Ci hanno provato in tanti a trovare riferimenti reali nel mondo fantastico creato dalla mente di George R.R. Martin: Slate, Salon, Business Insider per fare giusto qualche esempio. Ognuno di loro, tuttavia, quei riferimenti li ha trovati nella storia: dalla “war of roses” che ha contrapposto York (Stark) e Lancaster (Lannister), ai wildlings (i bruti, nella versione italiana) così simili ai vichinghi, ai Dothraki nomadi e sanguinari quanto gli Unni, sino alle “città libere” di Essos (il continente orientale), ispirate alla Serenissima Repubblica di Venezia (Braavos) o alla Costantinopoli capitale dell’Impero Romano d’Oriente (Qarth).
Tutti, in altre parole, hanno provato a compiere il percorso a ritroso, dalla fantasia di Martin alle realtà storiche che l’hanno ispirato. Noi abbiamo provato a fare il percorso opposto e ci siamo chiesti se e come la realtà del Trono di Spade possa raccontare, in qualche modo, il mondo, gli Stati, le crisi che stiamo vivendo oggi.
Un paio di avvisi ai naviganti. Il primo: è un gioco e in quanto tale non va preso troppo sul serio. Il secondo, più importante: di fatto, è un gigantesco spoiler, quindi se non siete a pari con la quarta stagione della serie televisiva, vi conviene smettere di leggere, subito. E poi non dite che non vi avevamo avvertiti.
Westeros/Europa
Il continente occidentale — macro-ambientazione centrale di tutta la vicenda — non può essere che l’Europa. Entrambe uscite da una guerra sanguinosa, entrambe sorrette da un labile equilibrio pseudo-federale, in cui tanti stati/casate, con interessi spesso contrapposti e mai sopiti rancori, sono tenuti a bada da un governo unitario che dovrebbe preservare la pace e la concordia. Come l’Europa, tuttavia, Westeros è un continente vecchio e decadente, convinto di essere il centro del mondo e che invece — nella serie come nella realtà — scopriamo essere sempre più marginale, a corto di denaro, pressato da nuovi culti, nuovi invasori, nuove velleità di dominio. Così fosse, King’s Landing (in Italia, Approdo del Re), la capitale continentale, potrebbe essere Bruxelles (a Westeros, fortunatamente per loro, non c’è la sede «doppione» di Strasburgo). Unica differenza: da loro l’inverno deve ancora arrivare. In Europa la crisi è arrivata già da qualche anno.
Essos/Medio Oriente e Asia
Ok, probabilmente siamo stati influenzati da turbanti, schiavi, piramidi e deserti. La geopolitica, tuttavia, concorre a rafforzare l’intuizione: sono terre lontane, che il pensiero eurocentrico-occidentalista ha sempre bollato come culturalmente inferiori. Tuttavia, è lì che troviamo città stato come Pentos, Myr, Volantis, Mrereen, Yunkai, Astapor, Qarth, ben più fiorenti di quelle del continente occidentale, che un po’ ricordano le ipermoderne megacity dei giorni nostri, come Dubai, Abu Dhabi, Singapore, Hong Kong, Shanghai. Ognuna, con il suo carico di schiavi annessi, cosa che disgusta gli abitanti di Westeros (che mozzano teste da mattina a sera, ma la schiavitù, per carità, quel horreur). Particolare non irrilevante: nel continente orientale, se non perché in esilio o in fuga, gli occidentali ci vanno solo per un motivo: per batter cassa a Braavos, città-stato in cui ha sede la «Iron Bank», unica istituzione finanziaria del mondo di George R.R. Martin. Ricorda qualcosa?
Beyond the Wall/il Terzo Mondo
Se assumiamo che l’inverno è metafora di povertà, allora di là dalla gigantesca barriera che le separa da Westeros, ci sono le terre della miseria perenne. L’Africa, quindi, con la sua moltitudine di wildlings, di patriarchi tribali che ingravidano le loro stesse figlie, di cannibali e di giganti. Tutti a premere sulla barriera, difesa da pochi e mal armati reietti, non tanto per conquistare ciò che c’è al di là, ma per sopravvivere in luoghi meno ostili. Senza stato, senza identità nazionale, senza sovrani, ma soprattutto poco e mal armati, ricordano i migranti che provano ad attraversare il Mediterraneo sulle carcasse del mare. Mentre i White Walkers — sorta di zombie che si nutrono di cadaveri, preferibilmente bambini – potrebbero essere la personificazione delle tante e devastanti epidemie (prima fra tutte l’Aids) che affliggono il Continente Nero. In ultimo: in Game of Thrones c’è un capopopolo, Mance Ryder, che prova a fare della moltitudine dei Wildlings un popolo, tentando invano la strada dell’invasione di massa. Nel mondo reale, non c’è ancora un re dei migranti. Per ora.
