Ghemon: un ponte tra il rap e il cantautorato indie

Ghemon: un ponte tra il rap e il cantautorato indie

Ghemon, pseudonimo di Gianluca Picariello, è tornato. Il rapper avellinese l’ha fatto con ORCHIdeeun nuovo lavoro che costruisce un ponte tra il rap e il cantautorato indie. Abbiamo parlato di far pace con sé stessi e di non farla mai completamente, di non porsi limiti, di essere polivalenti e della forza di non mollare mai i propri sogni.

foto di Tommaso Gesuato

ORCHIdee è una parola che ne contiene delle altre: “Orchi”, “Dee”, “Idee”. Mi spieghi la scelta di questo titolo?
Una parola polivalente, con molti significati, anche associabili tra loro nonostante il contrasto, come nel caso di “Orchi” e “Dee”. Volevo che dietro la facciata apparentemente semplice si nascondesse una casa con tanti piani, tanto per il titolo quanto per la musica di questo disco.

Sei un rapper che ha voluto registrare un album con un produttore (Tommaso Colliva) e una squadra di musicisti presi in prestito dalle migliori band indie italiane, è come se avessi scelto di varcare un confine. C’è dunque un terreno comune?
In realtà credo di essere “anche un rapper” oppure “anche un cantante”. Come per la risposta precedente, amo essere polivalente, mi piace la sfida, sudare per vincere dei propri limiti e aggiungere armi al mio arsenale. Il punto della mia carriera è migliorarmi su più fronti possibili. Era arrivato il momento di inserire tutto quello che ho assimilato in questi anni, le conoscenze musicali, lo studio sugli strumenti, sulla voce e anche sui testi, facendolo confluire in una esperienza nuova. Mi sono mosso a senso su questo territorio, ma, in verità con tutti i musicisti ho trovato una sintonia incredibile perchè la musica piace a tutti e non c’era tempo per i fanatismi. Ci siamo sentiti reciprocamente a casa.

Adesso sono qui è la prima traccia e primo singolo. È il pezzo di chi è riuscito a fare pace con se stesso, di chi è rinato ed è a un nuovo punto della sua vita. Hai avuto bisogno di far pace con il vecchio Gianluca per scrivere ORCHIdee ?
Certamente, anche se la pace con sé stessi non si fa mai del tutto, piuttosto si convive con le parti più spigolose. In ogni caso, la vita è fatta di cicli, ed è evidente che con questo pezzo ne volessi riaprire uno, pur essendo ben consapevole dell’esperienza accumulata fin qui. Parlo sia di cicli di vita sia di carriera, perchè non è così facile separare le due cose, la vita viene influenzata dal mio lavoro e viceversa.

Sembra che tu abbia dovuto lavorare molto su te stesso per prepararti a questo lavoro, so che hai addirittura studiato pianoforte e chitarra.
Si, lo ammetto, ma l’ho fatto con gioia perchè avevo bisogno di acquisire nuove informazioni e avere degli input creativi nuovi, di partire dalla musica questa volta, per poter rientrare nelle parole con degli stimoli nuovi.

Nel video del singolo ti sei vestito in modo impeccabile, e anche questo ti rende un rapper un po’ atipico. Sembra che tu ci tenga molto alla forma delle cose e a curarne i particolari.
Ognuno ha le sue peculiarità, ognuno può svolgere o svolge un ruolo. Quando sei un “artista”, puoi essere un personaggio o inventartelo, esprimere anche nell’aspetto quello che sei dentro; oppure osare con l’eccesso opposto, con una maschera, un trucco, un travestimento. Diciamo che non mi sono inventato niente: già da ragazzino ero più eccentrico degli altri e ora sono un uomo di 32 anni, mi sento pienamente a mio agio con la mia età e anche il modo in cui mi vesto, spiega come sono: non omologato.

In questo album si sente l’influenza di molti generi musicali diversi. Quali ascolti ti hanno influenzato durante le registrazioni di questo disco?
Veramente di tutto! Dal rap, che alla fine mi ha sempre accompagnato, alla musica più disparata. Ho passato un po’ di tempo in Inghilterra e per questo devo dire che tanta musica inglese da Jesse Ware ai Disclosure a Lianne LeHavas, mi hanno aperto la strada. Non li ho usati come modelli per comporre, ho solo ascoltato tante cose che mi potessero mettere in moto la creatività.

Ascoltando il tuo disco viene voglia di cose semplici, di quotidianità, di piatti da lavare , di ritornare a casa da chi ti ama. Sentivi il bisogno di cose semplici quando lo scrivevi?
Erano le cose che vivevo e mi sono curato di riportare in maniera più fedele possibile per essere vero.

Nessuno vale quanto te è il pezzo in cui ti ricordi di non smettere di crederci, in cui dici di non averlo mai fatto e di non « esserti mai seduto» . Non hai mai veramente avuto attimi di cedimento in cui hai pensato di mollare?
Ne ho avuti tanti, può capitare quando ti metti in gioco e investi in te stesso. Quelli che ti sbattono il successo e l’invincibilità in faccia non ti stanno raccontando tutto.

In che stato è la musica rap italiana oggi? Marracash si è rifiutato di salire sul palco a Villa Ada per mancanza di pubblico e Fabri e Vacca non hanno di meglio da fare che sputtanarsi a vicenda su Youtube.
Diciamo che come il famoso pezzo dei Public Enemy «non credo all’hype»: dietro ai fatti c’è sempre una spiegazione logica, condivisibile o meno, perciò non mi piace lucrare sui casini che succedono ai miei colleghi. La scena rap italiana è una cosa molto viva, nelle cose positive e in quelle negative. Per il resto i rapper, un giorno vengono trattati come eroi e il giorno vengono massacrati a seconda di come ci si sveglia davanti al computer, ma fa parte del gioco, non m’impressiono né in un caso né nell’altro!

Cosa credi che manchi invece ai cantautori indie italiani per comunicare con ancora più pubblico, per diventare veramente accessibili a tutti?
È un argomento delicato. Forse – e mi prendo il beneficio del dubbio – come nel rap, c’è tanta cura nel testo e magari, si cade un po’ sulla melodia, sulla musicalità. Non parlo di accezione pop della cosa, parlo di melodie belle, di voci interessanti, di testi con dignità poetica che cantano super melodie. È fottutamente banale, ma è quello che un ascoltatore vuole dalla musica.

Come descriveresti il tuo disco a un sordo? C’è un modo di descriverlo visivamente? Con delle immagini.
Fluido, armonico, simmetrico. Gli mostrerei una delle foto di scena di un film di Wes Anderson, per esempio The Grand Budapest Hotel.

Che formula hanno i tuoi live? È tutto suonato come sul disco?
Il tour sarà interamente con la band, per fondere i due spiriti: musica suonata e radice nera della faccenda. I ragazzi dei Loop Therapy e Hyst mi accompagneranno in questo avendo ben presente da dove la nostra musica proviene. Non vi aspettate musica leggera col rap sopra e i ritornelli cantati. È tutt’altra cosa e sono fiero di portarla in giro!

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