Il primo contatto tra Stamina e i medici degli Spedali Civili di Brescia avviene nel 2011 in Regione Lombardia. La rivelazione la fa il dottor Fulvio Porta, responsabile del reparto di oncoematologia pediatrica degli Spedali civili di Brescia, durante l’audizione che la scorsa settimana lo ha visto per la prima volta parlare in pubblico dopo due anni in cui è stato di certo uno dei medici del nosocomio bresciano maggiormente al centro di voci e polemiche sulla dinamica che ha portato l’ingresso di Stamina nella sanità lombarda. La circostanza ieri è stata confermata sempre in audizione in Regione da Marino Andolina, medico di Stamina. «Sì è vero, siamo stati in Regione, abbiamo incontrato Luca Merlino che pensavamo essere il rappresentante della direzione generale sanità della Lombardia (Merlino è effettivamente un direttore vicario della dg sanità, ndr)». Andolina parla al plurale e si riferisce a lui e a Vannoni. Quando viene incalzato dalle domande dei consiglieri regionali però ha un’amnesia. Gianni Girelli del Pd gli chiede se presero parte altri esponenti della Regione a quelle riunioni. «Sì, forse c’era un’altra persona», ammette Andolina, «ma non ricordo».
Andolina in audizione è un fiume in piena. Col suo solito stile provocatorio racconta di tutto. Parte dalla morte della bambina affetta da Nieman Pick e oggetto del provvedimento giudiziario che avrebbe dovuto portare entro cinque giorni i Civili a fare le infusioni, cosa che non è avvenuta. Suscita il disappunto dei consiglieri in modo bipartisan. Giulio Gallera di Forza Italia gli chiede di non fare in quella sede strumentalizzazioni. C’è chi si alza prima della fine. Andolina è sprezzante: «Drg per i ricoveri? Ma i costi dei pazienti di Brescia li sta pagando Vannoni. Che tra un po’ si dovrà vendere la casa. Cosa volete che siano due telini e un lenzuolo per l’ospedale. Cinquanta euro? Li so fare i conti, ho lavorato sempre in ospedali pubblici. Sono comunista». Gioca con le parole Andolina. A Umberto Ambrosoli che gli chiede conto dell’accordo del 9 giugno 2011 tra Stamina e i Civili in cui al punto cinque si parla di segretezza del metodo in forza del brevetto (che poi è una domanda di brevetto, ritirata dall’Unione Europea e bocciata dall’Ufficio brevetti statunitense) dice che «no, quella siglata coi Civili è riservatezza, proprio per evitare l’utilizzo a fini commerciali».
Stamina
Gli articoli di Andolina sul metodo Stamina
E mette nelle mani del consigliere del Patto civico la prima pagina di un suo articolo appena uscito su una rivista internazionale. Tratta di un solo caso di un bambino malato di Niemann Pick, non contiene grafici ed ha come solo autore il medico triestino. La rivista non ha un impact factor (importante indice di rilevanza negli studi scientifici) e ha un board di revisori fatto pressoché da sconosciuti. È coreana. Andolina aveva già pubblicato un altro articolo su questa rivista, già sottoposta a revisione. Ma poco importa per uno che parla di «salvare delle vite senza troppa burocrazia». In fondo è questo atteggiamento «la negazione della ricerca scientifica», come ha fatto notare sempre il consigliere Ambrosoli.
Stamina
Marino Andolina e Fulvio Porta si conoscono bene. Andolina lo ha ha ammesso: «La scelta di Brescia è colpa mia». Perché in Regione Lombardia durante le due famose riunioni «ci chiedevamo quale fosse la struttura che potesse ospitarci». «Andolina nel nostro ambiente lo conoscono tutti», dice Porta. E spiega l’inizio. Andolina gli telefonò riferendogli di essere «vicepresidente di una Fondazione che al tempo non mi era nota, denominata Stamina foundation e che questa disponeva di un nuovo metodo, sotto brevetto, per il trattamento di pazienti affetti da patologie neurologiche degenerative mediante infusione di cellule staminali mesenchimali, stimolate con un reagente che ne favoriva il differenziamento in potenziali cellule neuronali». Un metodo smontato alla base da un articolo di Nature un anno fa.
Il medico bresciano sostiene poi da avere ricevuto conferme di questi contatti in regione dal direttore generale dell’azienda, il dottor Cornelio Coppini, defunto all’inizio del 2013. Porta afferma che Coppini gli confermò «di avere avuto un colloquio sul punto con la Regione e, dopo avermi chiesto se vi fosse una mia disponibilità a partecipare al progetto, mi chiese di informarmi presso la Direzione generale della sanità per meglio comprendere la eventuale fattibilità». È una data precisa quella fatta da Porta: «Il 20 aprile 2011 in quella sede mi fu riferito che una metodica come quella di cui si discuteva, consistente nella produzione di cellule staminali mesenchimali e nella loro successiva infusione per via endovenosa e intratecale poteva essere applicata in forza della legge Turco-Fazio a casi compassionevoli e previo parere favorevole del comitato etico aziendale». In quella sede poi il dottor Porta conoscerà per la prima volta il patron di Stamina, Davide Vannoni.
