Viva la FifaL’azionariato popolare nello sport diventerà legge?

L’azionariato popolare nello sport diventerà legge?

Lo sport italiano potrebbe avere presto una legge che regolamenti l’ingresso dei tifosi nelle società. E si tratterebbe di una rivoluzione, a cominciare dal nostro calcio. La bozza del progetto di legge c’è già, è stata firmata da 42 parlamentari di diversi partiti ed è stata presentata a Roma lo scorso 14 aprile. L’obiettivo del ddl è ambizioso, perché si andrebbe a modificare una delle leggi cardine dello sport del nostro Paese, la legge 91/1981 sul professionismo, nelle sue parti relative a proprietà e board di un club sportivo.

Un ddl che ha tra i suoi promotori e primi firmatari Angelo Attaguile, ex presidente del Calcio Catania e Giancarlo Giorgetti, che ha fatto parte della rosa del Varese come portiere. Ma dietro c’è stato il sostegno importante dell’associazione “Salviamo il calcio” di Salvatore Grillo, che a margine della presentazione romana ha spiegato che  «l’iniziativa coinvolge tutti i gruppi parlamentari tranne il Movimento 5 Stelle, che tuttavia si è detto d’accordo. È arrivato il momento che il calcio italiano, nato attorno alle grandi famiglie, responsabilizzi i tifosi e favorisca un legame forte tra squadra e comunità».

Responsabilizzare i tifosi significa, al netto del testo della legge, due cose. La prima: modificare tramite l’articolo 1 della bozza la legge 91, attraverso il limite del 30% del numero di quote che uno stesso soggetto può avere in mano di un club. Un limite che verrebbe protetto da alcuni escamotage: come recita la proposta, «in deroga alla normativa vigente in materia di società di capitali, è proibito ogni patto parasociale che determini direttamente o indirettamente il controllo della società sportiva». Insomma: la nuova legge vieterebbe la presenza storicamente assestata in Italia di un capitano d’industria al timone di una squadra (vedi alla voce Berlusconi, ma anche Della Valle o il neoarrivato Thohir).

La seconda, grande modifica prevista dalla bozza di legge riguarda l’introduzione di comitati di tifosi. Un organo che, spiega la bozza, «deve essere formato da un minimo di 100 ad un massimo di 1.000 persone elette ogni anno dagli abbonati della società sportiva» e dal quale dovranno passare tutte le decisioni più importanti della vita del club, compresa l’approvazione del bilancio. Come ha infatti spiegato Grillo, «La proposta di legge vuole anche garantire maggiore trasparenza nei bilanci delle società attraverso il coinvolgimento delle tifoserie così come avviene nel calcio spagnolo e in quello tedesco». Un passaggio, quello attraverso tale organo, reso obbligatorio dal ddl, anche il parere dello stesso non sarà poi vincolante.

Una proposta che nasce perché «Credo che questo sia il momento migliore per intervenire, abbiamo il clima adatto per una vera e propria “rivoluzione”. Il calcio è diventato qualcosa di separato dal mondo dei tifosi e della società civile», spiega Grillo. La cui tesi è per certi versi sostenuta dagli ultimi dati del “Report Calcio 2014”, stilato come ogni anno dalla Federcalcio e reso noto a metà aprile. Solo guardando le presenze negli stadi del nostro Paese, il riempimento medio in Serie A è del 56%, mentre tra Inghilterra e Germania la percentuale si attesta all’86%, con punte da tutto esaurito costante in casi come quello del Borussia Dortmund e del Newcastle. Se poi si scende di categoria, le cifre sono ancora più preoccupanti: in serie B il tasso medio di riempimento degli stadi è al 28%, in Prima Divisione al 23%, in Seconda Divisione del 12%. Solo per capire l’ultimo dato: nella cara vecchia Serie C2, la media spettatori è di 707 a partita.

