A Lecce i detenuti ristrutturano il carcere

A Lecce i detenuti ristrutturano il carcere

Il carcere di Borgo San Nicola a Lecce è noto per l’emergenza sovraffollamento. La capienza regolamentare è di 656 persone, ma l’Associazione Antigone il 28 settembre del 2012 trova nelle celle 1.291 detenuti. Diversi i suicidi dietro le sbarre. L’ultimo, nel marzo 2014. Non a caso, dalla struttura penitenziaria salentina nel 2010 sono partite due class action da parte dei detenuti per la condizione disumana in cui vivevano.

© Yacine Benseddik

Ora, a distanza di qualche anno, qualcosa sembra migliorare. E il carcere di Borgo San Nicola fa parlare di sé per un progetto in cui gli stessi detenuti sono stati coinvolti nel miglioramento delle condizioni della struttura in cui vivono, supportati dai designer e artisti Maurizio Buttazzo e Roberto Dell’Orco. Il progetto si chiama “Giardino Radicale”, fa parte del più ampio percorso “GAP, la città come galleria d’arte partecipata” e per tre mesi ha portato il design oltre i cancelli del carcere della sezione R2, quella maschile, progettando una nuova vita per gli spazi in comune. I lavori sono stati finanziati dalla Fondazione con il Sud, con il coinvolgimento delle Manifatture Knos di Lecce e della regista teatrale Paola Leone, che nel carcere ha dato anche vita a una corso di teatro.

© Yacine Benseddik

«Quelli del carcere sono spazi molto semplici che andavano rivitalizzati», ci spiega Francesca Marconi, ideatrice di “Giardino Radicale” e coordinatrice artistica di “GAP”, che da Milano si è trasferita a Lecce per dare vita a quello che definisce «il progetto della mia vita». C’è la stanza del telefono, «brutta e minuscola», dove i detenuti telefonano a parenti e avvocati, che ora è stata «trasformata in una stanza più calda, con la tappezzeria e un tavolo per scrivere costruito da un paio di detenuti usciti con un permesso lavoro». L’altro spazio rivoltato come un calzino è la “Barberia”, la stanza dove due detenuti sistemano barba e capelli agli altri. E poi una stanza per il tempo libero, adibita al gioco a carte e al karaoke, «molto amato in carcere»; e una stanza «per lo spirito e il corpo, che avrebbe dovuto essere una palestra con gli attrezzi, ma alla fine gli attrezzi non sono arrivati, quindi abbiamo portato dei materassini e abbiamo fatto yoga».

© Yacine Benseddik

Nella ristrutturazione di queste quattro stanze, i detenuti hanno «collaborato, immaginato, avanzato proposte», racconta entusiasta Francesca. «Quasi tutta la sezione ha voluto partecipare e visto che sono in tanti alcune volte siamo stati costretti a fare dei turni». Le regole da seguire sono rigide, perché sempre di carcere si tratta, anche se il fine è rieducativo. Alcuni materiali non possono essere introdotti – «l’appendiabiti, ad esempio, è vietato», dice Francesca – e tutto il lavoro di ristrutturazione «è avvenuto sotto il controllo delle telecamere». Ma quello che è cambiato, tra le mura di Borgo San Nicola, «non è solo il lato estetico. Qualche detenuto mi ha detto: “Il bianco e il nero fanno venire brutti pensieri. Con il rosso e il giallo invece pensi all’amore, all’amicizia”». È bastato solo portare qualche secchio di vernice, insomma, «in un posto in cui di solito il colore non esiste, per risollevare gli animi».

© Yacine Benseddik

Ora i lavori si sono conclusi. E i detenuti stanno usando le nuove stanze per telefonare, cantare al karaoke e mettere a posto i capelli. Ma «ci hanno chiesto di voler ridipingere anche le celle, i corridoi e le porte», racconta Francesca. Nel carcere di Borgo San Nicola c’è ancora bisogno di vernice.

Il reportage fotografico è a cura di Yacine Benseddik.

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