Fin qui la ricostruzione di Porta affidata a una memoria scritta poi letta in audizione. Poi inizia una parte fuori dal testo (Porta è uno dei 20 indagati da Guariniello a Torino) e di cui riportiamo trascrizioni dall’audio. Sono le risposte date da Porta alle domande dei consiglieri regionali. Che ha invitato a leggere a integrazione di quanto detto «la deposizione davanti a una Commissione allargata il 23 maggio ai Civili davanti a 25 ‘commissari’ Regione, Iss, Cnt, Nas di Torino, di Brescia, Asl». Linkiesta ha già pubblicato più volte alcuni stralci di quel documento. E a un esame del testo a nostra disposizione non risulta esserci più di queste poche righe.
La prima ispezione dei Nas e Aifa
Esiste dunque un verbale di Porta? Umberto Ambrosoli ha chiesto al presidente della commissione Fabio Rizzi di acquisire il testo integrale dal ministero: l’ispezione del 23 maggio 2012, successiva alla prima ispezione di Nas e Aifa che causò l’interdizione del laboratorio alla produzione di cellule staminali mesenchimali perché non era cell factory e quindi non adeguato a quel tipo di coltura cellulare avanzata (ma non al resto dell’attività di trapianto di midollo osseo), è di natura amministrativa. Sul laboratorio si concentra ancora una volta molta della difesa. Alle spalle del dottor Porta in audizione c’é sua moglie, Arnalda Laffranchi. È lei la direttrice del laboratorio. Molte volte durante l’audizione si avvicina al marito e gli accenna qualcosa: «Sono andato in regione due volte su indicazione del mio Direttore generale perché giustamente la normativa a quel tempo non consentiva di fare quel trattamento presso un laboratorio Glp. Ma gli Spedali Civili – dice Porta – non han mai detto di avere una cell factory».
Ambrosoli chiede a Porta dell’autocertificazione prodotta dai Civili per il laboratorio. Porta risponde: «I Civili non hanno mai detto di avere una cell factory (i laboratori che funzionano secondo standard europei in ambiente di totale sterilità per la produzione di farmaci e di coltura cellulare che richiede manipolazione, ndr). Nell’autocertificazione c’è scritto che noi facciamo i trapianti di midollo osseo (per cui le cellule del sangue vengono prelevate dal donatore e reiniettate nel ricevente, non c’è coltura, ndr). Ora la mia perplessità è che dal 1998 non si possono fare queste cose. Io sono andato in Regione a dire: è vero che si possono fare queste cose? È vero che la legge Turco Fazio le fa fare? C’erano dodici anni di blocco». Sulle autorizzazioni Porta si difende: «Il mio mandato era clinico, io faccio il dottore. Ero stupitissimo, e allora ho voluto essere confortato prima dal mio direttore generale e poi dalla direzione generale della Sanità. Io il brevetto (quello citato nell’accordo di collaborazione 9 giugno 2011) non so nemmeno dove va a finire. Per quello c’è l’ufficio legale dei Civili. Hanno fatto una convenzione. Io sono stato in aprile in Regione, abbiamo infuso il primo paziente in ottobre, sono passati cinque mesi di “parlo con te mando la lettera la mando all’Aifa”. E a quel punto lì è il mio ufficio legale che si occupa di queste cose».
Il medico bresciano rivendica il suo ruolo: «Un brevetto è un brevetto, un investigatore è un investigatore ed io sono il principal investigatore autorizzato a sapere che cosa c’era dentro. Le cellule mesenchimali sono le cellule più importanti che ci sono al mondo per la cura di pazienti oncoematologi che hanno fatto il trapianto. Ci sono almeno dieci protocolli vigenti e attuati anche in Italia per curare la reazione del trapianto di midollo osseo con le cellule mesenchimali. E allora non è che è il veleno di serpente ( riferimento piccato alla prima lettera degli scienziati datata 13 marzo 2013 in cui a questo si equiparava la cura Stamina, ndr), sono cellule mesenchimali». «Ha avuto dei dubbi su cosa stesse infondendo?», chiedono ancora i consiglieri: «Ma scherziamo? Sapevamo perfettamente che cosa infondere, lo sapevamo tutti». Peccato però che il 13 agosto 2013 gli stessi Spedali Civili in una lettera indirizzata alle istituzioni chiederanno di sapere che cos’è il metodo Stamina. I vertici dell’ospedale in cui lavora Fulvio Porta sostengono in due anni di non averlo mai saputo.