Dall’arresto del brigatista Mario Moretti del 4 aprile 1981 al suo fermo, ai domiciliari, il 13 marzo 2014 con l’accusa di corruzione. Trentatre anni che hanno visto Ettore Filippi passare da funzionario e dirigente della Polizia di Stato alla politica non senza prendere familiarità con le aule di giustizia. Qui si difenderà dalle accuse lanciate verso di lui da un pentito del clan Epaminonda (farà anche alcuni giorni di galera, poi l’assoluzione nel 1988), poi per essere sentito sui suoi rapporti con Pino Neri, ritenuto capo della locale di ‘ndrangheta di Pavia (sarebbe stato lui ad organizzare l’ormai noto summit al centro Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano) e condannato in primo grado a 18 anni dal tribunale di Milano per associazione mafiosa.
La Stampa del giorno in cui fu arrestato Mario Moretti e sotto Filippi al tempo dell’arresto (Archivio storico de L’Unità)
Filippi, salentino classe 1942, dopo le prime sventure giudiziarie si dà alla politica locale ed entra nell’allora Psi per poi entrare in quota centrosinistra nelle giunte dei sindaci Albergati e Capitelli. Con quest’ultima ricoprirà l’incarico di vicesindaco, salvo poi dimettersi nel 2009 e passare per le elezioni successive sulla sponda del centrodestra a sostegno del sindaco “formattatore” e nuovo pupillo di casa Forza Italia, Alessandro Cattaneo con la lista civica “Rinnovare Pavia”. Sindaco con cui condividerà anche la scomoda sedia di testimone durante il processo “Infinito” scaturito dagli arresti del 13 luglio 2010 e che colpì un centinaio degli affiliati alle cosche della ‘ndrangheta in Lombardia.
Proprio la formazione e la campagna elettorale della lista “Rinnovare Pavia” riportò Filippi alla ribalta delle cronache: intercettati, l’allora direttore dell’Asl di Pavia Carlo Chiriaco, condannato a 13 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta, e un altro imprenditore del pavese discutono proprio di Rinnovare Pavia e di voti. Così Filippi dovrà presentarsi per testimoniare nell’aula bunker del carcere di San Vittore. Una deposizione che in sede di requisitoria porterà il pm Alessandra Dolci a dire: «In realtà sono rimasta, tra virgolette, “sfavorevolmente colpita” da questa deposizione, tenuto conto che proviene da un ex funzionario di Polizia, perchè in realtà non è affatto vero, come dice lui, che il sostegno elettorale fu Neri ad offrirlo e fu Neri a individuare come candidato Del Prete (uno dei candidati di “Rinnovare Pavia”, ritenuto vicino a Neri, poi non eletto, ndr), in realtà accade l’esatto contrario, e cioè che Filippi va a chiedere i voti e Neri lo ribadisce più conversazioni dice: “addirittura noi abbiamo scelto un candidato vicino a lui, potevamo scegliere uno dei nostri, invece abbiamo scelto uno che già era vicino al suo gruppo”».
Anche il sindaco “formattatore” fu protagonista di una deposizione che lasciò più di un dubbio. Scriveranno i giudici nella sentenza di primo grado del processo che ha visto coinvolti i pavesi: «Cominciando dai testimoni dedotti dalle difese, decisamente scarso è stato il contributo dichiarativo di tutti i protagonisti delle vicende politico – elettorali esaminati in dibattimento: l’attuale sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, eletto nel 2009 con il sostegno della lista Rinnovare Pavia, della quale faceva parte il candidato fatto votare da Neri, non ha potuto negare di avere partecipato a due eventi organizzati in campagna elettorale proprio da Pino Neri, presso la propria abitazione e presso lo studio di piazza della Vittoria; ha anche aggiunto di avere conosciuto l’imputato in quelle occasioni e di non sapere alcunché sul suo conto». Nella deposizione, interpellato sul tema dell’aperitivo elettorale a casa Neri, il sindaco di Pavia, ricordava: «sono stato invitato da Francesco Del Prete e mi ricordo che mi intrattenni più o meno per il tempo dell’antipasto, perché poi ero arrivato in scooter, con il mio Leonardo 300, ed andai via in scooter, da solo». D’altronde, in campagna elettorale «cercavo di essere disponibile un po’ con tutti».
