MILANO-PADOVA – Duecentocinquanta chilometri in una macchina di perfetti sconosciuti. È la sharing economy, bellezza. Niente i-pod, né attenzione compulsiva agli smartphone o sguardi persi fuori dal finestrino. Ora si torna a viaggiare anche per il piacere di conoscersi e condividere. E, sotto elezioni, un viaggio Milano-Padova in car sharing può dare vita a un miracolo: arrivare a parlare per due ore persino di cos’è l’Europa, come funziona, quanto ci sentiamo parte di un progetto che sa un po’ di naftalina.
“Barroso? Mah… Ha a che vedere con la Formula Uno?”
I temi tabu – per un viaggio senza rischi di abbandono in Autogrill – sono sempre gli stessi: religione e politica. Questa volta però le elezioni Europee sono troppo vicine per non fare uno strappo e discuterne tra giovani cittadini, tutti under 30.
È un venerdì sera un po’ diverso, questo in Blablacar, l’evoluzione dell’autostop all’epoca dei social network per la gioia di studenti fuori sede e precari senza troppo successo. «Da quando hanno soppresso gli interregionali diretti che collegavano Milano a Venezia uso il car-sharing davvero spesso», racconta Francesco (tutti i nomi sono di fantasia, ndr), programmatore di video games, compagno di viaggio e passeggero habitué.
Alla guida Eva, di mestiere fa la producer per un settimanale di moda. Ha girato il mondo e nel cuore ha l’Indocina. In Brasile invece ha conosciuto il suo ragazzo, Dieter, un tedesco che vive negli States. Non si sente europea, si sente italiana. «E i tuoi figli, saranno italiani, tedeschi o europei?», la provoco. «L’idea di un’ostetrica che mi dice “Spingi” in tedesco non la posso proprio sopportare!». E poi a frenarla l’ombra di quanto è successo a Marinella Colombo, la manager milanese autrice di Non vi lascerò soli (Rizzoli, 2012), – e ora in lizza per un seggio a Bruxelles nelle liste di Scelta Europea -, già alle cronache due anni fa per la sottrazione internazionale dei figli, minori affidati al padre tedesco. Non vede i figli da oltre tre anni. «Per la Repubblica federale i figli nati in Germania da coppia mista rimangono col genitore tedesco anche in caso di separazione», spiega Eva. E in effetti, lo Jugendamt, agenzia per l’infanzia tedesca che favorirebbe sistematicamente il genitore teutonico, è al centro del dibattito europeo con ben 24 petizioni presentate dagli eurodeputati.
«E poi parliamo di Europa unita?», commenta Francesco.
Basta un viaggio in Blablacar per misurare il gap tra strada e palazzo. Scendendo dall’iperuranio della retorica, uscendo dai palazzi d’acciaio affollati di eurotecnocrati tra Rue del la Loi e Place du Luxembourg c’è la vita fatta di bollette e viaggi economici dei cittadini italo-europei, franco-europei, austro-europei.
Dal sistema di funzionamento dell’Unione ai volti (noti?) che la popolano cercando di rianimarla quotidianamente i miei compagni di viaggio sono pieni di dubbi. O forse è solo la certezza socratica di non sapere cosa sia questo mostro burocratico che parla tante lingue diverse.
“Martin schulz? Non è quello della Costituzione?”
La differenza tra Eurozona e Unione europea? La confusione è totale. I Paesi membri? Oscillano dai 12 di Pilar, l’altra passeggera che studia al politecnico design della moda e sogna di specializzarsi a Parigi o Londra, – in quell’Europa che ignora -, ai 25 di Eva. Fuochino, ora siamo in 28. «Dai, c’ero quasi…», ride la conducente. I gruppi politici che fanno parte del Parlamento europeo? Cala il silenzio.
Proviamo con i protagonisti della vita istituzionale di Bruxelles. «Barroso? Mah… Ha a che vedere con la Formula Uno?» si interroga Francesco sull’attuale presidente della Commissione europea. «E Martin Schulz…Non è quello della Costituzione?». Nessun riferimento alla gaffe di Berlusconi che, con la sua sottile ironia, gli diede del Kapò quando l’eurodeputato tedesco, tra gli scranni di Bruxelles, non era ancora presidente del Parlamento europeo.
L’ultima speranza, torniamo in Italia. «Pronti per le elezioni del 25 maggio? In queste consultazioni abbiamo ancora la possibilità di scegliere i candidati, possiamo esprimere fino a tre preferenze nella scheda». Peccato che nessuno dei miei compagni di viaggio ne sia consapevole, né saprebbe chi scegliere da liste che, forse, vedranno per la prima volta il giorno stesso del voto, appese sulle pareti dei seggi elettorali .
Sono bastati duecentocinquanta chilometri e 5mila battute per aprire le porte dell’Europa. Ora tocca alla curiosità e alla coscienza civica.