Retorica e azienda? Sembrano due concetti infinitamente distanti, soprattutto nel XXI secolo. Eppure sono più vicini di quanto non si pensi. Le aziende sono luoghi nei quali il ragionare e l’arte del dire sono vitali: senza capacità strutturate di ragionamento non si riesce a dare un senso ai segnali deboli di un mercato che cambia e a «connettere i puntini», come suggeriva Steve Jobs. Senza una presentazione come si deve non si convince nessuno, tanto meno gli azionisti; se non si è capaci di rendere seducenti i numeri, le previsioni non sono credibili; se non si riesce a condividere una visione, anche il più accurato business plan è perdente; senza qualche buona argomentazione è impossibile difendere il lavoro e i lavoratori. Ancora: senza una briciola di desiderio (e capacità) di condivisione, lavorare insieme è un percorso a ostacoli.
Il libro “Retorica e business. Intuire, ragionare e sedurre nell’era digitale” – che ho scritto per i tipi di Egea insieme a Flavia Trupia – analizza le diverse forme di comunicazione aziendale, attraverso esempi italiani e internazionali, mettendo in luce le tecniche argomentative e gli stili comunicativi di figure come Adriano Olivetti, Enrico Mattei o Steve Jobs. Riprende i saperi antichi della retorica e li adatta all’agone del business; e mostra per esempio come si illustrano prodotti che non ci sono ancora, come ci si difende quando i risultati sono al di sotto delle attese, come si intuiscono scenari futuri basandosi su pochi indizi, come si risolve un conflitto considerato insanabile o si motivano i propri collaboratori senza disporre di leve motivazionali obiettive.
L’obiettivo del libro è dunque convincere manager e imprenditori dell’importanza della retorica per il loro successo professionale – oltre che personale. La retorica non è infatti un semplice “integratore culturale”, ma è l’arte di ragionare, dove la persuasione è un di cui, anche se molto importante; deve quindi far parte – anzi contribuire a costruire – la (nuova) cassetta degli attrezzi dei business man … Si tratta infatti della più importante “tecnologia della mente” che abbiamo a disposizione: due sono i suoi filoni principali di applicazione:
- Ragionare (comprendere, argomentare, intuire)
- Comunicare (persuadere/sedurre, motivare, negoziare)
La retorica non è dunque uno strumento astratto, un prezioso arcaicismo, un rigurgito culturale. È uno strumento potente – forse LO strumento più potente di cui disponiamo che si applica – con successo – in moltissimi ambiti aziendali. Come ci ricorda Daniel Dennett nel suo ultimo libro: «Senza strumenti, a mani nude, il falegname non può fare granché e senza strumenti, con il solo cervello, il pensatore non può fare granché».
Il libro affronta in profondità otto casi aziendali in cui la tradizionale retorica è di grande ausilio:
- comunicare con efficacia e abilità, non solo persuadendo ma anche muovendo all’azione;
- cogliere gli indizi e “connettere i puntini”, pre-figurando il futuro che sta manifestandosi;
- utilizzare la retorica del “racconto del futuro” per presentare i piani di sviluppo, illustrare business idea e business plan;
- padroneggiare le tecniche per giustificarsi per non aver portato i risultati attesi durante le riunioni gestionali periodiche;
- possedere l’arte della negoziazione e della gestione delle “dispute” per motivare, sciogliere conflitti, creare consenso anche se non si posseggono leve (retributive, di status);
- ripotenziare l’arte del “dare il nome” a prodotti, servizi e marchi, arricchendo di valore simbolico la loro componente materica e costruendo “storie” che li mettano al centro e coinvolgano i clienti;
- rigenerare (pragmaticamente) – e cioè ri-semantizzare – le parole chiave di una organizzazione (qualità, crescita, innovazione, essere centrati sul cliente, sostenibilità, …) per riallineare e prioritizzare i comportamenti dei suoi membri;
- usare con intelligenza il potere delle immagini (sintesi, correlazioni, intuizione e non semplice decorazione) per comprendere e convincere (visual thining & visual communication).
Il tema della retorica applicata all’azienda è dunque ricchissimo e con moltissimi filoni d’utilizzo. E non è un tema solo da grandi aziende, da convention oceaniche, da ufficio di investor relation. È una competenza trasversale che tocca quasi ogni ambito aziendale. Prendiamo ad esempio l’arte di negoziare, di dirimere i conflitti, di trovare punti di accordo – o per lo meno di contatto – dove le posizioni sembrano inconciliabili. Questa competenza è di ogni giorno. Come diceva Roger Fisher – famoso avvocato della Law School di Harvard e autore di un bestseller sull’argomento (Getting to Yes. Negotiating an Agreement Without Giving In): «Like it or not, you are a negotiatior. Negotiation is a fact of life».
La parola ritorna dunque centrale e la sua capacità di esprimere significati sottili e potenti che (grazie alla loro capacità di delectare e movere) re-integrano il linguaggio “oggettivo” della tecnica (e del metodo scientifico) riportano al centro gli stili, l’arte dell’elocutio e del “buon ornamento” e soprattutto le metafore.
Inoltre le capacità linguistiche diventano – nei fatti – performative non solo perché convincono, motivano o consentono di intuire collegando fatti e indizi apparentemente slegati fra di loro; ma anche perché – «nominando il mondo» – ci permettono di (ri)conoscerlo e di intervenire su di esso. Osservava Ludwig Wittgenstein nel suo Tractatus Logico-Philosophicus: «I confini del mio linguaggio sono i confini del mio mondo». Ad esempio in italiano, per esprimere il concetto di bianco abbiamo poche parole: bianco, candido, niveo, eburneo. Invece, nella lingua degli Inuit, gli Eschimesi del Canada, esistono circa cento termini per definire il bianco! Quel popolo, che vive sempre tra neve e ghiacci, conosce e nomina queste ’bianche’ realtà in modo molto vario: altrimenti non potrebbe sopravvivere in quel mondo totalmente dominato dal bianco.
A queste attività centrate sulla retorica dobbiamo affiancare la costruzione di una vera e propria educazione al digitale. La sua pervasività non si limita ad una semplice presenza, ma trasforma il nostro modo di lavorare, comunicare, ragionare, memorizzare, rappresentarci. Soprattutto nei processi cognitivi e nel modo con cui ci relazioniamo con gli altri e comunichiamo.
Per questi motivi una buona cultura e sensibilità al digitale non sono più un’opzione, una moda, uno stile manageriale, ma sono ormai diventati un vero e proprio imperativo categorico. Chi non considererà prioritaria la propria educazione digitale sarà tagliato fuori; i futuri leader saranno maestri nell’uso della retorica integrate con le tecnologie digitali.
Titolo: Retorica e business. Intuire, ragionare, sedurre nell’era digitale
Autori: Andrea Granelli, Flavia Trupia
Editore: EGEA
Collana: Cultura e società
Data di Pubblicazione: Marzo 2014
ISBN: 882383404X
ISBN-13: 9788823834040
Pagine: 176
Prezzo: €19,00
Post fazione di Ivan Lo Bello (Vice-presidente Confindustria per l’education)
*Andrea Granelli, già in McKinsey e amministratore delegato di tin.it e di TILab (società di Ricerca e Sviluppo del Gruppo Telecom Italia), è attualmente presidente e fondatore di Kanso, società di consulenza direzionale specializzata nei temi dell’innovazione e del change management.