Un chip per ottenere le immagini 3D migliori al mondo

Tecnologia militare

Negli ultimi anni, la scansione laser aerea ha prodotto impressionanti mappe e informazioni sul pianeta. Tra le altre cose, ha persino evidenziato i deboli contorni di un’antica rete stradale medievale rimasta oscurata dalla giungla che circonda la città cambogiana di Ankor Wat (vedi “Laser Scanning Reveals New Parts of an Ancient Cambodian City“), un’impresa che ha richiesto venti ore di volo in elicottero per mappare 370 chilometri quadrati con una risoluzione di un metro.

In un hangar protetto della Hanscom Air Force Base di Bedford, nel Massachusetts, lo stomaco di un Bombardier è adattato per ospitare una tecnologia che potrebbe ripetere l’impresa cambogiana in appena mezz’ora. La fusoliera ospita un nuovo sistema Lidar (Light Detection and Ranging) per la visualizzazione tridimensionale con velocità e risoluzione senza precedenti, ci spiega Dale Fried, sviluppatore principale del sistema del Lincoln Laboratory, un centro di ricerca e sviluppo finanziato dal governo e operato dal Mit.

I sistemi Lidar proiettano un laser e rilevano i fotoni al loro rientro, utilizzando il tempo trascorso per misurare la distanza e realizzare così delle immagini 3-D. Il cuore del nuovo sistema di visualizzazione è un microchip dotato della più grande quantità di pixel mai utilizzata per intercettare un singolo fotone a testa – oltre 16.384 pixel nel complesso.
Questa schiera di pixel, quando accoppiata con lenti ottiche, permette di visualizzare aree più ampie. «Schiere di rilevatori di fotoni singoli possono mappare aree estese molto rapidamente», dice Fried.

Negli odierni sistemi Lidar, i rilevatori individuali sono molto meno sensibili, e sono mossi meccanicamente assieme al laser che emette la luce per catturare un campo visivo più ampio.
Per quanto nessuno degli scatti presi dalla nuova tecnologia sia ancora disponibile pubblicamente, una versione precedente – realizzata quattro anni fa con appena un quarto dei pixel – è stata collaudata ufficialmente. Il sistema è stato utilizzato dall’esercito statunitense per una missione umanitaria dopo il terremoto di Haiti del 2010; un solo passaggio effettuato con un aereo di linea a tremila metri di altezza sopra Port-au-Prince ha permesso di scattare delle istantanee di seicento metri quadri della città con una risoluzione di trenta centimetri e mostrare l’elevazione dei detriti disseminati perle strade.

Il sistema era già quattro volte più veloce e dettagliato rispetto al sistema utilizzato per gli scatti di Angkor Wat ma, a detta di Fried, la schiera di rilevatori in via di sviluppo nell’hangar di Hanscom dovrebbe essere dieci volte migliore e produrre mappe ancora più grandi in tempi ancora più ridotti.

La tecnologia utilizza un semiconduttore di nome arseniuro di gallio indio, che opera nello spettro infrarossi e a una lunghezza d’onda relativamente ampia, grazie alle quali è possibile ottenere un raggio più esteso per le scansioni aeree.

Queste schiere di pixel, capaci di rilevare singoli fotoni, sono state realizzate solamente nell’ultimo decennio. Nella maggior parte dei casi, i sistemi risultanti sono stati destinati a operazioni militari e governative, quali la mappatura rapida del terreno in Afghanistan con una risoluzione di un metro per permettere agli equipaggi a bordo degli elicotteri di trovare zone di atterraggio.

La tecnologia è stata brevettata da due aziende, la Princeton Lightwavedi Cranbury, nel New Jersey, e la Spectrolab, una unità della Boeing a Sylmar, in California, che stanno lavorando a un prodotto finito. Lo scorso anno, la Princeton Lightwave è stata la prima a commercializzare la tecnologia che ha scattato le immagini di Haiti. Con le dimensioni di una scatola per scarpe e un costo iniziale di $150,000, questo prodotto era mirato principalmente al mercato della difesa.

Con il migliorare del processo produttivo e la riduzione dei costi, la tecnologia potrebbe trovare nuove applicazioni in campi quali la glaciologia, l’agricoltura e l’archeologia – e magari trovare persino un posto nel mercato delle vetture autonome, come suggerito da Mark Itzler, CEO della Priceton Lightwave. In questo momento, versioni commerciali del Lidar per autotrasporti vedono poco oltre un paio di metri, costano fino a $30,000 e richiedono strumentazione meccanica alquanto ingombrante.

Sebbene diverse forme di Lidar vengano considerate per le automobili, l’approccio dell’arseniuro di gallio indio presenta dei vantaggi a lungo termine; può essere fatto operare a livelli di potenza particolarmente elevati. Gli attuali sistemi utilizzano il silicio, che opera in frequenze luminose visibili. Conseguentemente, il loro potenziamento per permettere di assolvere mansioni importanti – quali il rilevamento di un animale che sta attraversando la strada 200 metri più avanti – comporterebbe il rischio di danneggiare gli occhi umani. “Un certo numero di case automobilistiche vede nella sicurezza degli occhi un problema tale da motivare l’interesse verso i sistemi capaci di rilevare i singoli fotoni a lunghezze d’onda sicure”, spiega Itzler. 

La Princeton Lightwave sta discutendo con alcuni fornitori principali dell’industria automobilistica per realizzare un primo prototipo. A detta di Itzler, i costi dovranno precipitare drasticamente, ma esisterebbero le basi per permetterlo: «Il primo ricettore ottico [facente uso di arseniuro di gallio indio] per reti telecom ad alta velocità costava 5.000 dollari – e oggi ne costa 10 dollari», precisa.

A prescindere dall’ingresso di questa tecnologia nelle automobili, l’eliminazione di alcune componenti mobili e lo sviluppo di schiere più grandi di rilevatori di singoli fotoni “rivoluzioneranno il prezzo d’ingresso dei sistemi di visualizzazione 3-D per un fattore di dieci o oltre, aprendo così la strada a nuove applicazioni”.

Nel frattempo, nuovi sviluppi nelle schiere di emettitori su chip potrebbero facilitare l’invio di impulsi luminosi senza parti rotanti. In un documento pubblicato su Nature lo scorso anno, altri ricercatori del Mit hanno mostrato come una schiera da 64×64 antenne in silicio poteva utilizzare un singolo raggio laser e inviarlo ovunque variando il voltaggio sul chip.

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