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Lannister/Germania
Biondi, ricchi, affidabili (lo dimostra l’adagio «un Lannister paga sempre i suoi debiti»), ossessionati dalla brama di tenere alto il nome della loro casata (nazionalisti, diremmo noi) e custodi di ogni tipo di status quo. Basterebbe questo a fare dei Lannister i tedeschi di Westeros. Controllano tutto, del resto: dal trono (Joffrey e poi Tommen) al Consiglio (Tywin) sino al conio (Tyrion), la Bce di King’s Landing. A tutto ciò aggiungete la piaga di un tiranno folle e sadico (no, non stiamo parlando della Merkel) che terrorizza il continente e, al netto di Re Joffrey, la fermezza con cui trattano chi mette in discussione la loro autorità e si frappone tra loro e i loro obiettivi. I loro principali alleati? Piccole casate desiderose di un posto al sole, decadenti come i Frey o emergenti e spregiudicati come i Bolton. È a loro che i Lannister fanno fare il lavoro sporco. Un po’ come la Finlandia integerrima guardiana dell’austerità per conto terzi. O come la Polonia, opificio a basso costo per le produzioni tedesche e snodo geopolitico fondamentale nei rapporti con le grandi potenze globali, prima tra tutte, la Russia.
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Stark /Inghilterra
Se a Westeros ci fossero le automobili, gli Stark le guiderebbero a destra. Combattenti quando c’è da combattere, leali alla corona quando sul Trono di Spade sedeva l’amico Robert Baratheon, certo. Mai, tuttavia, interessati a prendersi tutto, quanto piuttosto , semplicemente, ad essere padroni a casa loro. Quest’alterità ha due anime, ovviamente. Quella blairiana, se così può essere definita, di Ned Stark, che seppur a malincuore, decide di accettare l’offerta del Re e di diventarne il primo cavaliere, lasciando Winterfell per King’s Landing. E quella di Robb Stark, — novello Neil Farage e padre di tutti gli eurowesteros-scettici — che saputo dell’assassinio del padre, muove un esercito al solo scopo di rompere l’unità dei Sette Regni e di riconquistare l’indipendenza. La loro croce sono gli indipendentisti Greyjoy delle Isole di Ferro, in cui è difficile non pensare non scorra sangue irlandese. In ultimo: chi più di Lady Catelyn (nata Tully, casata per la quale, ce ne scusiamo, facciamo fatica a trovare controparti reali) può meritarsi l’appellativo di Lady di Ferro?
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Tyrell/Francia
Se l’Europa si regge sull’asse franco-tedesco, l’equilibrio dei Sette Regni è tenuto in piedi dal matrimonio d’interesse tra i Lannister e i Tyrell, la casata di High Garden. Sono eleganti, raffinati, alteri, con uno sprezzante senso di superiorità verso tutte le altre casate, mascherato da un’ipocrita e formale gentilezza. Tutte caratteristiche, queste, ben incarnate nelle due donne che li governano: l’affascinante wannabe-regina Lady Margeary — un po’ Maria Antonietta, un po’ prémiere dame Carlà — che passa il tempo distribuendo brioche al popolo affamato e circuendo giovani re. E da nonna Olenna, all’apparenza un‘innocua carampana avvinazzata che passa il suo tempo a spettegolare nei bistrot, in realtà un Richelieu in sottana, perfida, astuta e cinica quanto basta per organizzare l’assassinio di Re Joffrey nel giorno del matrimonio con sua nipote, uscendone immacolata. Mai fidarsi dei francesi, del resto, nemmeno quando portano doni.
