Sta girando come una trottola l’Italia. Incontra gente a cui spiega perché il nostro Paese dovrebbe uscire alla svelta dalla moneta unica. Litiga su Twitter. Scrive articoli. Si sposta in treno da cui telefona e lavora. E s’infervora. Claudio Borghi, uno dei prof anti euro più famosi d’Italia (insegna economia degli intermediari finanziari alla Cattolica di Milano), sta provando l’ebrezza della campagna elettorale (corre da indipendente nelle fila della Lega Nord per un seggio alle Europee). «Da quando abbiamo iniziato a portare in giro per il Paese il Basta €uro Tour – spiega l’economista – è continuato a crescere l’entusiasmo della gente che vuole capire cosa sta succedendo..». Ancora poche ore e si entra nel silenzio pre voto. Linkiesta sta facendo un lungo speciale sul voto europeo da posizioni agli antipodi da quelle di Borghi. Proprio per questo ritiene utile confrontarsi con una persona che la pensa all’opposto.
Professor Borghi, in sintesi: perchè dice che l’euro ha fallito?
Era scritto nel suo codice genetico che dovesse fallire. L’euro è uno zaino dello stesso peso che viene fatto indossare a corridori di corporatura diversa: non si può condividere una moneta unica tra economie così disomogenee. Se invece la sua costruzione rispondeva fin dall’inizio ad un disegno teso a polarizzare e ingabbiare un continente, dividendolo in vincitori e vinti, si può dire che l’intento è perfettamente riuscito.
E lei Borghi crede davvero al grande complotto?
Non credo che all’origine della moneta unica ci fosse un complotto finanziario. Il fallimento è figlio di una concatenazione di eventi, più precisamente di una logica commerciale destinata a creare forti asimmetrie tra paesi membri.
In che senso logica commerciale?
Una forte pressione a varare l’euro con dentro fin da subito l’Italia è venuta ad esempio dalla Confindustria tedesca. Le imprese dell’area del marco volevano arginare la concorrenza sul prezzo delle aziende del nord Italia. La svalutazione della lira per loro era un colpo mortale. Hanno trovato il modo di depotenziarci. E noi ci siamo cascati come polli…
Ci sembra una lettura banalizzata…
La bontà di questa lettura è dimostrata dalla cronaca degli ultimi anni. Il successo della Germania di Merkel affonda le sue radici nel simmetrico disastro della periferia europea e in particolare appare paradossale la posizione dell’Italia che continua a pagare per gli altri come se fosse uno Stato in salute. Il fallimento della Grecia con conseguente «salvataggio» per svariati miliardi è stato un abominio economico e sociale, tuttavia questo vero e proprio crimine ha comportato enormi risparmi per la Germania che ha potuto finanziare il proprio debito ad interessi zero grazie alla paura instillata nei sottoscrittori di altri titoli di Stato, italiani in primis, e al contempo gli ha consentito di mettere in comune i prestiti imprudenti concessi dalle sue banche all’europeriferia facendoli pagare pro quota a tutti (come al solito con noi in prima fila, nonostante non avessimo praticamente alcun credito) per mezzo degli altrimenti inutili fondi salvastati.
Sapevamo che l’euro era nato da uno scambio Francia-Germania: la rinuncia al marco in cambio dell’unificazione tedesca…
Forse c’è stato anche quell’aspetto, come ama ripetere l’euro retorica. Ma, ripeto, alla base c’è stata una forte esigenza commerciale tedesca.
Dunque, lei dice, l’Italia dovrebbe uscire dall’euro.
Sì, immediatamente.
E non valuta l’impatto? Ci sarebbe la corsa agli sportelli, mutui che esplodono, fuga di capitali. L’euro non è perfetto ma le asimmetrie che produce non sono “colpa” della moneta ma dalla mancanza di una unione politica che faccia da contraltare…
La vostra è una lettura da anime belle. E comunque tutti gli effetti e le simulazioni di una nostra uscita dall’eurozona sono sovrastimati. La verità è che stare dentro non è più sostenibile, dunque prima usciamo meglio è. Una moneta sbagliata è come una gamba in cancrena: va amputata subito. Il come è secondario. Certo sarebbe meglio farlo dall’alto.
Cosa vuol dire dall’alto?
