Vaccini obbligatori: necessari o inutilmente rischiosi?

rubrica Scienza&Salute

«Hai camminato per diverse ore per riuscire a vaccinare tuo figlio. Ma la clinica ha finito i vaccini o magari l’operatore sanitario oggi non si è presentato, perché la sua moto si è rotta. Questi sono problemi tipici lungo l’ultimo miglio, o giù di lì, del viaggio di un vaccino, dalla fabbrica al bambino, in Africa. I Riders for Health stanno provando a risolvere il problema del trasporto, per raggiungere tutti bambini, ovunque vivano e qualsiasi sia il viaggio da affrontare», dal video pubblicato su Nature all’interno di un focus  sui vaccini.

 https://www.youtube.com/embed/_3V7V8RCSxQ/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Se una parte del mondo è impegnata a risolvere problemi logistici o ad aspettare che arrivi un vaccino anche per i tre “big killers” – malaria, tubercolosi e Hiv –, l’altra parte deve invece risolvere un problema di fiducia. Nei paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e l’Europa, infatti, cresce la riluttanza dei genitori verso i vaccini nell’età pediatrica, e laddove la pratica è facoltativa, aumentano anche i “no grazie”. Con la conseguenza che nelle aree dove il rifiuto verso i vaccini è maggiore, sono sorti, anche di recente, nuovi focolai di malattie che da tempo non rappresentavano un pericolo.

Il problema è proprio questo: il fatto di non percepire più come rischiose alcune malattie, perché i bambini si ammalano sempre meno, fa credere che queste non siano più un pericolo reale. Perché vaccinare mio figlio – e sottoporlo a dei rischi – per un qualcosa che rappresenta più una minaccia? In realtà molte malattie infettive non sono più un problema proprio grazie alla cosiddetta immunità di gregge. Il vaccino, infatti, non ha solo una ricaduta verso il singolo ma verso l’intera comunità, perché aumentando il numero di individui vaccinati, si riduce la diffusione di virus o batteri e la possibilità di infezione. A lungo andare può anche succedere che non trovando nessuno da infettare scompaiano. Come è successo, per esempio, per il vaiolo. Ma se la copertura (che varia a seconda della malattia ma in genere non deve mai scendere sotto il 90% per avere l’immunità di gregge) diminuisce, perché i nuovi nati non vengono vaccinati, il pericolo di nuovi focolai infettivi può tornare a farsi vivo.

Come è successo in Galles dove un’epidemia di morbillo di recente ha colpito il Paese per otto mesi, infettando più di 1200 pazienti – 88 ospedalizzati e un morto – fino al luglio del 2013, quando fu finalmente messa sotto controllo. Qualche mese dopo però, come racconta Nature, ci fu un nuovo focolaio nella stessa regione. A essere colpiti furono soprattutto i bambini non coperti con il vaccino trivalente MMR (measles–mumps–rubella, morbillo, parotite e rosolia). Tra i motivi di questa sfiducia sicuramente un peso rilevante ha l’ormai famoso lavoro di Andrew Wakefield, gastroenterologo del Royal Free Hospital di Londra, da cui emergeva un’associazione tra autismo e vaccino trivalente, poi scoperto essere un falso (l’articolo scientifico, pubblicato sulla rivista Lancet,  fu poi ritrattato dalla stessa, perché i dati in realtà erano stati falsificati; Wakefield fu radiato dall’ordine dei medici). In seguito a questa vicenda, però, il tasso di vaccinazione con il trivalente MMR, sia in Inghilterra sia in Galles, è sceso da oltre il 90% nel 1997 a meno dell’80% nel 2004, con valori simili negli Stati Uniti e in Europa occidentale.

Il Galles, infatti, non è un caso unico. «Il riemergere di malattie prevenibili da vaccino è diventato sempre più comune in tutto il mondo» scrive Nature. «Per esempio, nel 2012 i Centri statunitensi per il Controllo delle Malattie e la Prevenzione di Atlanta, in Georgia, hanno riportato il maggior numero di casi di pertosse degli Stati Uniti negli ultimi 60 anni. In Giappone i casi di rosolia sono passati dagli 87 nel 2010 a 5442 nei soli primi 4 mesi del 2013. E in Francia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha segnalato 14000 casi di morbillo nel 2011. Dati i ristretti margini per garantire una protezione contro tali epidemie, anche un paio di genitori che rifiutano la vaccinazione pediatrica possono compromettere il controllo e l’eliminazione di malattie pericolose per neonati e bambini in tutte le parti del mondo».