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Baratheon/Russia
D’accordo, non c’è mai stata una rivoluzione comunista a Storm’s End (Capo Tempesta, in Italia), anche se la luciferina sacerdotessa Melisandre (detta la Rossa), con il suo cieco fideismo e la sua passione per i reazionari al rogo, ha un che di vagamente bolscevico. D’accordo anche sul fatto che mai un sovrano russo ha regnato sull’Europa. Tuttavia, non si può far finta di non scorgere nei Baratheon la furia cieca del russo incazzato, né tantomeno far finta di non accorgersi dell’impressionante somiglianza tra lo sbevazzante Re Robert e Boris Eltsin, così come di quella tra l’arcigno Stannis con il bellicoso — Crimea docet — Vladimir Putin. Ultima somiglianza: il “caro Vladimir” è circondato da oligarchi dal dubbio passato, mentre Stannis ha come fidato consigliere un vecchio contrabbandiere cui un tempo aveva pure mozzato tre dita.
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Martell/Spagna
Sarà perché nonostante i tratti vagamenti slavi, il principe Oberyn, l’unico Martell finora conosciuto, è l’archetipo dell’uomo caliente sia sotto le lenzuola che con la spada in mano. Sarà perché che nella battaglia che gli costa la vita si muove attorno alla Montagna come fosse un torero (dalla lingua troppo lunga, ahi lui) o, peggio ancora, come il Barcellona col suo stucchevole tiki taka attorno all’avversario. Sarà per la loro attitudine al divertimento senza pensieri – non dev’essere male la movida di Dorne – o perché è l’unica terra che non fa distinzioni tra figli legittimi e bastardi, che fa molto Viva Zapatero. Sarà per tutto questo e forse pure per la bandiera giallorossa, ma i Martell non riusciamo a immaginarceli, se non iberici.
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Arryn/Italia
Eccoci a noi. Ammettetelo: pensavate a qualcosa di meglio per l’Italia. Tuttavia, chi meglio può incarnare la nostra attuale situazione di una casata in disgrazia, totalmente in balia degli eventi, in cui il vuoto di potere è stato riempito da un quasi adolescente ancora attaccato al seno materno e, poi, da un losco affarista che ha fatto fortuna offrendo “cene eleganti” in un bordello e che non disdegna la compagnia di ragazze più giovani come la minorenne Sansa Stark (che anche se di nobili origini non è nipote di Mubarak)? Peraltro, chi ha letto i libri di Martin, racconta che gli oppositori del laido Peytr “Littlefinger” Baelish riporranno le loro speranze proprio nel piccolo rampollo-succhialatte: che si chiama Robin, ma che pare di secondo nome faccia Matthew…
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Targaryen/Al Qaeda
Non ce ne vogliano i fan della splendida madre dei draghi (lo siamo anche noi, cosa credete…) se associamo la sua figura a quella di Osama bin Laden o dei suoi epigoni «sceicchi del terrore». Tuttavia, al netto dei capelli biondi e delle gote non irsute, Daenerys è l’esempio perfetto del leader messianico, allevato dall’Occidente e da esso ripudiato e temuto, amato dai popoli oppressi, ma rigidamente totalitario e monocratico, portatore di un’ideologia radicale e brutale con i propri nemici e con un esercito di fedelissimi ai propri piedi, pronti in ogni istante a dare la vita per la causa (e per lei). Se a questo aggiungiamo tre armi di distruzione di massa, seppur temporaneamente nascoste in una caverna, e l’aura mistica che circonda la sua figura (e che finisce per convertire la spia Jorah Mormont in un perfetto Jihad Joe) ecco che diventa più semplice immaginarsi un po’ di peluria sulle guance della bionda regina «figlia della tempesta».
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I grandi assenti: probabilmente sarebbe stata una serie molto più noiosa se avessimo avuto un gigantesco gendarme del mondo a mettere in riga chiunque provasse ad alzare la testa e a reclamare il potere. Quindi, non solo ti perdoniamo — caro George R. R. — ma addirittura ti ringraziamo per aver omesso del tutto dalla saga una controparte degli Stati Uniti d’America. Così come ti ringraziamo per averci risparmiato qualsivoglia potere temporale in abiti talari, dal Papa al Dalai Lama. Tuttavia, ci permettiamo di far notare che demo-caudillos alla Chavez o vecchi leader illuminati alla Pepe Mujica avrebbero aggiunto parecchio pepe alle peripezie di Westeros e Essos. Non disperiamo: mancano ancora diversi libri e altrettante trasposizioni televisive e la speranza che prima o poi appaia un “eroe dei due mondi” con sigaro o passamontagna è dura a morire. Nel frattempo, hasta siempre, Jon Snow!