Vittima degli eventi: il primo bel film su Dylan Dog?

Vittima degli eventi: il primo bel film su Dylan Dog?

In principio era Michele Soavi, che nel lontano 1994, con Dellamorte Dellamore, regalò a Dylan Dog il suo debutto cinematografico semiufficiale.

Sedici anni dopo, la Platinum Studios, detentrice dei diritti per l’adattamento cinematografico di mezzo mondo dei comics indipendenti americani e non, firmò il perfetto prontuario di tutto quello che non bisogna fare quando si fa un adattamento cinematografico: si intitolava Dylan Dog: Dead of Night e di Dylan Dog c’era giusto che il protagonista si chiamava Dylan Dog.

Adesso ci sono loro, Luca Vecchi e Claudio Di Biagio, passato da YouTuber (fondatore e autore di The Pills il primo, creatore e interprete della webserie Freaks! il secondo) e presente da filmmaker, che sembrano avere tutte le carte in regola per realizzare il film definitivo dedicato all’indagatore dell’incubo. Il loro Dylan Dog: Vittima degli eventi è un progetto complesso, temerario, interessante, estremamente rispettoso nei confronti del materiale di partenza e al tempo stesso appassionatamente anarchico.

Perché?

Facciamo un passo indietro. Dylan Dog, casomai aveste vissuto sotto un sasso negli ultimi 28 anni, è probabilmente il personaggio più emblematico del panorama fumettistico nostrano, nonché, Wikipedia alla mano, il terzo fumetto più venduto in Italia dopo Topolino e Tex. È stato creato nel 1986 da Tiziano Sclavi, veste con camicia rossa e giacca nera, assomiglia a Rupert Everett quand’era giovane e fa l’investigatore specializzato in casi paranormali. Il suo habitat è la carta stampata, ma è apparso su un po’ di schermi (del cinema, della televisione, di YouTube) un po’ di volte — nessuna delle quali, finora, davvero memorabile.

Dellamorte Dellamore , del 1994, è secondo chi scrive un ottimo spaghetti horror e uno dei pochi casi in cui è legale usare espressioni come “il made in Italy che ci fa trionfare nel mondo” (e non solo per un paio di nudi frontali di Anna Falchi), tuttavia non si tratta veramente di un adattamento cammuffato, come spesso si cerca di farlo passare, di Dylan Dog, bensì l’adattamento fedele di un romanzo, sempre di Sclavi e precedente a Dylan Dog, che ne costituiva in effetti il prototipo. I punti in comune sono molti (in primis: il protagonista è interpretato proprio da Rupert Everett) ma non è, e non ha mai voluto essere, “il film di Dylan Dog”.

Dylan Dog: Dead of Night , del 2011, è un altro paio di maniche. Classico caso di film fatto con due lire e scritto in 20 minuti che i diritti stanno per scadere e se non facciamo qualcosa subito abbiamo buttato un sacco di soldi, non vuole essere “il film di Dylan Dog” più di quanto non voglia essere un brutto episodio di Buffy — sennonché ha scelto di chiamarsi “film di Dylan Dog”, e quindi gli accidenti dei fan duri & puri un po’ se li è cercati. È un copione già visto tante volte: nella foga di fare contenti tutti (fan e osservatori casuali), Hollywood spesso finisce per non fare contento nessuno. Troppi vincoli, troppe gatte da pelare (pensate a Groucho, l’assistente di Dylan, che in quanto copia vivente del comico Groucho Marx è un infrangimento ambulante di ogni idea alla base del copyright: come risolvi una roba del genere senza eliminarlo dalla sceneggiatura?), troppe invasioni di campo da parte di chi ci ha messo i soldi, troppe regole.

L’unico modo per fare un bel lavoro, allora, è sbattersene delle regole. L’unico modo per sbattersene e farla franca è non tirare in mezzo i soldi. E così succede che Dylan Dog: Vittima degli eventi, di Luca Vecchi e Claudio Di Biagio, uscita prevista per ottobre 2014, è un film senza scopo di lucro. Non che sia il primo fanfilm con queste caratteristiche (i due precedenti più famosi, nel caso di Dylan Dog, sono La morte puttana di Denis Frison e Il trillo del Diavolo di Roberto D’Antona), ma è senz’altro il più interessante, almeno a livello mediatico, perché è il primo ad essere stato realizzato con il crowdfunding.

Ebbene sì, il crowdfunding, il finanziamento che nasce dal basso e che sembrava già destinato a diventare appannaggio esclusivo di artisti miliardari nascosti dietro alla scusa di “non voler scendere a compromessi con le major” (cry me a river, Spike Lee), ogni tanto finisce davvero per finanziare progetti nati dal basso: attraverso due campagne su Indiegogo (cifra richiesta: 30.000 Euro) e diversi appelli alla nazione via Facebook, Vecchi e Di Biagio hanno raccolto il denaro e la manodopera necessari a realizzare il film che Dylan Dog si è sempre meritato: quello fatto da fan, per i fan, con i fan.

E non solo di soldi e maestranze si tratta: il progetto è stato in grado di catturare l’interesse di attori provenienti da sistemi produttivi totalmente agli antipodi come Alessandro Haber e Milena Vukotic (che vedremo rispettivamente nei ruoli dell’ispettore Bloch e di Madame Trelkovski; Groucho, invece, è lo stesso Luca Vecchi, Dylan è interpretato da Valerio Di Benedetto e accanto a lui compariranno Massimo Bonetti e Sara Lazzaro) e di convincere uno studio come Frame by Frame a realizzarne la post-produzione a titolo gratuito, tutti elementi che contribuiscono a fugare la maggior parte dei dubbi sulla qualità effettiva del prodotto finito, mentre da parte della casa editrice Bonelli, che dall’86 pubblica il fumetto di Dylan Dog, si registra un cauto ma benevolo silenzio che sembra voler dire «non possiamo sostenervi apertamente, ma neppure vi faremo causa».

Permangono polemiche, critiche, qualche perplessità non proprio campata per aria: puoi davvero chiamarlo “no-profit” un progetto che ti chiede dei soldi? Dove vanno a finire questi soldi? Chi ci garantisce che non li hanno spesi tutti in coca e puttane? Chi li autorizza a muovere capitali in nome di un personaggio su cui non detengono i diritti?

Domande interessanti a cui solo il tempo saprà dare risposta. Ma le ragioni di chi si è messo in gioco, si è buttato in un’impresa così folle e ambiziosa, avranno sempre la precedenza su quelle del tizio che ha fatto Miracolo a Sant’Anna.

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