Lyudmila Denisenko raccontava in questo articolo datato 13 giugno la sua storia. Dopo aver resistito per intere settimane nella sua abitazione di Sloviansk, mentre soldati ucraini e ribelli si fronteggiavano a colpi di armi da fuoco, aveva deciso di andare via. Aveva perso completamente la pazienza quando anche l’ospedale per bambini, dopo la stazione dei treni e quella dei pullman, era stato colpito.
In autostop, lei e la sua famiglia hanno raggiunto il municipio di Izyum, un piccolo villaggio a 50 km da Sloviansk. Lì ha chiesto un alloggio temporaneo e il necessario per sopravvivere. Quella di Lyudmila è una storia simile a quella di altri 100mila connazionali.
Sloviansk, 18 luglio 2014 (Unhcr)
Dalla elezione di Petro Poroshenko, lo scorso 25 maggio, i riflettori dei media internazionali hanno piano piano abbandonato l’Ucraina. La crisi di Gaza ha preso il sopravvento. Ma è proprio dall’elezione di Poroshenko in poi che la guerra civile tra il governo centrale di Kiev e i separatisti delle regioni di Donetsk e Sloviansk si è fatta più dura. Perché il neo Presidente, dopo la proposta di un cessate il fuoco rifiutata dai filo-russi, ha rilanciato le operazioni «anti-terrorismo» nell’Est (iniziate la prima volta il 15 aprile, con l’attacco a Kramatorsk), volte a riconquistatre una dopo l’altra le città occupate dai separatisti dall’aprile 2014.
Sloviansk, 18 luglio 2014 (Unhcr)
L’esercito di Kiev sta gradualmente respingendo i ribelli verso le roccaforti di Donetsk e Luhansk. Solo ieri, 29 luglio, le agenzie riferivano di 17 persone, compresi cinque bambini, uccisi nei combattimenti di lunedì 28 nella cittadina di Horlivka e altre cinque nella città di Luhansk.
Come riferisce l’Ansa, sono «almeno 1.129 le persone uccise e 3.442 i feriti» dall’inizio della crisi Ucraina a fine luglio. Lo ha detto L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, annunciando i dati di un rapporto Onu. «Le notizie sull’intensificarsi dei combattimenti a Donetsk e Lugansk sono allarmanti, con l’uso di armi pesanti», ha detto.
I ribelli parlano di 7400 soldati ucraini uccisi dall’inizio degli scontri, lo scorso aprile. Ma Kiev ne conta invece 1500.
Pochi giorni fa, l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati,informava che il numero degli ucraini sfollati era cresciuto velocemente tra il 6 giugno e il 18 luglio, passando dai 2.649 agli 80.300.
Sviatohirsk, luglio 2014 (Unhcr)
Il 22 luglio, la stessa Unhcr riferiva di aver distribuito aiuti agli abitanti di Sloviansk che avevano perso case e proprietà nella città duramente colpita dal conflitto. Secondo le stime dell’Unhcr, dall’inizio del conflitto più della metà della popolazione della città di Sloviansk aveva lasciato la propria casa. Ma dal 5 luglio, 15.000 abitanti avevano iniziato a tornare. Privi di stipendio e protezione sociale, avevano bisogno di aiuti statali o delle Organizzazioni no profit per soddisfare i bisogni di base.
Sloviansk, 18 luglio 2014 (Unhcr)
Il 26 luglio usciva un nuovo resoconto: gli sfollati in Ucraina erano giunti a quota 100 mila, cui andavano aggiunte le circa 130mila persone fuggite in Russia. Il portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) Dan McNorton riferiva che non tutte le persone giunte in Russia chiedono lo status di rifugiati. Molti, diceva, sperano di tornare a casa.
Per farsi un’idea delle zone del Paese in cui gli ucraini hanno cercato rifugio, è d’aiuto una mappa dell’Unhcr datata 27 giugno:
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In quel momento gli sfollati che aveva trovato riparo dentro la stessa Ucraina erano 54.400. Di questi, 27.200 fuggivano dal Donbas, 15.000 dalla regione di Donetsk. Mentre 12.200 avevano lasciato la Crimea, diventata terra russa.
Settecentocinquanta avevano inviato una richiesta di asilo politico in Polonia, Bielorussia, Repubblica Ceca, Romania. Altre 9.600 lo avevano chiesto in Russia. Altre 6.500 erano arrivate a Bryansk, Russia. Circa 12.900 a Rostov, sempre in Russia. Verso la Crimea si erano spostati 5.000 ucraini.
Sloviansk, 18 luglio 2014 (Unhcr)