La Nazionale è in fila ad ascoltare l’inno italiano, come da prassi. La telecamera sfila piano e li inquadra uno ad uno. C’è Claudio Marchisio, il bello del gruppo che spopola su Twitter. C’è Daniele De Rossi, l’altro prediletto dalle donne, occhi chiari e barba incolta. C’è Mario Balotelli, con la sua cresta e le spalle larghe come il campo di calcio. Poi, la telecamera si ferma su un ragazzo dai lineamenti duri. Anziché nascondere la calvizie, i capelli rimasti nono sono stati rasati, ottenendo quello che potremmo definire una sorta di “Effetto Cambiasso”.
Gabriel Paletta, difensore oriundo del Parma, sembra c’entrare poco con questo gruppo. Non lo ammetteremmo mai, ma se giochi male e non sei nemmeno bello, è più facile tirarti le pietre. Ecco. Pronti via, e Paletta sembra già in debito d’ossigeno. Sarà per il caldo, sarà per l’umidità, sarà perché il ct inglese Roy Hodgson ha messo in campo saette come Raheem Sterling e Daniel Strurridge. Fatto sta che l’italo argentino appare in difficoltà. Così, due minuti dopo il gol di quel bel (e forte, eh) ragazzo di Marchisio, l’Inghilterra pareggia e il bruttino (e arrancante) Paletta è in ritardo nel chiudere l’attaccante.
L’Italia poi vincerà 2-1, ma se la cosiddetta opinione pubblica sorvolerà su alcune pecche nel gioco complessivo degli Azzurri, nessuno pare disposto a perdonare nulla al nostro numero 20. E proprio da questo erano partiti i primi sfottò. Quando Cesare Prandelli aveva deciso di tagliare Giuseppe Rossi dai 23 mondiali, sui social era partita la battuta: in Brasile hanno tirato un sospiro di sollievo quando non hanno visto un altro Rossi con il 20, scelto invece dal nostro oriundo.
Lo sfottò è proseguito, fatale, durante e dopo la partita di Manaus. Basta fare un giro su Facebook, dove la sola pagina “Paletta per favore tagliati i capelli” ha superato i 5mila like. Ed è stata creata il 14 giugno, giorno della partita. Non che la stampa italiana ci sia andata più leggera. Mentre i giornalisti inglesi si chiedevano «Darmian who? », sorpresi nel vedere il terzino del Torino titolare all’esordio assoluto al Mondiale, i colleghi italiani si domandavano «Paletta è più forte di Ranocchia?». La Gazzetta dello Sport non ha avuto dubbi, stroncando la prestazione del difensore del Parma con un 4,5 in pagella: «Paletta verde, nel senso che gli attaccanti inglesi vanno come treni e lui li fa passare tutti. Sbaglia appoggi facili, viene saltato, dribblato, rosolato. C’è da augurarsi che De Sciglio guarisca in fretta e che in mezzo si ricomponga la coppia Barzagli-Chiellini. Possibile che non ci siano centrali migliori?».
Eppure, all’esordio in azzurro nell’amichevole di marzo contro la Spagna, Paletta era stato uno dei pochi a salvarsi in una sconfitta che aveva gettato ombre sulla condizione dell’Italia. Il difensore ci aveva messo il fisico, aiutato dall’esperienza di Barzagli, per fermare gli iberici e convincendo gli addetti ai lavori su un suo possibile utilizzo in un calcio sempre più abituato alle “sportellate”. Il ct, dopo la gara persa 0-1, aveva detto: «Paletta la nota più bella della serata». In poco più di 3 mesi, le cose sono cambiate: la Spagna ha preso 5 pere dall’Olanda (lo avreste creduto, a marzo?) e Paletta è stato tra i peggiori in campo. La scelta di Prandelli aveva già alla vigilia fatto alzare il sopracciglio a qualcuno. Ma non sembrava tecnicamente una cattiva decisione. Perché in fondo i maestri inglesi giocano con il fisico e lì davanti c’è un carro armato come Rooney. Invece Hodgson, in un lampo di lucidità, ha messo attorno a Rooney dei fulmini che hanno messo in difficoltà Paletta.
Il nostro difensore è uno che fino ad oggi ha spesso deluso dopo aver promesso molto. Nel 2005 fu campione del mondo Under-20 con la Seleccion. Giocò tutte e 7 le partite del Mondiale, ma mentre di quella generazione gente come Messi ha avuto accesso alla nazionale maggiore, Paletta ha dovuto fare appello alle origini calabresi del bisnonno per poter uscire dal guscio di una giovanile. Abbracciando così l’azzurro, visto che l’Argentina non lo chiamava più.
Nel 2006, Rafa Benitez lo volle dal club argentino Banfield al Liverpool. Di lui, disse: «Paletta è molto duro ed è esattamente il tipo di giocatore di cui avevamo bisogno che si troverà bene in Premiership. Ho lavorato sui difensori argentini nel Valencia: Paletta assomiglia più a Roberto Ayala che a Mauricio Pellegrino. Se facciamo il paragone con il Liverpool, lui assomiglia più a Jamie Carragher che a Sami Hyypiä. Questo è un bene perché così abbiamo un certo bilanciamento nello stile dei difensori». Un anno dopo, Paletta era già valigia in mano per il viaggio di ritorno in Argentina.
Nel Boca Juniors vari problemi fisici lo tengono lontano dal campo, soprattutto la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, che gli fa saltare anche il passaggio in Italia, al Palermo. Nel 2010 arriva comunque in Serie A, al Parma. Dove si riprende fisicamente ed arriva all’azzurro. Fino alla nuova delusione, contro gli inglesi. Difficile credere che il suo Mondiale possa continuare. Una cosa però è certa: i suoi capelli, in tutto questo, c’entrano poco. Quando non si rasava, Cambiasso era forte lo stesso.