Il camper è uno di quelli per andare in vacanza. Ma per trasformarlo in uno studio di consulenza legale itinerante basta poco. Corrado Ferulli, volontario dell’Associazione Villa Amantea, gira la chiave, il quadro si accende e si parte. Accanto a lui due ragazze, Federica Cipolla e Francesca Iacuzzo, con un computer e un iPad per scansionare i documenti. Una scena che si ripete ormai da due anni, ogni mercoledì pomeriggio. Le tappe sono Baranzate e Garbagnate, comuni della cinta milanese dove si raccoglie gran parte dell’immigrazione. Prima si passava anche da Trezzano sul Naviglio, Sesto San Giovanni, Pieve Emanuele e San Donato, dove c’è un continuo via vai di stranieri da e per Milano. Perché l’idea dell’assistenza legale gratuita era partita come servizio agli immigrati. Poi, con la crisi, sul camper sono saliti a chiedere aiuto anche molti italiani che le parcelle degli avvocati non possono permettersele.
L’associazione, nata nel 1983 per combattere la tossicodipendenza, aveva la sua sede nella Villa Amantea di Baggio, quartiere della periferia occidentale di Milano. Dieci anni dopo, l’emergenza non si chiama più eroina. A Milano cominciano ad arrivare i primi immigrati dall’Africa: gli emarginati ora hanno facce che arrivano da lontano. «Tutto è nato quando c’era Italia ’90», racconta mentre guida Corrado, ex dipendente in pensione del museo Leonardo Da Vinci di Milano. «In zona San Siro un lavavetri mi si avvicina e io accelero infastidito. Mentre avanzo, sento che lui mi chiede “scusa”. Metto la retromarcia e gli chiedo: “Ma voi dove dormite?”. Scopro che dormivano in tre in una macchina. Alle 8, quando hanno finito di lavorare, sono passato a prenderli e li ho portati a dormire nella nostra sede». I tre marocchini sono stati i primi immigrati a essere accolti nella comunità. Poi arrivarono le prime esperienze con i problemi legali. «Un aiuto pizzaiolo marocchino nell’affettare la mozzarella si taglia un dito», raccontano. «Il padrone si spaventa e lo licenzia». Grazie all’intervento degli avvocati dell’associazione, il datore di lavoro alla fine venne condannato a nove milioni per risarcimento danni.
Da questa singola causa di lavoro è nato lo sportello legale. Prima fisso, poi mobile, sul camper di Corrado, dopo che l’associazione ha perso la sua sede. L’unica struttura fisica rimasta a disposizione dei volontari ora è quella negli spazi della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone, la stessa in cui svolge i servizi sociali Silvio Berlusconi, dove Villa Amantea gestisce il servizio legale del progetto di accoglienza per 24 rifugiati e richiedenti asilo all’interno del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) finanziato dal ministero dell’Interno attraverso l’Anci.
Ma il loro ufficio resta il camper. Si affiggono manifesti, si distribuiscono volantini per far conoscere il servizio. E il tam tam è partito. Rifugiati, immigrati, persone in fuga dalle guerre e dalle persecuzioni varcano ogni settimana i tre gradini della roulotte. Persone che spesso non conoscono i diritti e doveri nel Paese in cui sono appena arrivati, o che semplicemente ignorano a chi devono rivolgersi per applicarli. «Mentre nel caso di una mano ferita, il paziente sa indicare il male, nel caso di un problema legale non sempre, quasi mai, l’interessato è in grado di saper individuare di quale problema giuridico si tratti», spiegano.E ora a Villa Amantea si rivolgono anche le donne maltrattate, grazie alla collaborazione con l’Asl. «Molte donne straniere arrivate qui tramite il ricongiungimento familiare», racconta Corrado, «non lasciano i mariti anche se vengono picchiate perché se divorzi perdi il permesso di soggiorno. Ma spesso le donne non si presentano proprio, sono soprattutto gli uomini a rivolgersi a noi».
Il camper della associazione “Villa Amantea” (Foto di Lidia Baratta)
La prima tappa del mercoledì pomeriggio è Garbagnate, nello spiazzo del mercato cittadino che il Comune ha concesso all’associazione. Corrado parcheggia all’ombra di un albero. Basta aspettare pochi minuti per veder arrivare una vecchia Panda verde. A bordo ci sono due anziani. L’accento è meridionale: campana lei, pugliese (forse) lui. Erano già stati sul camper la scorsa settimana, e ora tornano per avere aggiornamenti sulla pensione di reversibilità di lei e i contributi non versati di lui. I volontari li fanno accomodare ai tavolini del camper, li ascoltano, prendono i dati, compilano una scheda, e fanno da tramite con diversi studi legali che si occuperanno dei casi. Gratuitamente. Ad aspettare fuori c’è già qualcun’altro: una signora separata dal marito parecchi anni fa, che ha “scoperto” solo ora di non aver realmente divorziato, proprio quando l’ex partner si trova in difficoltà economiche. Poi arriva anche qualcuno che racconta una lunga bega condominiale. «Il problema», raccontano i volontari, «è che qui i volantini sono stati distribuiti soprattutto nei luoghi frequentati da italiani. Così si presentano molti connazionali che in questo periodo di crisi non possono permettersi le spese legali. Chiedono calcoli per l’Inps, questioni relative al mutuo che non riescono a pagare, piccole truffe e altre cose». Alle 17.30 si rimette in moto il camper e si imbocca di nuovo la strada provinciale.
