Alberto Fiorin ha percorso quasi 3500 chilometri in biciletta, attraversando l’Italia lungo le strade del Giro d’Italia del 2011, quello del 150° anniversario dell’Unità, anticipando di due giorni il percorso dei ciclisti, per riuscire raccontare quello che chi segue la carovana del Giro non può vedere.
È così che è nato Il Giro un giorno prima. Sulle strade del Giro del 150° dell’Unità d’Italia in cerca di ciò che i campioni non vedono, un ebook edito da goWare, «documenta con le parole, le immagini e i video questo viaggio. Un mix di storia, cultura, arte e gastronomia, ma anche di incontri con le persone del luogo che hanno suggerito dettagli, suggestioni e chiavi di lettura».
Questo che vi proponiamo è un estratto, dedicato alla Diciannovesima tappa, tra Bergamo e Macugnaga, di 209 chilometri.
A strade aperte è tutt’altra cosa
Il Giro è un’eccezione, quando passa c’è fermento (più o meno, in queste zone è decisamente “più”), qualche blanda nuova asfaltatura, striscioni esposti ai balconi o appesi sulle staccionate. Poi – passato l’ambaradan con velocità e soddisfazione pari a unaeiaculatio precox – tutto rientra nella normalità. Le vie tornano a essere di esclusiva proprietà dei bisonti della strada o al massimo delle scatole di sardine a quattro ruote e per i ciclisti è veramente dura. Per non dire quasi impossibile. Specie nelle zone intorno alle grandi aree industrializzate. In poche parole, a strade aperte, le grandi arterie che per qualche ora all’anno ospitano i girini rischiano di diventare delle trappole mortali per i cultori delle due ruote. Nel Nordest credevo di aver visto il peggio del caos ma devo ricredermi. La Lombardia ci batte. Quindi prendiamo la dolorosa ma opportuna decisione di saltare tutto l’hinterland milanese, con annessi e connessi, per puro istinto di sopravvivenza e ci portiamo in macchina nei pressi del Lago Maggiore, da dove cominciamo la tappa accorciata di una novantina di chilometri. Poco etico? Voglio invecchiare. E poi, non l’hanno fatto anche i professionisti con il Crostis?
Feudalesimo nel XXI secolo
Sul lago Maggiore ci mettiamo volenti o nolenti sotto la protezione del Sancarlone, gigantesca statua di quel San Carlo Borromeo che pare ancora dominare e controllare il territorio, seppur a secoli di distanza. Qui tutto parla di lui. E in effetti, scalando il Mottarone – la bella montagna che incombe sui due laghi, il Maggiore e quello d’Orta – ci imbattiamo all’improvviso in un casello per la riscossione del pedaggio. Strada privata.Proprietà? Famiglia Borromeo, che detiene anche concessioni di pesca lungo alcuni tratti del lago, che possiede la splendida isola (Borromea, ovviamente) e che è imparentata con la dinastia degli Agnelli, tanto per capirci. Ci sentiamo in pieno Medioevo, con gabelle, dazi e decime. Noi ciclisti, plebaglia riluttante e pericolosa, non tiriamo fuori un euro ma le macchine sì. Ah, ah: qualche rara volta godiamo noi. In cambio del balzello si ottiene una strada rugosa e graffiata che sferza i polpacci per colpa di alcuni strappi non proprio indifferenti. Ma in cima la vista è straordinaria e ripaga ampiamente la fatica. Ancor di più la bella discesa, in alcuni tratti anche stretta e tecnica. Ma nei primi chilometri il tachimetro dei ciclisti professionisti andrà in tilt…
Vini e casalinghi
Siamo in Piemonte, tornati quasi sui nostri passi dopo la partenza da Torino di molti (troppi) giorni fa e ci si gusta un buon bicchiere di Arneis del Roero, un bianco piemontese, vitigno che si dice sia stato messo a punto da Camillo Benso conte di Cavour. Significa “arnese”, strumento di lavoro e questa terra è effettivamente industre, come si diceva una volta: sul lago di Orta ad esempio attraversiamo il distretto dei casalinghi e lasciamo sulla sponda di fronte quello delle rubinetterie. Tra Lagostina, Alessi e Bialetti (solo per citare i marchi più celebri), ognuno di noi ha in casa almeno un oggetto prodotto da queste parti. E lungo la strada tra Omegna e Gravellona Toce facciamo il nostro pieno di carboidrati in un caratteristico locale, La Vaporiera, dove vengono dispensati simpatia e spaghetti alla chitarra sotto un caratteristico “murale” dal vago sapore gucciniano. Nella terra del grande Gianni Rodari. Ottimo rifornimento in vista dell’ultima ascesa.
La Vie en rose…
Il Toce è un fiume ampio, spumeggiante, che mette allegria e si segue ben volentieri, fintantoché non si è costretti ad abbandonarlo per salire verso Macugnaga. Ora la valle Anzasca comincia a stringersi e a inerpicarsi. La stella polare di questo territorio è certamente l’infinita parete est del Monte Rosa, un tocco di Himalaya in Italia. Terra di contrabbando e di Walser, gli antichi coloni di origine svizzera che si sono qui stabiliti e che costituiscono tuttora un enclave linguistico e culturale. Case in legno e pietra con i caratteristici balconi, usi e costumi ancora tramandati, il Museo casa Walser a Macugnagna, presso la frazione di Borca, sono i segni ancora evidenti e presenti della comunità arroccata in questa valle. E poi, quale miglior degna conclusione per la corsa rosa che giungere fin sotto il Monte Rosa? Fa pari e patta con il Rosengarten/Catinaccio.
Rosa come il Monte e come la Gazzetta…
Estratto dall’ebook Il Giro un giorno prima. Sulle strade del Giro del 150° dell’Unità d’Italia in cerca di ciò che i campioni non vedono di Alberto Fiorin (goWare, 2014)