Se frequentate queste pagine sapete che abbiamo un amore sconsiderato per un gruppo privo di alcun senso: i Melvins. Il nostro primo pezzo qua sopra parlava del trentennale della band e questo mese, il 25 marzo per l’esattezza, il loro Re, nonché capo indiscusso della musica alternativa pesa degli ultimi tre lustri, Roger “Buzz” Osbourne a.k.a. King Buzzo, compie 50 anni. E per convincerci a celebrarlo a dovere se n’è uscito con una delle idee più malsane della sua carriera: imbarcarsi in un tour di quindici date in un mese a supporto di un disco solista, This Machine Kills Artists, un dieci pollici in tiratura limitata licenziato dalla Amphetamine Reptile e disponibile principalmente al banchetto alla fine dei live.
Fino a qua, tutto normale, per uno che va ancora in giro con quei capelli lì e che con la band madre sforna almeno un disco l’anno sbattendosene di ogni principio che non sia: facciamo un altro album lento e pesante, andiamo in tour, poi torniamo a casa e facciamo un altro album lento e pesante. Tutto normale, dicevamo, ma era dal 1992 che Buzz non si presentava al mondo con un disco a suo nome. E tutto normale tris, se non fosse che This Machine Kills Artists è un disco A-CU-STI-CO.
Ma come: il capo delle chitarre pestate, l’inventore e signore dello sludge metal, l’uomo che riempie ancora di fanatici malati di mente i locali in mezzo mondo con una band a due batterie, ha deciso di staccare la spina e scrivere delle canzoni senza distorsore? Esatto, e la nostra prima reazione è stata: ok, superati i cinquanta si è rincoglionito. Povero Buzz. E invece no, gli lasci spiegare un attimo e capisci che ha ragione lui, come sempre, superiore a tutto. A Rolling Stone e a blabbermouth.net ha detto che sì, ok, ha deciso di fare questa cosa perché «non aveva mai pensato di farlo, e forse per questo funzionerà». E ancora, interrogato sul perché della svolta folk, ha ghignato come solo lui sa fare: «No, non è folk, ma non è neanche heavy metal: è molk, che ne dite di una roba così?». Un’ironia scafata che gli permette di sorvolare in serenità anche sulle domande inutili rispetto alle strutture tipiche dei suoi pezzi: «Mia moglie dice che suona come i Melvins, e ha senso, visto che comunque scrivo il 99% dei pezzi dei Melvins».
Il titolo, This Machine Kills Artists, cita e rivisita il messaggio che Woody Guthire aveva appiccicato nel 1943 sulla sua chitarra: questo strumento uccide i fascisti. Ed è un disco splendidamente inutile, per questo ancora più meraviglioso. Anche se “disco” è effettivamente una parola troppo grossa, visto che contiene una manciata di nuovi pezzi brevissimi, un paio di cover dei Melvins risuonate in versione chitarra e voce, e altro non è che l’ennesima fantastica scusa per piazzarsi sul palco, fare andare una sei-corde e regalare ai soliti malati di mente uno show per musicomani deviati.
Dai video delle performance nei piccoli club americani è chiaro ancora una volta che la massa non è mai stata e mai sarà pronta a comprendere il Re e la sua musica. Ma a chi è lì, sopra e sotto il palco, non importa nulla del resto del mondo, perché l’unico mondo reale e possibile è quello: la follia di canzoni al limite stesso del concetto di canzone, una chitarra che suona ripetitiva e il godere di ciò che è disturbato e disturbante. E tutto questo è ben racchiuso nelle grida dei presenti nel momento in cui King Buzzo completa il primo accordo del pezzo successivo in scaletta. Perché nessuna persona sana di mente saprebbe riconoscere la differenza di attacco da una canzone all’altra, vista la somiglianza dei pezzi di King Buzzo, e neppure assocerebbe a quello che sta per cominciare l’idea di singolo. E invece, quando King Buzzo inizia Boris, probabilmente la Canzone con la c maiuscola dei Melvins, succede che la gente lo capisce subito, ed è felice. A modo suo.
La sensazione che si ha, sia nel sentire le tracce di This Machine Kills Artists che fissando sullo schermo le registrazioni live, è quella di essere tornati indietro nel tempo. Chiusi nella propria stanzetta di adolescenti, con una chitarra acustica sulle ginocchia, a suonare i pezzi di Bleach dei Nirvana senza distorsione. È chiaramente una cazzata e fa cagare. Ed è bellissimo.
E bellissime sono soprattutto altre due notizie: This Machine Kills non sarà solo una parentesi, perché a giugno – per la Ipecac di Mike Patton – è atteso l’esordio sulla lunga distanza vero e proprio del Buzz solista, e a seguire dovrebbe uscire anche un nuovo disco dei Melvins. Perché un anno senza un nuovo disco dei Melvins, non è un anno degno di essere vissuto.