Le ultime settimane sono state piene di spunti per tutti gli appassionati di realtà virtuale. L’acquisizione di Oculus da parte di Facebook ha incoraggiato l’idea che “qualcosa di magnifico” potrebbe verificarsi indossando questi strani schermi, con l’intento di entrare visivamente in altri mondi. Ovviamente, la maggior parte delle persone ritiene che questo abbia a che fare con il mondo dei videogiochi.
È certamente vero che gli schermi Oculus di Crystal Cove (che segue posizione e rotazione della testa) immergeranno i suoi utenti nelle esperienze di gioco più sorprendenti mai immaginate. Ma questa non però sembra non essere l’unica via. Dopo aver provato il device di Oculus per qualche mese, e superato l’entusiasmo iniziale, potremmo ritrovarci a porci importanti domanda come: «Dove sono le altre persone?» e «Come posso imparare a muovermi in questo mondo?». È proprio su questi temi che la discussione diventa interessante.
L’Oculus Rift rappresenta solo uno dei tanti notevoli progressi compiuti sui device hardware che nel prossimo anno rivoluzioneranno la nostra capacità di immergerci in un mondo 3-D. Gli altri progressi includono le videocamere 3-D o 2-D capaci di catturare espressioni facciali e movimenti del viso, e diverse tipologie di controller dei movimenti che possono accuratamente catturare gli spostamenti di braccia, gambe e mani. Società quali Sixense e PrioVR stanno lavorando a stupefacenti dispositivi che seguiranno i movimenti del corpo con la stessa precisione e la stessa reattività delle immagini con cui Oculus mostra le immagini in movimento. Non saremo solamente in grado di vedere questi mondi, ma anche di toccarli.
Saremo anche in grado di comunicare con altri soggetti all’interno di questi mondi: l’Internet è ormai abbastanza veloce da permetterci di trovarci in un ambiente virtuale con altre persone che vi accedono da regioni distanti, persino dalla parte opposta del pianeta. Il caricamento di immagini mostrate agli occhi con un ritardo inferiore ai 10 millisecondi, in risposta ai movimenti del capo, genera un magico senso di “presenza” all’interno di uno spazio virtuale. I miei esperimenti personali hanno mostrato come una seconda forma di presenza – la sensazione di trovarsi realmente faccia a faccia con un’altra persona – richieda un ritardo end-to-end (incluso quello di hardware, software e connessione di rete) all’incirca di 100 millisecondi o meno fra il nostro movimento e la percezione di quel movimento.
Al di sotto di questo valore, i piccoli movimenti della testa e degli occhi che utilizziamo l’un l’altro quando conversiamo nel mondo reale possono funzionare anche in quello virtuale. Possiamo provare empatia e coinvolgimento, interromperci a vicenda e scambiare rapidamente pensieri e opinioni. Sotto i 100 millisecondi potremmo farci avanti e toccare o stringere la mano con un’altra persona e credere alla sensazione risultante come se questa fosse vera. Se la realtà virtuale saprà prendere il posto (o persino migliorare) videoconferenze o lunghi viaggi come modalità per raggiungere altre persone, sarà sicuramente rivoluzionaria e ristrutturerà diversi scambi umani di base che non hanno nulla a che vedere con i videogiochi. Per tante delle cose quotidiane che facciamo – parlare faccia a faccia, lavorare assieme o progettare e costruire cose – il mondo reale scoprirà improvvisamente un rivale reale.