Altro che Real, storie dai campi di calcio italiani

Altro che Real, storie dai campi di calcio italiani

Tra amici, nei bar, sul tram, a tavola. Qualcuno tirerà fuori l’argomento: “Stava vincendo l’Atletico Madrid fino al terzo minuto di recupero e poi il Real ha fatto quattro gol”. Ma al di là della finale di Champions League e dei mondiali di Brasile alle porte, siamo andati a cercare storie dal calcio italiano minore. Quello dei campi polverosi, delle storie societarie che risollevano intere comunità e dei simboli che solo “il pallone” può avere.

Partiamo dalla storia che hanno raccontato tutti. L’ex arbitro Gianluca Paparesta ha comprato “la Bari”, come recitava l’hashtag diventato in pochi giorni un tormentone (#compratelabari). Da La Stampa:  

Con una offerta di quattro milioni e ottocentomila euro l’ex arbitro Gianluca Paparesta, amministratore unico della Football club Bari 1908, si è aggiudicato l’As Bari fallita nell’asta giudiziaria presso il Tribunale di Bari. La fumata bianca è arrivata dopo il quinto successo consecutivo del Bari nel posticipo al San Nicola con il Cittadella, e dopo che le due aste precedenti (del 18 aprile e del 12 maggio) erano andate deserte. 

Il fortunato hashtag #compratelabari per alcuni giorni è così diventato un travolgente web-tormentone che ha coinvolto con successo anche Lino Banfi, Renzo Arbore, Fiorello, Albano, Checco Zalone e Rocco Siffredi. 

In mattinata erano giunte alla cancelleria della fallimentare quattro buste con offerte (oltre a Paparesta, hanno gareggiato la AsBari 1908 di Rosati-Montemurro, la società Bari calcio 2014 di Antonio Cipollone e La Bari calcio 2014 di Francesco Izzo). Per la gara dei rialzi la base è stata di due milioni e duecentomila euro. Dopo le prime schermaglie Paparesta ha rilanciato con l’offerta di quattro milioni di euro, seguito a ruota da Cipollone. Poi l’ultimo affondo, il quattordicesimo, quello decisivo, per quattro milioni e ottocentomila euro, che ha chiuso i giochi con Paparesta esultante insieme ai suoi legali dello studio Trisorio Liuzzi. CONTINUA A LEGGERE

Ma ci sono anche società che rinascono dal basso. Come l’Ardita, la squadra del quartiere San Paolo di Roma. Per tesserarsi bastano 20 euro. Dal Corriere della sera di Roma

Il futuro del calcio italiano potrebbe partire da San Paolo. Non la città brasiliana che ospiterà molte partite dei prossimi mondiali, ma dal quartiere di Roma in cui un gruppo di amici nel 2011 ha deciso di fondare la prima squadra italiana, l’Ardita San Paolo, basata sull’azionariato popolare. Un progetto che a meno di tre anni di distanza ha eliminato ogni barriera fra tifosi e società e ha coinvolto più di 300 persone. Un modello che anche altre piccole società in Italia hanno deciso di seguire e che potrebbe diventare una realtà grazie a una proposta di legge bipartisan presentata ad aprile e sottoscritta da 60 parlamentari. 

Cori per 90 minuti, ragazzi e ragazze che si abbracciano e incitano i propri giocatori, sfottò mai offensivi verso gli avversari, trasferte organizzate in macchina. Assistere a una partita dell’Ardita è uno spettacolo unico anche per le altre squadre che militano in terza categoria, abituate normalmente a giocare davanti a poche decine di sostenitori. In ogni incontro la squadra di San Paolo riesce a coinvolgere almeno un centinaio di tifosi che, qualunque sia il risultato, non smettono di cantare e incitare i propri giocatori. «Il grande calcio, quello sotto i riflettori, spesso si riduce in un triste spettacolo fatto di partite “spalmate” per una settimana, giocatori strapagati e violenze – dice Tommaso Pierangelini, responsabile tecnico della squadra -. Abbiamo deciso di far ripartire questo sport dal basso recuperando i valori che si erano persi». CONTINUA A LEGGERE

C’è però anche chi in nome del calcio può perdonare anche qualche bestemmia. E questo qualcuno è un prete. Accade a Lecce. Da Il Paese nuovo

Togliete la giornata di squalifica a Lerda perché non ha commesso peccato”. È l’appello lanciato da un sacerdote leccese, che assolve il tecnico del Lecce, Franco Lerda, fermato per un turno dal giudice sportivo per aver proferito, domenica scorsa per due volte, espressioni blasfeme in occasione della partita Benevento-Lecce, valevole per i play off di Lega Pro.

Per Don Attilio Mesagne, direttore della Caritas di Lecce, il tecnico leccese, originario di Fossano, non avrebbe peccato. “Perchè sia peccato, – fa notare il prelato – devono sussistere tre condizioni: la piena avvertenza, il deliberato consenso e la materia grave. Se manca una sola di queste tre condizioni non è peccato”. CONTINUA A LEGGERE

Ma il calcio ha anche i suoi simboli e le sue tecniche. Capita a volte che, in campo polveroso calabrese, si riesca a mettere in atto – pre bravura o per fortuna – una “punizione alla Pirlo”. Da La Repubblica

Nel giro di poche ore, il web lo ha incoronato come l’Andrea Pirlo dei dilettanti. Nel corso della sfida di Seconda Categoria Girone B calabrese tra Cerzeto K91 – Castiglione Cosentino, Gaetano Iantorno, giocatore della squadra di casa, ha calciato una punizione degna del centrocampista della nazionale e della Juventus. GUARDA IL VIDEO
 

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