Ma se i tifosi si allontanano dagli stadi, si avvicinano di fatto alle società e ai suoi meccanismi. Legittimando, di fatto, la proposta di legge sui supporters’ trust. Sempre il Report Calcio sottolinea come, osservando i dati sul triennio si nota in ogni caso una leggera tendenza all’apertura degli assetti proprietari, con una crescita del numero di società in cui il socio di riferimento possiede meno del 50% (dal 15% delle società nel 2010-11 al 20% nel 2012-13) e viceversa una riduzione del numero di quelle in cui oltre il 90% è nelle mani di un singolo socio (dal 47% al 44%). Tale tendenza è particolarmente accentuata nella Seconda Divisione di Lega Pro, nella quale nel triennio la quota si è ridotta dal 42% al 25% delle società partecipanti al campionato.

fronte di un abbassamento delle quote detenute da soci unici di riferimento, sta diminuendo anche il numero di squadre che non possono iscriversi ai campionati, per i mancati requisiti economici. Nel luglio 2009 erano otto le società non iscritte e in bilico tra il ripescaggio e il fallimento, contro le quattro del 2012. Tra queste, molte si sono affidate al modello societario dell’azionariato popolare per risalire. Con successo. Dal caso del Taranto a quello della Sambenedettese, passando per l’Ancona. I marchigiani sono falliti nel 2010, ritrovandosi così in Eccellenza. Ora stanno festeggiando il ritorno tra i professionisti, grazie ai risultati sul campo e all’accordo tra il presidente del club Andrea Marinelli e il gruppo di tifosi “Sosteniamo l’Ancona”, che è entrato nel pacchetto societario con una quota del 2% e che può vantare due rappresentanti nel consiglio d’amministrazione. Una condizione che permette la gruppo di tifosi di porre il veto su tutte le decisioni più importanti della vita del club biancorosso, comprese le questioni riguardanti sede, marchio e colori sociali.

«Dopo quattro anni la società ritorna in un ambito più congeniale alle sue tradizioni sportive, soprattutto con un progetto nuovo e innovativo per il calcio italiano, la partecipazione attiva dei tifosi, lo stadio senza barriere, il settore giovanile come fulcro dello sviluppo sostenibile del calcio», ha spiegato David Miani, presidente di Sosteniamo l’Ancona, subito dopo la promozione. Già, il settore giovanile, Proprio come a Taranto, dove viene gestito direttamente dal trust dei tifosi, la Fondazione Taras. E dove la prima squadra sta festeggiando il ritorno tra i “grandi”, dopo aver sfiorato la B sul campo e aver vissuto la discesa in D proprio per un fallimento, poi risolto anche grazie al ricorso all’azionariato popolare.

Il legame tra supporters’ trust e politica è un tema molto sentito fuori dall’Italia. L’ultimo esempio è quello francese, dove alcuni tifosi sono stati ospiti in Senato. Lo scorso 17 aprile, i rappresentanti del Supporters Direct Europe (che riunisce i trust europei) e di “A La Nantaise”, il suppoters’ trust del Nantes (che gioca nella Serie A francese) sono saliti fino al Senato francese, invitati dal senatore Ronan Dantec, per proseguire il dibattito sul futuro della governance del calcio d’Oltralpe. L’idea è quella di rivedere alcune regole in materia societaria della Ligue 1, la serie A francese, dopo l’arrivo negli ultimi anni di ricchi proprietari esteri (vedi alla voce Paris Saint Germain e Monaco), ispirandosi ai trust inglesi e tedeschi. 

Un percorso iniziato lo scorso luglio, quando un rapporto stilato dal Parlamento ha evidenziato i vantaggi di una nuova governance basata sul modello dell’azionariato popolare. Pochi mesi dopo, a dicembre, il Ministero dello Sport ha annunciato la creazione del gruppo di lavoro “Football Durable”, che si sta occupando di redigere la bozza di una proposta di legge che il Ministro dello Sport Valérie Fourneyron presenterà all’Assemblea Nazionale entro il 2014. 

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