Raccontano che alla conferenza stampa d’inizio ritiro estivo, quando Italo Zanzi – amministratore delegato giallorosso – ha spiegato che «la Roma e lo stadio saranno controllati dallo stesso gruppo e lo stadio sarà di proprietà della Roma», molti tra i presenti sono rimasti perplessi. Perché tra le parole di Zanzi e il prospetto informativo rilasciato dal club dopo l’aumento di capitale, c’è una bella distanza.
Già: sul prospetto “incriminato” c’è scritto, nelle pagine dedicate al nuovo impianto, che «lo stadio della Roma sarà autonomo ed indipendente rispetto alla società. La realizzazione del progetto non vedrà il coinvolgimento economico finanziario della società. Le modalità con cui la società potrà usufruire delle strutture dello stadio saranno oggetto di specifici accordi che saranno sottoscritti con la società proprietaria dell’impianto». Insomma: lo stadio della Roma non sarà della Roma. Con buona pace di Zanzi, che nel tentativo di mettere una pezza ha allargato il buco. Perché a questo punto è lecito chiedersi di chi sarà lo stadio. E se si farà. Interrogativi che ballano tra Trigoria (dove si allena la Roma), il Campidoglio (dove ha sede il Comune) e l’area di Tor di Valle (dove dovrà sorgere l’impianto).
Fatte le domande, proviamo a rispondere. Sulla proprietà dello stadio, ci viene incontro lo stesso prospetto informativo. Che chiarisce alcuni concetti: la Roma non sarà proprietaria dello stadio, ma potrà usufruirne per le gare casalinghe, pagando un affitto. Infatti «lo “Stadio della Roma” sarà autonomo ed indipendente rispetto alla Società» e che ai sensi dell’accordo tra la As Roma e la Eurnova (proprietaria del terreno a Tor di Valle) le due società «si sono tra l’altro impegnate a realizzare il progetto stadio ed a concedere l’utilizzo dello stesso, una volta costruito, ad AS Roma che, secondo termini e condizioni che saranno in seguito concordati tra le parti, vi disputerà i propri incontri casalinghi».
Ecco perché la Roma non può definirsi proprietaria, ma usufruttuaria del nuovo stadio. Ciò non esclude che il club stesso possa un giorno figurare tra i proprietari: «Il contratto prevede inoltre un impegno delle parti a rinegoziare in buona fede il contenuto e il corrispettivo del Media Package ove AS Roma dovesse diventare proprietario di, o la Prima Squadra dovesse iniziare a giocare le proprie partite in, un nuovo stadio». Perché il proprietario del pacchetto di maggioranza del club, James Pallotta, ha optato per una soluzione del genere? Prima di tutto, per non far gravare sulle casse della Roma parte dei 340 milioni di euro necessari alla realizzazione dello stadio. Casse che beneficeranno comunque del nuovo accordo con la Nike, sottoscritto anche grazie all’impegno nella costruzione della nuova casa giallorossa. Di base, il “baffo” verserà alla Roma 4 milioni a stagione per i prossimi 10 anni, con compensi incrementali legati allo stadio: nella stagione di inaugurazione, la “Maggica” incasserà 1 milioni di euro in più; oltre ai 5 milioni per ogni anno seguente.
L’amministratore delegato dell’As Roma, Italo Zanzi, durante la presentazione del calciatore Ashley Cole, il 15 luglio (Paolo Bruno/Getty Images)
Ma slegare la Roma dalla proprietà dell’impianto significa mettere il finanziamento in mano a privati che vorrebbero sfruttarne la realizzazione per costruire anche altro, nella stessa area. La proprietà dell’impianto sarà dell’AS Roma SPV LLC, facente capo a James Pallotta e soci, e della Eurnova di Luca Parnasi, costruttore romano che nella propria vision di stadio nuovo comprende anche un business park di, diciamo così, inevitabile costruzione. Sì, perché sono i costi di realizzazione dello stadio a dirlo. Sul piatto ballano 270 milioni di euro per le opere pubbliche attorno all’impianto. Nel dettaglio: 93 per le opere stradali, 60 per i parcheggi, 64,5 per i collegamenti esterni. Ma di questi, sono solo 50 i milioni che la Roma si impegnerà a spendere. Si crea così una differenza di 220 milioni che renderà necessaria, come “compensazione”, la realizzazione di un business park, area destinata a scopi commerciali.
