Tutto esaurito, o quasi. Nonostante gli uccelli del malaugurio e i gli incidenti di percorso, il tour a pagamento di Beppe Grillo nei teatri e nei palasport italiani si chiude col segno più. “Te la do io l’Europa” ha fatto sold out a Catania e a Milano, bene anche a Bologna e Padova. Il format dello spettacolo si ripete identico, con qualche concessione al territorio e all’attualità: dall’Expo milanese al tanko di cartapesta in Veneto. Ma il gran finale è Roma, come un anno fa con l’adunata di piazza San Giovanni. Solo che questa volta il ritrovo è al Palalottomatica, culla di concerti ed eventi sportivi. Uomini della security che strappano i biglietti, “bibitari” che vendono pop corn, hostess sorridenti che accompagnano gli spettatori al posto precisando che «no, non si possono fare foto o riprese durante lo show».
A due passi dai grattacieli di Eni e Poste Italiane, nelle stesse ore interessate dal valzer di poltrone per le nomine pubbliche. Al medesimo orario (le 21.15 circa) del secondo incontro tra Renzi e Berlusconi a Palazzo Chigi. L’impianto sportivo dell’EUR accoglie l’esercito stellato delle grandi occasioni. Centinaia gli attivisti e i simpatizzanti, più loro che i «tifosi occasionali». Giovani coppie, famiglie, creature da Meetup che si materializzano in un abbraccio. Ci sono i gazebo con documenti informativi, merchandising e punti informazioni. I furgoni dei paninari con le bandiere del Movimento, gli spettatori con biglietto in mano e spilletta M5s appuntata al petto. Arrivano pure i parlamentari: Carlo Sibilia e Michele Dell’Orco in jeans e giacca, Paola Taverna accolta dagli applausi, Alessandro Di Battista con la mamma.
È una festa di popolo, rigorosamente a cinque stelle. Da una parte i parcheggiatori abusivi, biglietto da visita dei grandi eventi romani, capitanati dalla «signora», figura mitologica che all’EUR conoscono tutti per l’intraprendenza nel controllo delle aree di sosta del Palasport. Pochi metri più in là camminano avanti e indietro i volontari a cinque stelle armati di giubbotti catarifrangenti: distribuiscono volantini alle auto ferme al semaforo. Vecchia illegalità e nuovo civismo corrono paralleli, con alcuni attivisti che incalzano i vigili urbani: «Perché non fermate gli abusivi?», «Non abbiamo gli strumenti», segue indignazione.
Dentro il Palasport non c’è spazio per le polemiche, se non quelle inserite da Beppe in una scaletta oceanica. Proposte di legge M5s, il ruolo del web, l’Europa dei sogni, la scuola e le tecnologie. La cornice degli spalti accoglie ogni input con applausi scroscianti e assenso totale in conclusione di un tour ad alto gradimento. Da Milano a Roma, da Firenze a Padova, Grillo è sempre lo stesso. Il palcoscenico lo evita per quasi tutta la durata dello show: preferisce camminare tra la gente in platea, cercare il contatto fisico, allargare le braccia e officiare una messa politica da gran sacerdote del grillismo indossando una tunica a mo’ di bandiera europea. Il sermone alterna urla ad argomentazioni, proposte ad accuse: «Renzi è cattivo e cinico, fa la legge elettorale con uno che non può nemmeno votare». Ma anche autodifesa: «Ho modificato la poesia di Primo Levi per onorarlo».
Non c’è più lo spettacolo del Beppe pre-politico, ambasciatore assoluto della comicità che fondeva cazzeggio, impegno sociale e inchiesta, magazine vivente capace di aggregare una platea trasversale di seguaci, simpatizzanti e curiosi. Oggi il pubblico è meno laico di un tempo e le battute dell’ex comico diventano lanci d’agenzia, “best of” di una carriera da artista che lascia il passo ad un «capo politico che rappresenta nove milioni di persone». Lo stesso Grillo ammette la crisi d’identità aprendo i suoi show: «Non so più chi sono, non sono più quello di una volta, adesso faccio comizi a pagamento». Artista o tribuno? Battute o invettive? Gli spettacoli nei palasport diventano liturgie a Cinque Stelle durante i quali fare il punto sull’attività in Parlamento e rammentare la road map per l’Europa, il tutto condito da web, barzellette, fotomontaggi e «parolacce propedeutiche».
Ma i nomignoli affibbiati agli avversari (psiconano, ebetino) si conoscono già, le battute del repertorio grillesco sono state spoilerate in questi mesi tra blog, piazze e incursioni mediatiche. Così come le rivendicazioni politico-sociali. Il Beppe che, per nulla arrugginito dal tempo, si rimette in discussione sul palco è un animale che l’opinione pubblica conosce a menadito. Ne ha studiato tic, abbigliamento, linguaggio e ossessioni. Le sue ville, la sua famiglia, i fedelissimi e la strategia in una sorta di schedatura quotidiana che proietta il pubblico in uno show dal sapore del “già sentito”, non per questo noioso.
Grillo trova il modo di annodare un corto circuito virtuoso, cattura i presenti inchiodandoli tra risate e riflessioni. Dalle strisce di Makkox all’elogio di Di Battista. Dall’inno alla Gioia alle forchette intelligenti. Regge il palco come un trentenne, non fa pause nè cerca bicchieri d’acqua. È una fonte di carisma che abbevera i presenti in un banchetto plebiscitario: applaudono tutti, nessuno scettico, nessuno escluso. Lo show è il primo passo di una campagna elettorale che i Cinque Stelle apparecchiano da tempo. I parlamentari in giro col camper e in piazza, Beppe a supporto. Comizi gratis e on demand rilanciano un Movimento solido nei sondaggi e fluido nel ventre del paese, verso una ribalta europea a portata di sogni e timori. Non a caso il congedo del Palalottomatica è un annuncio elettorale: «Ci vediamo il 25 maggio, comincia una nuova era e vinciamo noi». Firmato Beppe Grillo, ex comico.