La situazione in Iraq è complessa e fluida, poiché è in atto un tentativo di rovesciamento degli equilibri politici, locali e regionali, che il surge americano aveva solo smorzato e che è ripreso a pieno regime a partire dal 2012.
Protagonista assoluto, ma non unico, di questa violenza è l’Isis, nato dalle ceneri di al-Qaida in Iraq, che si è dimostrato militarmente preparato riuscendo a operare con successo in Siria dove mantiene il controllo della provincia di Raqqa. Tra l’estate del 2012 e quella del 2013 ha condotto una serie di attacchi alquanto complessi (autobombe in coordinazione con gruppi di fuoco, armati sia con armi leggere sia con lanciarazzi, e attentatori suicidi) con il duplice scopo di liberare dalle prigioni elementi addestrati dell’insorgenza irachena per integrarli nei propri ranghi e di colpire ripetutamente il governo centrale per destabilizzarlo e delegittimarlo. A giudicare dalle recenti operazioni entrambi gli scopi sono stati raggiunti.
L’evoluzione del gruppo
L’offensiva iniziata il 5 giugno non ha colto di sorpresa gli esperti (l’Isis controllava già dall’inizio dell’anno in modo più o meno stringente la provincia di al-Anbar), ma probabilmente ciò che ha maggiormente colpito è sia la direttrice d’attacco scelta (verso nord e Mosul per poi dirigersi a sud in direzione della capitale) sia le indubbie capacità operative del gruppo che malgrado la scarsa resistenza opposta dall’esercito regolare ha comunque mostrato organizzazione, compattezza e visione strategica. Non va infatti dimenticato che l’Isis si è impossessato dei vari aeroporti in modo da degradare il più possibile le possibilità d’impiego dell’aviazione a livello tattico.
Al momento l’avanzata è alle porte di Baghdad: a ovest l’Isis controlla Falluja (70 km dalla capitale) e il 16 e 17 giugno si sono registrati forti scontri nei pressi di Baquba a circa 60 km a nord-est di Baghdad. Il campo di battaglia rimane però fluido, come dimostrano due esempi. Il 16 giugno si registrava la morte di 200 miliziani a seguito di un attacco aereo dell’esercito regolare nella provincia di al-Anbar, mostrando al contempo come quell’area non sia completamente sotto il controllo dell’Isis e come l’esercito e l’aviazione riescano ancora a operare. Il 17 giugno fonti ufficiali dell’esercito iracheno hanno dichiarato di avere il controllo di gran parte dell’area di Tal Afar nel nord, il che indica che esistono ancora sacche di resistenza piuttosto ampie.
Il tema però del controllo del territorio è centrale per due ragioni. Primo, l’Isis in questo momento ha superato una fase fondamentale di tutti i gruppi insorgenti della storia, ovvero sta passando da un gruppo di miliziani dediti ad azioni più o meno sporadiche di guerriglia e terrorismo, a un’organizzazione che, invece, deve controllare e amministrare lo spazio che ha conquistato. Inoltre il gruppo deve passare da una guerra di pura mobilità e di sorpresa a una tipologia di scontro più tradizionale, statico e simile a uno scontro frontale (che però non preclude del tutto la mobilità e attacchi terroristici) e in cui la sorpresa viene ormai a mancare.
Abilità sul campo
L’Isis ha acquisito molta esperienza sul campo sia in Iraq sia in Siria e ha conquistato grandi quantità di armamenti, ma è altresì vero che esso non è l’unica forza in campo visto che è appoggiato da Jaysh Rijal al-Tariqa al-Naqshabandiya, da Ansar al-Sunna e dalle tribù sunnite. Questi gruppi però hanno vari e diversi obiettivi politici che sul lungo periodo potrebbero rappresentare un limite alla solidità del fronte sunnita, specie nel caso di una reale e duratura presa del potere. Inoltre l’Isis, così come il suo predecessore al-Qaida in Iraq, è purtroppo noto per la sua estrema violenza contro la popolazione, pregiudicandone dunque il suo appoggio e la sua fedeltà. Ciò rappresenta un grosso limite per un movimento che si rivolge proprio alla popolazione locale sunnita. Un problema a carattere più militare è, invece, la difficoltà di combattere su più fronti, essendo l’Isis attivo su tre: uno rivolto verso Baghdad, uno in Siria (altrettanto sfaccettato e fluido di quello iracheno) e uno possibile a nord con il confronto con i Peshmerga curdi che faranno di tutto per difendere il loro territorio e la città di Kirkuk.
Uno dei video di propaganda pubblicati dall’Isis per “conquistare” il favore della popolazione locale
La seconda ragione che spiega l’importanza di capire quanto l’Isis riesca realmente a controllare il territorio conquistato riguarda proprio quest’ultimo. Innanzitutto, l’Isis ha scardinato il Medio Oriente per come esso era stato ripensato alla fine della Prima guerra mondiale. Avendo in mano territori sia in Siria sia in Iraq ha di fatto cancellato il confine tra i due Paesi (che nel suo progetto politico nemmeno esistono). In questo senso deve essere letta l’importanza strategica di città come Mosul, Tal Afar e Qaim, esse rappresentano snodi logistici fondamentali per mettere in comunicazione le due regioni. Bisogna però sottolineare che le forze regolari irachene mantengono il controllo dello spazio aereo, sono state in grado in questi giorni di lanciare alcune operazioni offensive e d’inviare rinforzi con ponte aereo sia a Tal Afar sia nei pressi Baiji.
Autonomia di finanziamento
Il controllo del territorio porta ovviamente con sé quello delle risorse, poiché nei giorni scorsi si è aspramente combattuto per la raffineria di Baiji (poco più a nord di Tikrit), una delle più grandi di tutto l’Iraq, capace di produrre circa un quarto del petrolio iracheno, e al momento circa il 75% dell’installazione è probabilmente sotto controllo dell’Isis. Non va inoltre dimenticato che poco più a est si trova la città di Kirkuk, da sempre oggetto del contendere tra sunniti e curdi, che a sua volta è situata in un’area ricca di petrolio come tutta la zona caduta nella mani dell’Isis. Se quest’ultimo riuscisse a sfruttare tali risorse avrebbe in mano enormi capacità economiche per autofinanziarsi, indebolendo notevolmente il governo di Baghdad. Le risorse petrolifere potrebbero anche non servire all’Isis nel breve periodo, visto che a Mosul ha rubato 425 milioni di dollari dalle banche (un proiettile di Ak47 a Baghdad costa circa 2 dollari) e che nel corso degli ultimi giorni ha conquistato basi militari, aeroporti, stazioni della polizia che ovviamente contenevano enormi quantità di materiale militare (in particolare i mezzi della seconda divisione di stanza a Mosul e le sue armi).
Le capacità militari che l’Isis ha mostrato negli ultimi giorni e queste risorse finanziare devono dunque far riflettere sulle sue possibilità di resistenza ed eventualmente di espansione.
Articolo di Andrea Beccaro, già docente a contratto di Relazioni internazionali e autore di La guerra in Iraq, il Mulino