Il vizio delle risposte sbagliate a domande sconosciute

Il vizio delle risposte sbagliate a domande sconosciute

Secondo Daniel Kahneman (insignito del premio Nobel per l’economia nel 2002) quando non conosciamo la risposta a un quesito, invece di tacere come dovremmo, cerchiamo lo stesso di rispondere. E finiamo con il rispondere a un quesito diverso da quello originale. Connesso al primo, certo, ma più facile, al quale sappiamo dare una risposta. Per questo motivo «abbiamo spesso risposte a domande che non capiamo fino in fondo, e le diamo in base a prove che non siamo in grado né di spiegare né di giustificare» (Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci, 109pp, Mondadori).

Un tema nel quale la sostituzione di quesito avviene sovente è quello delle relazioni causa-effetto. Se si chiede, per esempio, quale sia l’effetto dell’ingresso dell’Italia nell’Euro (domanda complessa, certo), alcuni, invece di avere il buon gusto di tacere, sventurati, rispondono. Ora, non è il caso di entrare qui nel merito delle varie possibili risposte. LinkTank ha già discusso il tema. Si vuole solo evidenziare come stabilire e misurare l’effetto causale dell’ingresso e della permanenza dell’Italia nell’Euro sia una faccenda complessa, che richiede di individuare il cosiddetto “controfattuale”: bisogna cioè ricostruire quanto sarebbe accaduto se l’Italia non fosse entrata nell’euro, senza poterlo osservare, visto che nell’euro ci siamo entrati.

Molti non hanno neanche la percezione del problema del controfattuale (abbiamo spesso risposte a domande che non capiamo fino in fondo…) e, pur di rispondere, rispondono ad un’altra domanda. Per esempio, rispondono alla domanda “è cambiato il trend economico in Italia dopo l’ingresso nell’Euro?” e confrontano la situazione economica in Italia prima e dopo l’ingresso nell’Euro. Giusto, si dirà. Sbagliato, invece. Non è detto che quanto accaduto prima dell’ingresso nella moneta unica approssimi in maniera corretta quanto sarebbe accaduto dopo se non fossimo entrati nell’Euro.

Per capirsi, è come valutare l’efficacia di una medicina somministrandola a un gruppo di pazienti per poi giudicare la sua efficacia in base al tasso di guarigione di quei pazienti. Magari ne guariscono molti, ma sarebbero guariti comunque. Oppure ne guariscono pochi, ma, in assenza della medicina, ne sarebbero guariti ancora di meno. Se manca il “controfattuale” non lo sapremo mai. Per questo motivo, l’efficacia di una medicina viene giudicata somministrandola ad un gruppo di pazienti e confrontando l’esito con quanto avviene in un gruppo di controllo, statisticamente indistinguibile rispetto al primo, al quale viene somministrato un placebo. Quest’ultimo gruppo fornisce il controfattuale: permette di misurare, in sostanza, il tasso di guarigione che avremmo osservato nel gruppo al quale è stata somministrata la medicina se non l’avessero presa. È quindi la differenza tra i tassi di guarigione nei due gruppi a fornire l’effetto causale del trattamento e, pertanto, in assenza di un valido controfattuale non è possibile stimare alcun effetto causale (Holland, 1986).

La semplice correlazione (lingresso nellEuro coincide con un determinato cambiamento della situazione economica) non implica quindi causalità (lingresso nellEuro causa quel determinato cambiamento della situazione economica). Chi scambia correlazione con causalità, per dirla con Kahneman, sta rispondendo ad un’altra domanda. Chi lo fa di proposito è un disonesto. Gli altri, che lo fanno senza accorgersene, appartengono semplicemente alla categoria Dunning/Kruger.

Per saperne di più
Holland, Paul W. (1986), Statistics and causal inference, Journal of American Statistical Association, 81, pp. 945-960.

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