Insomma, a quel processo, per il pm «la ricostruzione della vicenda non è esattamente quella che lui ci rappresenta», riguardante i contatti tra lo stesso Filippi e Pino Neri. Nel contesto delle deposizioni di Filippi al processo si consuma anche un siparietto tra i due, conoscenti di vecchia data, ma su cui Filippi tenta di ridimensionare le frequentazioni e il peso dei contatti elettorali. Quando Filippi riguadagna la via dell’uscita dal tribunale, passa nel corridoio che divide le ali dell’aula occupate dagli avvocati. Pino Neri è lì, in quanto agli arresti domiciliari per motivi di salute. Gli sguardi si incrociano e Neri darà a Filippi del “lestofante”, salvo poi rincarare la dose qualche mese dopo in sede di dichiarazioni spontanee: «Non ho la rogna» attaccava Neri il 6 luglio del 2010 «e non ho infettato nessuno. Mi chiedo quindi perché Ettore Filippi faccia tanta fatica a dire di essere venuto da me a chiedere il mio aiuto elettorale e i miei voti. Sapete qual è la verità? Che Del Prete (definito nell’ordinanza come “l’uomo di Neri”) è rimasto fregato, mentre Filippi ha fatto la lista per sé, per avere l’incarico al Policlinico San Matteo, e per suo figlio, che è finito all’Asm Lavori. Del Prete invece non ha avuto niente».
Neri, navigato consulente tributario di Pavia, ben conosceva le partite politiche che si erano giocate negli ultimi venti anni in città. E proprio la battaglia sul San Matteo portò Filippi a fare guerra a bassa densità all’ex direttore generale Giovanni Azzaretti con un dossier che nel novembre 2007 portò lo stesso Azzaretti a lasciare l’incarico al Policlinico di Pavia. Filippi entrò poi come consigliere al San Matteo. Una partita a cui l’ex vicensindaco di Pavia teneva particolarmente.
(Pavia, Foto Flickr, Angelo Amboldi)
Così come teneva alla lottizzazione del quartiere della città di Pavia Punta Est. Una operazione immobiliare del valore di circa 3 milioni di euro, che già lo scorso 7 febbraio del 2013 aveva portato all’arresto di Angelo Bugatti, allora direttore del dipartimento di Ingegneria edile e del territorio dell’Università di Pavia e dell’imprenditore Dario Maestri. La vicenda riguarda la trasformazione di un’area destinata a servizi universitari poi diventata, grazie ad una falsa convenzione con l’ateneo pavese firmata da Bugatti, disponibile alla vendita al libero mercato.
«Con gli arresti di questa mattina» ha spiegato Linkiesta il tenente colonnello Carmelo Cesario «abbiamo chiuso il cerchio sulle indagini riguardanti Punta Est, che hanno visto corsie preferenziali per alcune pratiche edilizie del comune, e hanno mostrato come Filippi fosse ancora in grado di indirizzare alcuni atti del comune di Pavia». Insieme a Filippi infatti sono finiti in manette l’imprenditore edile Ciro Manna, accusato di corruzione e minacce aggravate e un dirigente del settore Ambiente e territorio del Comune di Pavia, accusato anch’egli, come Filippi di corruzione. Stando alle indagini della Guardia di Finanza Filippi avrebbe incassato circa 200 mila euro, di cui 60 mila quando era parte della giunta e 130 mila in seguito, fino al 2013, grazie anche alla sua influenza politica. La Finanza nel corso delle perquisizioni ha trovato false fatture per prestazioni pubblicitarie relative a società che facevano capo a Filippi. Tuttavia, in una nota il sindaco Cattaneo smorza: «sotto l’aspetto amministrativo e politico siamo tranquilli in quanto il lavoro dell’attuale Giunta non è mai stato guidato né indirizzato da pressioni ed influenze di alcun tipo».