Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.
La superficialità costituzionale della ministra Boschi
A riprova della sua superficialità costituzionale, il ministro delle Riforme istituzionali Maria Elena Boschi ha annunciato che il governo chiederà il referendum sulla riforma del Senato. Nonostante le capriole interpretative di troppi giuristi di riferimento (di corte?), l’articolo 138 della Costituzione non contempla la possibilità per il governo e neppure per la maggioranza di chiedere un referendum costituzionale. Possono chiederlo, se lo desiderano, purché la riforma non sia stata approvata dai due terzi dei parlamentari, un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori, cinque Consigli regionali. I referendum chiesti (imposti?) dai governi si chiamano plebisciti.
Gianfranco Pasquino, Corriere della Sera 26 luglio
Troppe poche 800mila per chiedere un referendum
Gli oppositori della riforma del Senato parlano di attentato alla democrazia perché, fra l’altro, si intende aumentare a 800mila il numero delle firme necessarie per presentare la richiesta di un referendum. Sembrano molte, ma se pensiamo che gli elettori italiani sono 50 milioni, l’attuale limite di 500mila firme corrisponde a meno dell’uno per cento. Per esempio, se fosse possibile richiedere referendum nei Comuni, vorrebbe dire che in una città con 100mila abitanti basterebbero meno di 900 firme per costringere i cittadini a spendere soldi per referendum forse cavillosi o inutili. L’Italia ha conosciuto la stagione dei referendum; poi si è abusato: in una circostanza anche con 13 schede! A mio parere se un problema merita la partecipazione elettorale dei cittadini dovrebbe essere accompagnato almeno da due milioni di firme: solo cosi ci liberiamo dei mestieranti dei referendum.
Cenzo Vargiu, Corriere della sera 27 luglio
Ma quanti errori nei testi ministeriali della preselezione
Ho 25 anni (e mezzo), mi sono laureata in Filologia, Letteratura e Storia dell’antichità all’Università degli Studi di Milano. La scorsa settimana ho sostenuto le prove di preselezione del Tfa, il Tirocinio formativo attivo per l’insegnamento. Ho partecipato più incuriosita che determinata a passare. Però, alla fine, mi è venuto lo stesso il magone. L’iter previsto è assurdo: la laurea specialistica non basta, e solo chi riesce a frequentare il Tfa, un altro anno di (cara) università, potrà partecipare a un concorso per entrare in (fondo alla) graduatoria. Il Ministero dell’istruzione avrebbe potuto almeno riguardare i testi delle prove per evitare refusi ed errori ortografici del tipo «un unione (sic) commerciale». Per non parlare del modulo da compilare online, in cui si deve indicare la provincia di appartenenza: Monza e Brianza non è contemplata, il mio Comune di residenza risulta ancora sotto a Milano. Tra i banchi ho visto con dispiacere scopiazzature e mezzucci per barare, «perché alla fine il Tfa garantisce un posto sicuro». Non la pensano tutti così, per fortuna: e sono questi gli insegnanti appassionati e colti che vi auguro incontreranno i vostri figli.
Giulia Santambrogio, Corriere della Sera 28 luglio
Nessun italiano nella “Casa della storia europea”
A Bruxelles fervono i lavori per completare la Casa della storia europea, il museo voluto dal Parlamento Ue per dare ai visitatori l’opportunità di sapere di più sulla storia europea, per facilitare la discussione sull’Europa e sul processo d’integrazione. Per realizzare la struttura che sarà inaugurata nel 2015, il Parlamento Ue ha stanziato 56 milioni (31 milioni per ristrutturare l’edificio, 15,4 per gli allestimenti, 6 per le esigenze del multilinguismo, 3,7 per acquistare gli oggetti da esporre, mentre costerà 11,5 la gestione annuale). Fino alle elezioni europee, sul sito della “Casa della storia europea” era pubblicato l’elenco dei componenti degli organi direttivi, tra i quali non compariva nessun italiano. Considerato che l’Italia è ed è stata tra i principali protagonisti della storia europea, che tra i padri fondatori dell’Unione spiccano, per il ruolo preminente nella genesi del progetto dell’unificazione, Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli e che il museo è realizzato anche con risorse provenienti dai contribuenti italiani, perché negli organi direttivi e scientifici della “Casa della storia europa” non ha trovato posto almeno una autorevole personalità della cultura italiana? Che può fare il premier Renzi, durante il semestre di presidenza italiana, per rimediare all’umiliante situazione?
Giancarlo Di Nunzio, Corriere della sera 28 luglio
Giustizia razzista nei reati legati alla droga
Uno degli elementi che hanno spinto all’appello lanciato dal New York Times in favore della legalizzazione della marijuana è lo studio secondo il quale, pur facendone un uso quantitativamente simile, neri e bianchi statunitensi vengono arrestati in misura diversa per fatti legati alle droghe. I primi vengono fermati più spesso e vengono condannati a pene più severe. Qualcosa di simile avviene anche da noi: le prigioni nostrane pullulano di immigrati fermati per reati di spaccio: la criminalità organizzata sfrutta infatti una manovalanza di immigrati irregolari. Legalizzare le droghe — che non significa liberalizzarle — sarebbe dunque un enorme passo avanti anche per noi.
Enrico Clamori, Corriere della Sera 29 luglio
Sul lavoro si continua a morire. Nel disinteresse della politica
La penisola del lavoro è una lunga striscia di sangue: i due lavoratori di 42 e 44 anni morti oggi (ieri, ndr) ad Aprilia ce lo ricordano. In un Paese normale le misure di prevenzione individuali e collettive sono un valore sociale su cui investire, nel nostro no. Siamo — lo dice la nostra Costituzione — una «Repubblica democratica fondata sul lavoro»: ma in nome del risparmio, della crisi che morde, della concorrenza al ribasso, della deregolazione delle norme per togliere lacci e lacciuoli alle imprese sono un «costo da tagliare». La buona politica deve — o dovrebbe — occuparsi anche di questo.
Claudio Gandolfi, Corriere della Sera 29 luglio
La politica dell’ostruzionismo ti fa desiderare l’uomo forte
Appena terminata la lettura della Stampa, in questi giorni, non posso celare il mio risentimento nei confronti della classe politica ( o meglio, parte di essa) che continua a non capire le necessità di noi cittadini. In una settimana in cui, a titolo esemplificativo, per potere eseguire un lavoro da poche centinaia di euro ho dovuto perdere mezza giornata di lavoro d’ufficio per predisporre le decine di pagine di documenti necessari per accedere allo stabilimento ed essere in regola con le norme della sicurezza, in cui per poter inviare all’agenzia delle Entrate un documento statistico obbligatorio e, secondo me del tutto inutile, oltre alle numerose ore di lavoro necessarie per predisporlo, ho impiegato (insieme allo studio commercialistico che ci segue) almeno altre due giornate, tra ricerche, errori, numeri verdi e tagliole perditempo varie, proprio in questa settimana, dicevo, assisto alla incredibile perdita di tempo del nostro parlamento su un tema, come quello della riforma del Senato, intorno al quale la stragrande maggioranza dei cittadini non comprende la necessità di ricorrere a tutti questi distinguo e, soprattutto, a tutto questo ostruzionismo dilatorio. Su questa strada finirà che anche i sinceri democratici, come ritengo di essere, auspichino l’avvento dell’uomo forte, ipotesi che mi fa davvero venire l’orticaria.
Claudio Pozzi, La Stampa 29 luglio