Stasera al Maracanà ci sarà la finale dei Mondiali. Argentina e Germania (a dispetto di chi voleva il Brasile) hanno dalla loro parte qualità diverse e complementari: da una parte la genialità del singolo (ad esempio Messi, che da solo ha risolto più partite) e dall’altra l’organizzazione tattica regolare ed efficiente. Insomma, se la sono meritata.
Si è detto già tanto di come i due assetti rispecchino l’anima dei due Paesi (come se esistesse l’anima di un Paese), cioè di come l’Argentina, con un uno spirito un po’ all’italiana, si affidi all’abilità di cavarsela dei singoli, cerchi la giocata vincente nel momento del bisogno e spesso la trovi. La Germania, invece, in campo pianifica la strategia, costruisce un’azione offensiva disciplinata e regolare, privilegia la coralità. Ma non solo: fuori, con una visione di ampio respiro, educa e cresce i giovani con strutture all’avanguardia, coltiva il talento e l’organizzazione, crea il suo successo nel tempo. Non a caso arriva sempre nella fase finale dei Mondiali.
Si è detto anche di come la partita sia una sfida anche tra due papi (ed è eccezionale che ce ne siano due, del resto), Ratzinger e Bergoglio, l’emerito e l’ufficiale, il tedesco e l’argentino (Papa Francesco era stato già chiamato in causa, lui e i suoi superpoteri, in occasione del palo di Dzemaili, tanto imprevedibile e sfortunato che sembrava espressione di una volontà soprannaturale – ma anche Baggio, per spiegare il suo rigore sbagliato, tirò in ballo il fantasma di Ayrton Senna). È divertente pensare che la sorte del Mondiale si decida in Vaticano, e che i due pontefici si trovino, stasera, a guardare la partita, e che magari lancino qualche (moderata) bestemmia. Divertente, ma fasullo. Bisogna liberarsi da queste retoriche.
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Il calcio è già bello di per sé, la finale un evento unico, le due squadre composte da giocatori eccezionali che club ricchissimi non potrebbero permettersi di far giocare tutti insieme. Uno spettacolo meraviglioso. E allora perché arricchire di mitologie, racconti, sfide tra le sfide il racconto di una storia che è già perfetto? In questo Mondiale abbiamo visto tante cose: la squadra di casa eliminata e umiliata per sempre; gli italiani che se ne vanno con disonore e scoprono di essere razzisti; il tramonto della Spagna e del Portogallo; l’ennesima conferma che l’Inghilterra abbia inventato il calcio ma non abbia mai imparato a giocarci; il boom dell’Olanda, l’avanzata degli Usa, la passione dell’Iran.
E allora, se stasera la Germania si scopre disorganizzata e si affida al genio di Miro Klose, ad esempio, e l’Argentina scenderà in campo solida e granitica ma senza fantasia, ecco, noi saremmo contenti. Perché la palla è rotonda, il calcio è imprevedibile: assurdo e matto, mette alla berlina tutte le statistiche e le previsioni, gli schemi tattici barbosi e le aspettative moderate di un pubblico moderato. Il calcio è ribelle, creativo e dolce. Ed è per questo, aldilà di ogni retorica, che ci piace così tanto.