Dite ai bambini che esistono diversi tipi di famiglia

Dite ai bambini che esistono diversi tipi di famiglia

L’altra sera ero a bere una birra con un Tipo. A un certo punto, dato che gli argomenti in comune scarseggiavano, ho dato inizio all’operazione “ora di religione”, che sarebbe quel momento in cui poni all’interlocutore una serie di questioni su macro-argomenti di natura politica, antropologica e bioetica, per capire le sue opinioni sull’universo-mondo, attingendo a un repertorio che spazia da «Cosa ne pensi di Renzi?» fino a «Sei favorevole all’eutanasia sui fan dei Modà?».

E così, in due per tre, il discorso è finito sul matrimonio per le coppie omosessuali. E, naturalmente, sulle adozioni per le medesime coppie omosessuali. Premetto che so che si tratta di un tema delicato e che so che c’è molta eterogeneità d’opinione in merito, ma non posso negare di aver provato un brivido lungo la schiena quando il Tipo mi ha detto: «No dai, ti prego, è contronatura! La natura dice che per fare un figlio servono un uomo e una donna, il resto è una forzatura». A un certo punto ho temuto iniziasse anche a cantare: «Madre Natura pensa sempre a noi, con i Puffi puoi aiutarla, devi sempre rispettarla, con i Puffi puoi aiutarla se lo vuoi».

Ora. Ehm. Dunque. Ho evitato di spiegargli che anche il sesso anale tra etero, volendo, è una forzatura della natura, perché vai per far entrare una roba in un canale da cui la roba dovrebbe al massimo uscire (dico “dovrebbe” perché ci sono dei giorni che Alessia Marcuzzi proprio niente). E una coppia etero che non riesce ad avere figli e ricorre a cure ormonali e fecondazione assistita, forza la natura? Anche loro sono sbagliati, oppure vanno bene in quanto morfologicamente dotati delle parti anatomiche necessarie per costituire una famiglia?

Ho evitato di incalzarlo e mi sono limitata a far presente che c’è una differenza sostanziale tra «fare un figlio» e crescerlo. E pur ammettendo che una coppia omosessuale non sia biologicamente atta a produrlo, un figlio, non riesco a capire per quale motivo razionale non dovrebbe essere capace di educarlo e amarlo.

Mi sono limitata a fargli presente che anche nelle famiglie cosiddette tradizionali, ci sono moltissime cose «sbagliate», errori educativi che segnano per sempre i figli, tensioni e distonie. Che mi preoccuperei molto più di un padre violento, che potrebbe produrre un figlio incline alla violenza, piuttosto che di un padre omosessuale, che potrebbe produrre un figlio con un sorprendente gusto per il teatro e una spiccata sensibilità per gli accessori di moda. Che ci sono padri che, invece che giocare a calcetto con gli amici, vanno a farsi sodomizzare dai trans, perché a quelli ci piace il centrifugato misto di tette e mazza, de gustibus, come si suol dire, e con loro cosa facciamo? Li priviamo della patria potestà? Oppure pensiamo che i loro gusti sessuali non interferiscano con il ruolo educativo cui sono chiamati?

     
A questo punto è arrivato l’intramontabile evergreen degli adepti di Guido Barilla (posto che secondo me Barilla era ed è libero di scegliere il target che preferisce per le sue campagne marketing, solo che necessita di un addetto stampa più bravo, capace di fargli un media training prima di ogni intervista, fosse pure quella a Teledurazzo). A questo punto il tipo mi fa: «Ma sai cosa? Il problema è l’aspetto psicologico dei bambini, la società non è pronta, pensa quante discriminazioni subirebbero dagli altri. I bambini sanno essere molto cattivi, pensa come sarà in seconda media!».

Ora, io di pedagogia non so nulla e sono più affine con i gatti che con i bambini, tuttavia, così, a lume di naso, mi viene da pensare che i bambini sono molto cattivi quando sono cresciuti da genitori cattivi. Mi viene da pensare che i bambini non sono stupidi e che le cose basta spiegargliele, con le parole giuste, per fargliele capire. Penso, anzi, che loro sarebbero molto più pronti di noi ad accogliere un nuovo modus pensandi, perché sono meno sovrastrutturati di noi, e che la vera difficoltà è la nostra, di noi adulti, non la loro.

E allora diciamolo. Diciamolo che il vero problema è che poi devi andare a spiegare a tuo figlio che se prende per il culo l’amichetto figlio di una coppia omosessuale, è uno stronzo. E che essere stronzi così, è uno schifo, non va bene, non si fa. E mi rendo conto che per te è uno sbattimento educativo in più e che ne faresti volentieri a meno, specialmente se alla tele c’è la Champions, ma sai, a cambiare la società un po’ di energia bisogna mettercela tutti e se nessuno prima di noi si fosse occupato di farlo, probabilmente staremmo ancora a pulirci il didietro con le pale di fico d’India. 

Devi andare a spiegare a tuo figlio che se prende per il culo l’amichetto figlio di una coppia omosessuale (ma in generale di qualunque coppia), è uno stronzo. E che essere stronzi così, è uno schifo, non va bene, non si fa. E non si fa perché i figli non portano né le colpe, né i meriti, né le vergone, né gli handicap, né le abitudini sessuali dei genitori. Non si fa perché “famiglia” vuol dire amarsi, fidarsi e prendersi cura l’uno dell’altro, a prescindere da tutto il resto. E che le famiglie non sono tutte uguali.

Devi andare da tuo figlio e dirgli che ci sono le famiglie con due papà, quelle con due mamme, quelle con due papà e due mamme, quelle in cui la mamma tradisce il papà con il suo istruttore di pilates e quelle in cui il papà pippa cocaina a 50 anni. Devi andare da tuo figlio e spiegargli che la sua famiglia, quella in cui egli cresce, è solo una delle decine di famiglie possibili. E che non è migliore delle altre. E se anche lo fosse, migliore intendo, ciò dovrebbe essere solo un motivo di piacere per lui, non un movente per andare in giro a fare il guappo di periferia con i suoi compagni.   
 
Devi andare da tuo figlio e devi insegnargli che l’amore è amore, punto e basta. Che l’amore va bene in qualsiasi forma si manifesti. Che due omosessuali che si amano sono identici a due eterosessuali che si amano, e che quelli amano il loro bambino esattamente come tu ami lui. Devi andare da tuo figlio e insegnargli a pensare un mondo migliore, affinché possa costruirlo. Un mondo in cui la diversità – di qualunque tipo essa sia – non sia negata (perché la diversità esiste eccome), bensì accolta, tollerata e valorizzata.

Devi andare da tuo figlio e devi dirgli che le persone, se rispettano il prossimo, sono libere di essere quello che vogliono, senza dover essere stigmatizzate per questo. E che solo in questo modo, anche lui, se rispetterà il prossimo, sarà libero di essere quello che vuole essere. Qualunque cosa sia.

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