Se la Germania rompesse lei l’eurozona farebbe un gran favore a tutti. L’obiettivo è tornare alla divisa nazionale prima possibile. O addirittura a più monete dentro uno stesso Stato, in coerenza con i livelli economici dei diversi territori.
Secondo noi state sbagliando bersaglio. Separate a torto la moneta dal disegno politico dell’Europa (le due cose vanno insieme) e, soprattutto, scambiate l’anti-merkelismo oggi in voga con un sentimento anti europeo che invece non appartiene al nostro Paese.
No, stiamo confondendo nulla. La Germania fa legittimamente i propri interessi. Quando siamo entrati nell’euro la storia che ci era stata venduta era un po’ diversa. Si parlava di unirsi per competere tutti assieme contro le mega economie emergenti, quando in realtà si stava disattivando la flessibilità del cambio lasciando mano libera a una più efficiente Germania per invadere con i suoi prodotti, in diretta concorrenza con i nostri, il mercato europeo. Dunque siamo noi che non esercitiamo i nostri interessi davanti alla loro aggressione finanziaria.
Addirittura aggressione finanziaria?
Come chiamare una strategia volta a tenere bassi i salari e a massimizzare il proprio export a detrimento degli altri partner continentali? Il che dimostra che l’eurozona non è una unione tra eguali come si dice. L’Italia insiste a stare su un ring che non gli appartiene per peso e stazza.
L’impressione è che la crisi economica pesi molto sull’euroscetticismo italiano. Senza strumentalizzare questa lunga stagnazione, peraltro figlia di un sistema paese inefficiente a prescindere dalla moneta unica e in crisi da ben prima che entrasse in vigore l’euro, avreste molti meno consensi.
Nessuno sta strumentalizzando la crisi, diciamo solo quel che riteniamo essere la verità. La gente capisce chi li prende per il naso, ha visto il proprio potere d’acquisto, i propri risparmi e il proprio lavoro erodersi nella stagione dell’euro. Capisce la differenza di linguaggio e di concretezza tra chi promette ipocritamente e genericamente “ci faremo sentire in Europa”, “adesso battiamo i pugni”, “allenteremo il rigore” e chi dice, nettamente, “usciamo da questa gabbia infernale”.
Su questo ha ragione. Tra le due narrazioni c’è un abisso di efficacia mediatica. Non solo in Italia ma in tutta Europa. Quale fil rouge vede con gli altri movimenti euroscettici.
Il fil rouge è nel dichiarare che il re è nudo. La gente è stanca di questa retorica dogmatica. L’eurozona è l’area più depressa del mondo, ci sarà un motivo. Anche se rilevo, con sorpresa, che molti dei paesi maggiormente in crisi (Spagna, Portogallo, Irlanda e in parte Grecia), sono in piena sindrome di Stoccolma. Non mettono in discussione l’euro e non hanno movimenti euroscettici degni di questo nome.
Per noi è buon segno, anzi la prova che occorre separare la moneta dalla crisi.
Io la chiamo sindrome di Stoccolma che rende più difficile la costruzione di un blocco latino. La verità è che sono Paesi paragonabili alla nostra Calabria: totalmente pagati.
Totalmente pagati, che vuol dire?
Vivono di soldi pubblici, hanno una economia povera o distrutta quindi si aggrappano ai pagamenti esteri, dell’Europa e non solo. Per questo l’alleato naturale nostro è la Francia di Marine Le Pen. Siamo nella stessa condizione: siamo in crisi e siamo Paesi pagatori…
E di Beppe Grillo che idea si è fatto?
Credo sia a capo di un movimento concepito per incanalare il dissenso dove non darà fastidio. Alla fine è funzionale al sistema. È come una enorme lista civetta che sbaglia bersaglio, non tocca il cuore vero e profondo della nostra crisi, che non deriva certo dagli sprechi della casta. Anche bonificando la politica, il giorno dopo l’Italia avrebbe gli stessi problemi di oggi.
Qual è l’Europa che sogna Claudio Borghi?
Quella che stava nascendo prima della moneta unica. Integrata, dove ci si muove senza barriere, armoniosa e attenta alla qualità della vita delle persone. Se posso permettermi una metafora: vorrei vivere in una strada con tante villette una fianco all’altra, invece ci hanno voluto mettere in un condominio. E si sa che i condominii tirano fuori il peggio delle persone.