«Appena cinque scottature nei primi venti anni di vita possono aumentare il rischio di sviluppare tumore della pelle in età adulta». Lo riporta un lavoro pubblicato su Cancer Epidemiol Biomarkers Prevention da alcuni ricercatori del Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School, finanziato con sovvenzioni dal National Institutes of Health. I ricercatori attraverso l’utilizzo di questionari, hanno valutato l’associazione tra alcuni potenziali fattori di rischio di cancro della pelle in una coorte di circa 110mila donne, per oltre 20 anni. Trovando che le donne che durante l’adolescenza avevano riscontrato cinque o più scottature (con vesciche) avevano l’80% di probabilità in più di sviluppare il melanoma (la forma più aggressiva di cancro della pelle), rispetto a quelle che non avevano mai subito scottature. Si tratta però di uno studio di coorte osservazionale, che può fornire indicazioni sul rapporto esistente tra un fattore di rischio e lo sviluppo di una malattia, ma non può dimostrare che l’esposizione a quel fattore causi la malattia.
«Non è così automatico che dopo cinque scottature tra i 15 e 20 anni si incrementa il rischio di sviluppare un melanoma dell’80%»
Lo stesso Alessandro Testori, direttore della divisione melanomi e sarcomi muscolo cutanei dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) spiega a Linkiesta che sono notizie da prendere un po’ con le pinze, spesso enfatizzate dalla stampa. «Non è così automatico che dopo cinque scottature tra i 15 e 20 anni si incrementa il rischio di sviluppare un melanoma dell’80 per cento. Quello che sappiamo è che senz’altro un’eccessiva esposizione solare nei primi venti anni di vita può manifestarsi un domani con un invecchiamento precoce della pelle, e con un possibile sviluppo di tumore. Abbiamo documentato che durante l’adolescenza si acquisisce il 70% di tutta l’esposizione solare della nostra vita, quindi l’educazione nel ridurre gli eccessi nei primi anni di vita è fondamentale. Nei primi quindici è una responsabilità dei genitori, nei cinque seguenti della corretta comunicazione che riusciamo a far arrivare ai giovani».
Testori continua a spiegare che lo studio citato si basa in realtà su interviste fatte anni dopo rispetto a quando si è verificato l’episodio, e per questo motivo la memoria di ciò che accade può anche essere molto differente da quella che fu la realtà. Per avere informazioni più solide servirebbe in realtà uno studio clinico prospettico e non retrospettivo che segua migliaia di adolescenti per anni, giorno per giorno, per vedere l’effetto dell’esposizione al sole, tenendo sempre conto anche di altri fattori. «A quel punto dopo venti anni puoi dire che tipo di tumore hanno sviluppano e fare ipotesi sulle cause».
Lo studio del Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School ci dà però anche qualche indicazione importante. A iniziare dal ruolo che può avere una scottatura che presenta vesciche, indice comunque di un errore, e che l’esposizione al sole non è stata corretta. «Sono aspetti correlati a come la pelle ha reagito al raggio ultravioletto» continua Testori. «E pensare che qualche lampada prima di andare al mare possa ridurre questo rischio è sbagliato, anzi, anche questo è un fattore cancerogeno ben documentato. Io sono del parere che l’abbronzatura deve avvenire in maniera naturale e non artificiale e debba essere graduale senza demonizzare il fatto di andare al mare e prendere il sole. Basta esporsi con gradualità e una necessaria protezione, che deve essere molto più importante nei primi giorni di esposizione che non dopo una decina di giorni».
Quello che i ricercatori sanno finora con certezza, è che l’esposizione al sole può potare a diversi tipi di tumori della pelle. Il melanoma, che è il meno frequente ma anche il più pericoloso (perché porta a metastasi), causa il 95% delle morti per tumore della pelle, ed è tipico delle persone che si espongono al sole solo durante le vacanze o in fase ricreativa, ma che per il resto del tempo vivono praticamente al riparo dai raggi solari. Il basaglioma invece è molto più comune del precedente e colpisce una persona su due nella vita. È direttamente correlato alla quantità di sole che una persona acquisisce nella vita, ed è comune nelle persone che sono quasi quotidianamente esposte ai raggi solari, come marinai o contadini. Generalmente si guarisce da questo tipo di tumore a meno che non sia curato male o trascurato dal paziente, ma è raro che siano mortali. «Noi oggi sappiamo anche che esiste un’importante correlazione tra lo sviluppo di melanoma e l’esposizione al sole nei primi anni di vita» aggiunge Testori. «Più un ragazzino si espone al sole durante le vacanze più aumenta il numero di nei sulla pelle e più questi aumentano più abbiamo visto che aumenta il rischio di melanoma».
Svelato il meccanismo molecolare con cui i raggi ultravioletti danneggiano il Dna delle cellule e innescano lo sviluppo del tumore
Una cosa che invece non si sapeva fino a poco tempo fa, è il meccanismo molecolare con cui i raggi ultravioletti danneggiano il Dna delle cellule e innescano lo sviluppo del tumore. Lo ha rivelato di recente uno studio pubblicato su Nature, condotto da alcuni scienziati dell’Università di Manchester che hanno esaminato gli effetti della luce ultravioletta sulla pelle dei topi a rischio di melanoma. I ricercatori hanno così scoperto che i raggi solari danneggiano il gene p53, coinvolto nella protezione del corpo dagli effetti dovuti a un danneggiamento del Dna. I risultati hanno poi dimostrato come la crema solare in parte protegga i topini dal danno del Dna, e ritardi lo sviluppo del tumore, ma non lo eviti del tutto. Oltre l’importanza dal punto di vista scientifico, lo studio rivela che in realtà la crema solare da sola non basta.
In Australia da alcuni anni si usano degli indumenti particolari con una protezione ai raggi ultravioletti
«Tant’è che in Australia da alcuni anni si usano degli indumenti particolari con una protezione ai raggi ultravioletti (non delle semplici t-shirt, che anzi se bagnate possono anche fare peggio)» conclude Testori. I ragazzi australiani usano questi indumenti sia per proteggersi dalle meduse (che sono molto pericolose anche mortali in quelle acque) sia dai raggi solari. Lì infatti c’è il più alto tasso di incidenza di melanoma, con 40 casi ogni 100 mila abitanti, contro i 15 italiani e 18 nel Nord Europa. Valore che non si può che spiegare con un’eccessiva esposizione al sole per una popolazione dalla carnagione molto chiara, non adeguata a vivere in un’aera geografica dove il sole ha un così forte impatto. «Dopo anni di crescita oggi finalmente l’incidenza dei tumori della pelle si è stabilizzata, grazie anche a una forte campagna di sensibilizzazione e la diffusione di strategie come quella citata prima. Se l’incidenza dovesse diminuire ancora nei prossimi anni, sarà una verifica finale sul ruolo del sole nello sviluppo del tumore in età adolescenziale».
Per il resto, i trucchi per stare al sole sereni sono sempre gli stessi: crema solare adeguata o abbigliamento fotoprotettivo, e stare al riparo quando il sole è più forte.