Seconda tappa: Baranzate, il comune più multietnico d’Italia, dove quasi un abitante su cinque è straniero. Si parcheggia in via Gorizia, prima meta degli immigrati meridionali e oggi residenza di un migliaio di immigrati di quasi 70 diverse etnie. Si fa un giro per i negozietti della strada. Federica saluta il macellaio egiziano, che qualche mese fa si è rivolto a lei per compilare il kit postale per il rinnovo del permesso di soggiorno. Parla con tutti, qualcuno chiede di Francesca. Chi più chi meno, in questa via, si è salito sul camper di Corrado: il lavoratore autonomo a cui non hanno pagato i contributi, l’immigrato che ha problemi con la cittadinanza, con l’affitto, con il rinnovo del permesso di soggiorno.
Dalle finestre del camper si vede arrivare un ragazzo senegalese con un berretto in testa. È al telefono con il «fratello Abdul», dice, che ha mandato via email a Federica e Francesca le cartelle esattoriali che gli sono arrivate. Poi ritorna con una bottiglia di tè freddo al limone da offrire ai volontari. Con una cartelletta sotto il braccio, mentre fuori piove, arriva una ragazza dominicana sui 25 anni. Ha firmato un contratto di una palestra per tre anni (sic!), ma non ci è mai andata perché poco dopo ha trovato un lavoro a tempo pieno. Francesca scansiona il contratto della palestra e lo invia all’avvocato, le lascia il bigliettino da visita e le dice che «verrà ricontattata». Seduto al tavolino accanto, c’è un giovane africano con una borsa zeppa di scartoffie. Lo hanno fermato con la patente presa in Senegal, gli hanno sequestrato la macchina, è stato aperto un procedimento penale e gli hanno assegnato un avvocato d’ufficio. Che però si è fatto sentire solo due anni dopo, a conclusione delle indagini preliminari. Ora lui chiede di essere seguito dagli avvocati di Villa Amantea. Glieli ha consigliati una sua amica, dice. Anche perché tra poco gli scadrà il permesso di soggiorno e il ricongiungimento familiare con la moglie e la figlia rimaste in Senegal potrebbe non andare a buon fine. Francesca e Federica segnalano il caso come “urgente” e inviano in fretta tutto il materiale agli avvocati.
Murales in via Gorizia a Baranzate (Foto di Lidia Baratta)
Le storie si accavallano. I documenti scansionati e inviati agli uffici legali si accumulano. A un certo punto si va anche tra un negozio e l’altro alla ricerca degli amici di un ragazzo egiziano con permesso di soggiorno per motivi di giustizia – perché aveva indicato lo scafista che li aveva portati in Italia – poi rispedito in Egitto quando ha chiesto la conversione del documento. «Siamo nati perché il diritto alla difesa purtroppo in Italia non è sempre un diritto», spiega Corrado. «Alcuni possono permetterselo, altri no. E diversi avvocati chiedono molti soldi agli immigrati, più di quanto dovrebbero». Qualche anno fa l’Ordine degli avvocati si era pure fatto sentire, facendo sapere ai volontari di non gradire il servizio gratuito. Ma loro hanno tirato dritto.
Altro problema sono i tempi, sempre più ristretti. Spesso l’immigrato non conosce le leggi e arriva nello studio di un avvocato all’ultimo momento. «Magari bussano alla nostra porta quando la scadenza è per il giorno dopo», dice Corrado. E bisogna stare attenti, perché un «immigrato appena arrivato tende a fidarsi dei suoi connazionali, ed è capitato che qualcuno si facesse pagare per portare i documenti da noi. Per questo sul manifesto abbiamo scritto “avvocato a 1 euro” con l’immagine della moneta, per far capire che noi non chiediamo niente. Il nostro servizio è completamente gratuito». Ma una domanda torna di continuo: «Fino a che punto ti puoi compromettere?». «Lo stabilisci di volta in volta», risponde Corrado. «Se una donna musulmana picchiata dal marito sporge denuncia ma poi sceglie un avvocato consigliato dalla famiglia di lui, noi cosa possiamo fare? O se a un lavoratore immigrato che lavora in una cooperativa di pulizie dicono che ha diritto a quattro settimane di ferie ma gliene danno solo due se no lo licenziano, hai voglia di dire “hai torto” o “facciamo causa”!».