Una compensazione che non piace a tutti. «Accanto al progetto per lo stadio sono spuntati uffici per 920 mila metri cubi, costruzioni turistico-alberghiere per 42 mila, ristoranti e bar per 62. Qui c’è un’operazione immobiliare da 700 milioni di euro dai contorni poco chiari», ha denunciato di recente la sezione Lazio di Legambiente. «Oggi vediamo solo un’operazione immobiliare e finanziaria dai contorni poco chiari. Accanto allo stadio sono spuntati uffici per 920mila metri cubi e costruzioni turistico/alberghiere per 48mila. Anche escludendo le previsioni commerciali, per ristoranti e bar, pari a 62mila metri cubi perché sono quelle proprie dello stadio, ci troviamo di fronte a 960mila metri cubi di nuove previsioni che nulla hanno a che fare con lo stadio. È come se fossero realizzati 9 Hotel Hilton. E mancano completamente i rafforzamenti annunciati del trasporto pubblico», ha spiegato Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, al Messaggero.
Le proteste hanno visto coinvolto anche il Movimento 5 Stelle, il cui gruppo in Campidoglio ha diffuso un comunicato che contesta che «l’equilibrio economico-finanziario dovrebbe essere raggiunto esclusivamente mediante l’implementazione di servizi ed attività accessorie, funzionali e pertinenziali alla struttura sportiva. In questo progetto detto equilibrio viene invocato, invece, per compensare l’enorme costo (270 milioni) delle opere d’urbanizzazione necessarie, a fronte di 340 milioni di costo dello stadio. Una follia!». E poi ci sono le rimostranze dei rappresentanti politici locali, che puntano il dito sull’area. Da una parte giudicata instabile: il terreno sabbioso è stato negli anni trivellato da numerosi chilometri di pali in cemento per stabilizzare l’ippodromo. Dall’altra, la zona di Tor di Valle è giudicata poco salubre, soprattutto per la presenza dell’inceneritore Acea e dei suoi miasmi.
Opere di urbanizzazione, costi elevati, dubbi sull’utilità pubblica della vision di Parnasi. Tutti elementi che stanno bloccando l’iter del progetto stadio. Tanto che, in vista della Conferenza dei servizi in programma per fine luglio, il Campidoglio si è messo di traverso. Lo scorso 17 luglio, dall’incontro in Comune fra tutti gli assessori interessati (Giovanni Caudo per l’Urbanistica, Paolo Masini per i Lavori Pubblici, Luca Pancalli per lo Sport, Guido Improta per la Mobilità e Marta Leonori per le Attività Produttive) sarebbe emersa l’inapplicabilità dei requisiti di pubblica utilità che il Campidoglio pretende, anche se non c’è alcuna pregiudiziale all’impianto sportivo in sé. Una bocciatura “anticipata” da Caudo in un’intervista al Corriere della Sera.
Insomma, il Comune non si sarebbe fatto impressionare dal portafoglio (di soldi e conoscenze politiche bipartisan) di Luca Parnasi. Il padre Sandro, nel 1991, fece un affarone: comprò la Sogene in fallimento e il relativo patrimonio fatto di terreni di un certo livello. La Sogene era stata di proprietà del Vaticano, poi era passata dalle mani di Michele Sindona, il “Banchiere di Dio”. Dalle ceneri di Sogene nacque Parsitalia, ora nelle mani di Luca, che negli ultimi anni ha staccato assegni finanziando sia Farefuturo di Gianfranco Fini, sia Italianieuropei di Massimo D’Alema.
La lotta tra Giorgio Chiellini (a sinistra) Mattia Destro, durante Roma-Juve dello scorso 11 maggio, una delle immagini più note dello scorso campionato
Ma non tutto è perduto, per Parnasi. E per Pallotta, la Roma, il nuovo stadio. Alla fine del 2012, l’ad di Parsitalia ha venduto alla Provincia di Roma il grattacielo dell’Eur. Un accordo preso con il presidente della Giunta guidata da Nicola Zingaretti e che è costato 263 milioni di euro. Soldi utilissimi alle casse di Parsitalia e suoi creditori, tra cui spicca Unicredit, azionista di minoranza della Roma. E poi, Parnasi padre e figlio non hanno fatto mancare l’appoggio a Ignazio Marino, che quando era candidato a sindaco si sono fatti vedere ad una sua iniziativa elettorale. Lo stesso Marino che, a marzo, ha presentato il plastico dello stadio alla stampa. Ora non può disattendere alle promesse fatte a investitori e tifosi. Parnasi compreso: da piccolo era vicino di casa del bomber giallorosso Roberto Pruzzo.