non avrebbe avuto senso». Da tempo immemore i cofondatori precisano che «Il M5s è un argine agli estremismi e ai partiti sovversivi, in Italia ci siamo noi ma in Grecia c’è Alba Dorata», sottolineando una diversità ontologica: «Noi siamo democratici». Non ultima svetta la connotazione «post-ideologica» del Movimento, nè destra nè sinistra, ennesimo caposaldo del viaggio politico a Cinque Stelle. 

Niente accordi programmatici che possano imbrigliare il Movimento, ma il post-voto è un libro da scrivere e più di qualcuno allarga le spalle: «Mai dire mai». L’occasione è ghiotta e dal quartier generale della Casaleggio Associati trapela «soddisfazione» per l’avanzata dei partiti anti-euro nei sondaggi: potrebbero conquistare un terzo dei seggi nel nuovo Parlamento. Se all’inizio si pensava allo sbarco in Europa con una pattuglia di testimonianza, ora si può ragionare su iniziative comuni in tema di finanza, moneta unica, vincoli e trattati. Va consolidandosi una base «altreuropeista» pronta a sparigliare mettendo in crisi i contenitori tradizionali. Per il Movimento l’approdo a Strasburgo significherebbe sedersi al fianco di alcuni tra i tanti possibili alleati. Un’internazionale euroscettica che va dal Fronte Nazionale al Partito Comunista Greco (Kke) passando per i leghisti italiani, i pirati tedeschi, la destra fiamminga Nva, il Pvv olandese, l’Ukip del britannico Nigel Farage. Sulla lavagna della fantapolitica corrono mille schemi per future convergenze anche se, ammoniscono dal M5s, «parliamo di singoli provvedimenti, accordi su temi concreti». 

Si ritorna al punto di partenza: niente alleanze strutturali e il tutto è reso più chiaro dal fatto che ogni eurodeputato M5s sarà vincolato alla famosa penale di 250.000 euro in caso «venisse ritenuto gravemente inadempiente rispetto al codice di comportamento». La mossa annunciata da Grillo e inserita nel codice che dovranno firmare i candidati è tesa a scongiurare sul nascere gli odori di dissidenza e portare a Strasburgo truppe scelte, votate all’obbedienza e al perseguimento degli obiettivi senza gli strascichi sanguinosi visti in questi mesi nella staffetta tra Montecitorio e Palazzo Madama. Inoltre basteranno 500 iscritti residenti nella circoscrizione del deputato incriminato per espellerlo dal Movimento. Una stretta ulteriore arriva sul terreno mediatico. Nuove regole sono previste per il gruppo comunicazione che affiancherà (ancora più da vicino) l’operato degli esponenti stellati. Anche a Strasburgo lo staff sarà scelto personalmente da Casaleggio e verrà cofinanziato dagli eurodeputati, tenuti a versare 1.000 euro mensili. Inoltre, nella scelta degli assistenti-collaboratori ogni deputato dovrà «designare due dei soggetti indicati come componenti del gruppo comunicazione M5s da Grillo e Casaleggio». In soldoni, lavoro e public relations dei singoli eletti saranno gestiti da uno staff di diretta emanazione dei diarchi. In campagna elettorale agirà poi una cabina di regia per sovrintendere alle operazioni e occuparsi degli «adempimenti tecnico-burocratici» composta da una pattuglia di «delegati» fedelissimi, un cerchio magico tra cui figurano Fico, Di Maio, Crimi e Nuti.

Archiviata la liason con Le Pen, sulla collocazione nell’Europarlamento la linea dell’ex comico è attendista, comunque interessata: «Se ci sono piccoli partiti che fanno gruppo e che possono avere punti in comune con il nostro programma non vedo perché no, ma è una decisione che prenderemo dopo aver visto chi sono». E Luigi Di Maio aggiunge un dettaglio: «Consulteremo i nostri iscritti sul web per decidere se iscriverci a un gruppo preesistente o crearne uno nuovo» per il quale servono 25 deputati che rappresentino almeno un quarto degli Stati membri. Il codice di comportamento non lascia spazio a equivoci: «Laddove si manifestasse la possibilità di costituire un gruppo con deputati di altri paesi verrà fatto su proposta di Grillo in qualità di capo politico del M5s e ratificata tramite votazione in Rete». Intanto Barbara Spinelli, candidata con lista Tsipras, lancia un amo dalle pagine dell’Huffington Post: «Possiamo iniziare un rapporto con Beppe Grillo in Europa».

Sul campo restano le intenzioni di Marine Le Pen che, da corteggiatrice rifiutata, non ha mancato di apostrofare il collega italiano. Per lei Grillo è «un rivoluzionario in pantofole» e «un tribuno sfiatato», mentre il Movimento 5 Stelle viene derubricato a «eruzione cutanea». Peccato che sull’Europa siano più le idee comuni che i punti neri. Si legge nel programma del Front National: «È opportuno avviare una rinegoziazione dei trattati, gettare le basi per un’Europa che rispetti la sovranità popolare». Si parla anche di «deficit democratico», «Europa senza popoli», e «dispotismo illuminato della BCE». Poi il tema per eccellenza: «L’euro è uno strumento di interessi del settore finanziario ultraliberista globalista, vede la crisi come una grande opportunità per continuare la dissoluzione delle nazioni». La piattaforma comune sul pacchetto ideale ci sarebbe, con i Cinque Stelle che insistono su abolizione del Fiscal Compact e adozione degli Eurobond in cima ai 7 punti per l’Europa. Niente da fare, Roberta Lombardi ripete che quello di Le Pen «È un partito dalla forte connotazione ideologica, mentre noi siamo pragmatici». Dal Movimento chiedono un po’ di pazienza: «Andiamo in Europa per cambiare l’Italia». Una volta issate le Cinque Stelle a Strasburgo comincerà un nuovo risiko di battaglie, posizioni e convergenze per scardinare il Vecchio Continente dei tecnocrati. «Tutto può succedere».

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