Nei giorni scorsi hanno ricevuto ampio risalto (e consenso) le osservazioni del neo presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, secondo cui per sconfiggere la corruzione non basta introdurre nuove fattispecie di reato, ma servono nuovi efficaci strumenti di prevenzione e indagine.
Senza questi strumenti per prevenire e individuare tempestivamente la corruzione, le sole norme di prossima discussione in Parlamento (ripristino del “falso in bilancio” e introduzione del reato di “autoriciclaggio”), rischiano di essere «mere manifestazioni di principio che non avranno effetto», come ha detto Cantone.
Quali sono questi strumenti? Per rispondere alla domanda può essere utile guardare a quello che viene fatto nel resto del mondo.
Spesso infatti si dimentica che la corruzione è un problema globale e che, proprio per questo, vi sono convenzioni internazionali contro la corruzione e vi sono organizzazioni internazionali che si occupano specificamente di definire strumenti di lotta alla corruzione che i singoli Stati possono adottare. Si ricordano, tra le prime, la convenzione Onu, la convenzione Ocse e la convenzione del Consiglio d’Europa, e tra le organizzazioni internazionali più attive, lo United Nations Office on Drugs and Crime – Action Against Corruption and Economic Crime, l’Oecd – Fighting Corruption in the Public Sector e il Greco – Group of States Against Corruption.
Tali convenzioni e organizzazioni internazionali ci hanno da tempo indicato concreti strumenti di lotta alla corruzione e molti Stati hanno recepito tali indicazioni, non limitandosi a introdurre soltanto fattispecie di reato, ma adottando anche gli strumenti suggeriti.
Vediamo allora, sulla base dell’esperienza di tali Stati, quali potrebbero gli strumenti da introdurre anche in Italia per conseguire una significativa e definitiva riduzione della corruzione.
Conferire all’attuale autorità anticorruzione italiana anche poteri, funzioni e strutture di intelligence e di indagine, equiparandola così alle agenzie anticorruzione di paesi che hanno già scelto con successo questo modello, come Stati Uniti (Oig- Office of the Inspector General), Regno Unito (Sfo – Serious Fraud Office), Singapore (Cpib- Corruption Practices Investigation Bureau) e Hong Kong (Icac – Independent Commission Against Corruption). Sugli standard e i modelli delle agenzie anticorruzione nel mondo, esiste un recente studio dell’Ocse (Specialized Anti-corruption Institutions – Review of Models) che può essere preso a riferimento.
Introdurre una normativa realmente efficace sulle “segnalazioni anonime” (le cosiddette “whistleblowing”), come quella degli Stati Uniti dove in base al Dodd-Frank Act del 2010 chiunque può denunciare casi di corruzione (dipendenti pubblici o privati o qualunque persona a conoscenza di informazioni, anche non residente nel Paese), avendo non solo la garanzia di totale anonimato, ma anche il diritto a una ricompensa economica pari al 10-30% delle somme recuperate dal Governo. Dal 2012 in Italia esiste una normativa sulle “segnalazioni anonime” di corruzione, ma essa ha due limiti: vale solo per i dipendenti pubblici e non prevede alcuna ricompensa economica.
Cantone, nelle sue recenti osservazioni, ha fatto giustamente riferimento agli “agenti provocatori”, ossia all’utilizzo di agenti “sotto copertura” per la scoperta di reati corruzione. Si tratta di uno strumento, ampiamente noto e utilizzato nella lotta al crimine organizzato e al terrorismo, che può dare un importante contributo sia all’attività di scoperta della corruzione, sia alla “dissuasione” di comportamenti illeciti. Recentemente il Serious Fraud Office inglese ha dichiarato che inizierà a utilizzare anche questo strumento.
4) Accordi di “non prosecution”
Agli strumenti sopra menzionati andrebbe affiancata, per le società private, la possibilità di auto-denunciarsi e concludere accordi di “non prosecution” attraverso i quali una società può evitare una condanna, pagando le dovute sanzioni, restituendo tutti i profitti conseguiti con la corruzione e adottando un programma di “compliance” idoneo a prevenire il ripetersi di condotte illecite. È bene sottolineare che le persone responsabili della corruzione all’interno della società non ricevono alcun beneficio dall’accordo e vengono regolarmente perseguite, anche grazie all’auto-denuncia della società.
Questo strumento è utilizzato con successo da molti anni negli Stati Uniti (37 miliardi di dollari recuperati in 13 anni solo per corruzione internazionale) e recentemente è stato introdotto anche nel Regno Unito, ma è ovvio che l’incentivo a tali accordi è tanto maggiore quanto più le società sanno di correre il rischio di essere scoperte dallo Stato (e qui è l’importanza degli altri strumenti: agenzia anticorruzione, “whistleblowing”, “agenti provocatori”).
Insomma, e in conclusione, i quattro strumenti sopra indicati avrebbero notevolissimi effetti “preventivi” (o meglio “dissuasivi”) contro la corruzione e, tra l’altro, farebbero immediatamente recuperare all’Italia molte posizioni nelle classifiche internazionali (vedi Transparency).
* avvocato, studio legale Bonelli Erede Pappalardo