Il tabù italiano degli Ogm e il resto del mondo

La mappa delle legislazioni nel mondo

Seminare mais Ogm potrebbe diventare legale in Italia. Il 9 aprile è attesa la sentenza del Tar del Lazio sul ricorso dell’imprenditore friulano Giorgio Fidenato contro il decreto interministeriale 187 con cui il governo italiano lo scorso luglio vietava per 18 mesi la semina di mais Ogm in Italia. Il decreto, reso necessario per impedire che le varianti transgeniche autorizzate dall’Unione europea fossero utilizzate in piena libertà anche in Italia, come stabilito l’8 maggio 2013 dalla Corte di giustizia della Ue, porta la firma del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, dell’ex ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo e del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando.

Fidenato aveva cominciato a coltivare il mais geneticamente modificato della Monsanto, il Mon810, l’unico mais Ogm accettato per la coltivazione in Europa. Il tribunale di Pordenone aveva condannato l’agricoltore perché privo di una autorizzazione nazionale, ma i giudici europei avevano ribaltato la sentenza dicendo che l’autorizzazione nazionale non era invece necessaria. Per evitare che altri seguissero il suo esempio, il governo italiano nel luglio 2013 aveva quindi bloccato tutto con il decreto 187. Ma solo nelle Regione Friuli, le richieste di semina Ogm sarebbero almeno 400. E la sentenza del Tar potrebbe rappresentare un precedente importante, soprattutto in vista di Expo 2015.   

LA LEGISLAZIONE ITALIANA
Come membro dell’Unione europea, l’Italia è obbligata a recepire le direttive comunitarie in materia, che autorizzano l’uso di Ogm sia nell’alimentazione umana sia in quella animale. Per cui il nosro Paese risulta come importatore di prodotti Ogm autorizzati. In passato diversi ministri italiani per le Politiche agricole hanno comunque cercato di limitare l’importazione, da Alfonso Pecoraro Scanio a Gianni Alemanno. Nel 2000 un decreto del governo Amato vietò l’uso di prodotti alimentari derivanti da mais Ogm, autorizzati invece a livello europeo. Arrivò poi una sentenza del Tar del Lazio a bloccare il decreto. L’anno dopo, l’allora ministro delle Politiche agricole Pecoraro Scanio prima, e il suo successore Alemanno poi, chiesero lo stop di tutte le sperimentazioni in campo agrobiotecnologico, scatenando l’ira degli scienziati italiani.Alla fine, nel 2003, la direttiva europea 2001/18/CE è stata definitivamente assorbita dalla legge italiana con il decreto 224, permettendo quindi le sperimentazioni a tutti i livelli di ricerca.

A fine 2004 venne approvato poi il decreto legge 279, che prevedeva la parità tra i diversi tipi di agricoltura, demandando alle regioni e alle province autonome la gestione della “coesistenza” tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. Il decreto venne poi dichiarato parzialmente incostituzionale, visto che la questione sarebbe di competenza delle Regioni. Sono le leggi regionali, quindi, che possono vietare le coltivazioni di proddotti Ogm.

A oggi, in Italia non esistono colture Ogm se non in laboratorio, ma non siamo certo un Paese “Ogm free”: la gran parte dei mangimi utilizzati negli allevamenti italiani è prodotta da soia e mais geneticamente modificati importati da Stati in cui la coltivazione è invece permessa (dagli Stati Uniti all’America Latina, come si vede nella mappa). 

Il ministero della Salute ha stilato un Piano nazionale di controllo per la presenza di Ogm negli alimenti destinati al consumo umano. La regola generale è che tutti gli alimenti geneticamente modificati debbano riportare in etichetta la dicitura relativa alla presenza di OGM, “contiene (nome dell’organismo o nome dell’ingrediente) geneticamente modificato”. Questo obbligo non si applica però agli alimenti che contengono Ogm autorizzati non oltre la soglia dello 0,9% degli ingredienti alimentari, «purché tale presenza sia accidentale o tecnicamente inevitabile». 

COSA SUCCEDE DOPO LA SENTENZA
Sul sito del ministero delle Politiche agricole, si legge già che «il ministro, Maurizio Martina, ha informato il Consiglio dei Ministri dell’eventualità che, dopo il pronunciamento del Tar del 9 aprile sulla legittimità del decreto che dispone il divieto di coltivazione in Italia per 18 mesi del mais geneticamente modificato, si debba intervenire con eventuali nuovi provvedimenti, d’intesa con le Regioni. È stata concordata la possibilità, con i colleghi Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, e Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente, di un intervento comune atto a impedire eventuali coltivazioni qualora la sentenza annullasse il decreto in essere. Il Ministro Martina ha comunicato, inoltre, al Cdm di aver già convocato le Regioni per giovedì 10 aprile al fine di trattare il tema». La battaglia italiana antiOgm, insomma, non si fermerà qui. Basta guardare i nomi dei componenti della task force “Liberi da Ogm” per capire che sarà una guerra lunga: dalle Acli alla Coldiretti, da Confartigianato alla Coop.

X