L’effetto Wakefield si è fatto sentire anche «nell’Europa meridionale e soprattutto in Italia – spiega a Nature Pier Luigi Lopalco, capo del programma malattie prevenibili da vaccino presso il Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie di Stoccolma – dove questo presunto legame tra autismo e vaccino MMR è riemerso sui giornali e su numerosi siti web. Organizzazioni di attivisti, inoltre, promuovono anche timori infondati che i vaccini possano scatenare patologie come la sclerosi multipla o che contengano livelli tossici di sostanze chimiche come l’alluminio, o ancora, che il sistema immunitario dei neonati sia sopraffatto dal numero delle vaccinazioni».

Proprio in Italia di recente il gruppo consiliare lombardo del Movimento 5stelle ha presentato un progetto di legge regionale (Obbligo vaccinale: sospensione per l’età evolutiva) che propone di sospendere l’obbligo di vaccinazione in Lombardia, considerata l’elevate copertura vaccinale raggiunta, lasciando ai genitori la libertà di scegliere in modo consapevole e informato. E prevede, inoltre, un osservatorio pubblico per valutare, semestralmente, l’andamento epidemiologico delle malattie per le quali è sospesa l’obbligatorietà, dando facoltà al Presidente della Regione di ripristinare l’obbligo vaccinale in caso di pericolo per la salute pubblica.

Oggi in Italia le vaccinazioni obbligatorie offerte gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale sono: Difterite, Tetano, Poliomielite ed Epatite B, mentre pertosse, meningite, morbillo, parotite, rosolia, varicella, infezione da papillomavirus restano facoltative. Il consigliere Dario Violi, primo firmatario del progetto, accusa «gli ambulatori italiani di iniettare ai bambini un unico vaccino chiamato esavalente, contenente oltre i quattro vaccini obbligatori, due facoltativi (haemophilus b della meningite e pertosse)». L’approvazione della legge avrebbe «ricadute evidenti in termini di risparmio per il Sistema sanitario nazionale, che acquista e somministra sei vaccini anziché quattro». «Al di là dell’opportunità economica – scrive ancora il gruppo consiliare – tale pratica ha sollevato non poche perplessità nel modo accademico e scientifico che ravvisano un collegamento diretto tra alcune gravi malattie e la vaccinazione in età pediatrica. Numerosi studi inoltre proverebbero la correlazione tra alcune gravi patologie e la somministrazione dei vaccini in età neonatale, quali malattie autoimmuni, allergie, morte improvvisa in culla».

In Italia solo la Regione Veneto ha abolito l’obbligo della vaccinazione nel 2008. Secondo i secondo i dati forniti dal Ministero che continuamento monitora la situazione non ci sono stati grandi cambiamenti, con una copertura in linea con quella nazionale. Grazie soprattutto a  unadeguata comunicazione, puntuale e capillare, alla popolazione, unitamente a un costante monitoraggio epidemiologico dell’andamento delle infezioni prevenibili con i vaccini disponibili.

«Forse non obbligare i genitori a vaccinare i propri figli potrebbe essere una scelta giusta – spiega a Linkiesta Isabella Donatelli, direttore di Reparto del dipartimento di Malattie virali e vaccini inattivati dell’Istituto Superiore di sanità – perchè impone ai genitori una scelta libera e consapevole, ma non capisco il razionale: quali sono le motivazioni? C’è una politica contraria alle vaccinazione perché vengono considerate dannose o un business dell’industria farmaceutica? Ogni proposta deve sempre avere un suo razionale. Se poi parliamo di costi economici anche le patologie hanno un enorme costo. Bisogna mettere sul piatto il costo sociale ed economico della malattia con quello preventivo della vaccinazione. Poi chiaramente nessun intervento medico è a costo zero, neanche i farmaci che possono dare reazioni avverse, controindicazioni ecc. Bisogna decidere se si vuole rischiare di prendere la patologia e poi nel caso curarla con i farmaci, o prevenirla con i vaccini». 

In collaborazione con RBS-Ricerca Biomedica e Salute

X