Pizza Connection«No ai mondiali in Brasile, ma tifo lo stesso»

«No ai mondiali in Brasile, ma tifo lo stesso»

Suo padre, Vincenzo, è originario di Trecchina, provincia di Potenza, 2.377 abitanti, 500 metri sopra il livello del mare. La madre, Caterina, è invece di Alessandria. Lui, Walter d’Agostino, fresco presidente della società sportiva Flamengo, una delle più antiche e seguite in Brasile, è nato invece a Petròpolis, cittadina dello stato di Rio de Janeiro a circa 70 chilometri dalla città del Maracanà.

Studia giurisprudenza in Brasile e si laurea diventato prima procuratore dello Stato di Rio de Janeiro e poi giudice della Corte di Cassazione fino al 2005. Dopo trentatre anni in magistratura e una cattedra in diritto civile all’Università di Rio, Walter d’Agostino va in pensione e si dedica completamente alla passione per il calcio e per il Flamengo. Società sportiva tra le più antiche e titolate del Brasile, che ha dato al calcio europeo e internazionale campioni come Zico e Junior. «Su 200milioni di abitanti  40milioni tifano Flamengo», racconta orgoglioso. Dopo gli anni da vice-presidente d’Agostino ha battezzato la nomina a presidente (succede a Eduardo Bandeira) con la vittoria della squadra rossonera di basket nella massima serie brasiliana.

Raggiunto da Linkiesta d’Agostino, ora presidente di uno dei club più importanti del Brasile e che questa serà sarà presente all’Arena Corinthians di San Paolo in occasione del match inaugurale tra i padroni di casa e la Croazia, ha raccontato la sua passione per il calcio, ma anche le sue impressioni riguardo l’assegnazione del mondiale: «non sono mai stato d’accordo a disputare qui il torneo, i soldi potevano essere spesi per fare scuole e ospedali, ora che c’è però può essere una buona occasione di rilancio che va sfruttata».

Partiamo dal cuore del mondiale e casa del Flamengo calcio: lo stadio Maracanà, restaurato in occasione del torneo. Come lo sfrutterà la società? Ci saranno benefici e ritorni anche in termini economici per il Flamengo?
In passato il Maracanà aveva una capacità di 100mila spettatori, mentre il nuovo impianto potrà ospitarne 80mila. La società ha fatto un accordo per utilizzare lo stadio come fosse proprio nelle partite casalinghe, negli altri casi invece incassiamo il 50%, ma i benefici non sono granché in realtà perché le spese sono altissime, anche se quando si superano i 50mila spettatori il risultato economico inizia a essere soddisfacente.

In Europa alcuni club, anche grazie all’arrivo di sceicchi e investitori stranieri, sono diventate vere e proprie potenze economiche. Secondo lei il calcio brasiliano può diventare “potenza economica”? Lo sta già diventando? Oppure è uno scenario che al momento non esiste?
Non credo possibile che un club brasiliano in questo momento possa diventare una potenza economica. Qui i club non sono gestiti come delle vere e proprie aziende come accade per esempio in alcune società sportive europee. Finchè non avverrà questa trasformazione i club in Brasile non diventeranno mai potenze economiche. C’è invece grande business attorno ai singoli giocatori vista l’esistenza di fondi e banche che acquistano i cartellini dei vari giocatori e ne gestiscono di fatto il mercato. Certo è che in questo momento il nostro calcio sta attraversando un periodo economico difficile: solo nello stato di Rio ci sono quattro società di caratura nazionale e internazionale come Flamengo, Fluminense, Botafogo e Vasco da Gama, che addirittura oggi si trova in Serie B, e tutte hanno un grosso problema di debito e spesso diventa difficile anche pagare le spese e i giocatori.

Il Flamengo non vive di solo calcio. Recentemente ha vinto il titolo nazionale nella pallacanestro. Quali sono i suoi piani per il Flamengo del futuro?
Ovviamente i progetti sono quelli di vincere in tutti gli sport a cui partecipano le nostre squadre. In questo momento andiamo forte nella pallacanestro e ci godiamo la vittoria del titolo nazionale, mentre il passato, sempre nel basket, siamo stati campioni continentali e per nove volte campioni dello stato di Rio de Janeiro. Insomma, qui si lotta per essere sempre al meglio.

Il suo Flamengo ha dato tanti giocatori, di cui lei è ancora amico, alla nazionale e al calcio Europeo
Mi vengono in mente calciatori come Joel, Dida, Zagalo, e soprattutto Zico e Junior che sono miei amici, in particolare Junior che ha giocato in Italia nel Torino e che oggi fa il commentatore per la tv brasiliana.

Qualcuno di loro ci ricorda il mondiale del 1982 e il classico Italia-Brasile
Nel 1982 abbiamo avuto una delle squadre più forti di tutti i tempi, ma Paolo Rossi fece finire tutta l’allegria con cui andammo ad affrontare il mondiale in Spagna. Allegria che, mi spiace per voi, ci siamo ripresi con gli interessi nel 1994 nel mondiale statunitense dopo i calci di rigore in finale.

Arrivando al mondiale di oggi: non tutti sono d’accordo qui in Brasile
Molti non sono d’accordo, e io sono tra questi. Credo che il denaro si sarebbe potuto spendere in altro modo, per esempio facendo infrastrutture di cui il Paese ha bisogno come gli ospedali, le scuole, o impiegarlo per una maggiore sicurezza dei cittadini. In più c’è stato anche un problema enorme di sprechi e ruberie: un esempio su tutti il Maracanà, che alla fine dei lavori è costato circa il doppio dei 750mila dollari di partenza. Personalmente, ripeto, non sono d’accordo sul mondiale in Brasile, ma visto che ormai non si può più tornare indietro andiamo a fare il tifo.

Che prospettive ci sono per il Paese? Il mondiale potrebbe rappresentare un’occasione di rilancio?
Guardi, il Brasile è una terra meravigliosa, anche se gli ultimi due presidenti, Lula e Dilma Rousseff e i loro partiti, sempre secondo il mio parere, hanno fatto di tutto per mettere in difficoltà i brasiliani. In particolare la povera gente che è stata sistematicamente imbrogliata dalle loro promesse. Per quanto riguarda il mondiale, sì, potrebbe essere una buona occasione da sfruttare e di rilancio, ma questo si vedrà solo al termine del torneo quando tutto tornerà alla normalità

Un pronostico sportivo per il mondiale?
Fare un pronostico non è mai facile, ma io scommetto sul mio Brasile campione. Quasi tutti i convocati giocano in Europa, e questa è una ulteriore garanzia di qualità della nostra squadra. In più, giocando quasi tutti in Europa, conoscono bene i loro avversari e questo non può che essere un vantaggio. Insomma, forza Brasile!

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