Isis si vende: con web e giornali

Isis si vende: con web e giornali

Che i media siano importanti per vincere una guerra tanto quanto fucili e cannoni ormai non è più un segreto davvero per nessuno. Al-Qaeda lo aveva capito molto tempo fa organizzando il più grande attentato in mondo visione della storia l’11 settembre 2011, e sembra che il figliol prodigo dell’organizzazione di Bin Laden non sia da meno. A poche settimane dalla spettacolare offensiva che ha portato lo Stato Islamico in Iraq e Siria o occupare gran parte delle province sunnite dell’Iraq fino alla città di Mosul, la leadership dell’organizzazione ha portato a termine la pubblicazione di ben due riviste e ha annunciato l’imminente apertura di una nuova stazione televisiva.

Le due riviste avrebbero contenuti simili e lo stesso nome, Dabiq, ispirato alla storica battaglia fra ottomani e mammelucchi avvenuta nel 1516 a Marj Dabiq, a nord di Aleppo, che portò alla formazione del Califfato ottomano. La versione cartacea della rivista sarebbe in arabo e verrebbe distribuita all’interno dei territori sotto il controllo dell’organizzazione. La versione digitale invece viene distribuita attraverso il web sia in arabo sia in un fluente inglese.

Design e contenuti ricordano da vicino un altro “innovativo” prodotto dal mondo della Jihad internazionale negli anni Duemila: Inspire. Questo prodotto editoriale digitale fu l’apice di tutta la nuova generazione di tecniche di comunicazione di cui Al-Qaeda aveva cominciato a dotarsi grazie alle intuizioni di uno dei suoi giovani leader più carismatici, Anwar Al-Awlaki, cittadino statunitense di origine yemenita che venne ucciso proprio in Yemen da un drone americano nel 2011.

Immagini di medium.com

Design accattivante, inglese fluente ed esplicativo, e moderne tecniche di marketing contraddistinguevano questo prodotto della comunicazione qaedista il cui sviluppo subì però un colpo che pareva definitivo dopo la morte di Al-Awlaki. A quanto pare, però, il terrorista-intellettuale yemenita-americano ha lasciato una traccia profonda nel mondo jihadista. Tra i suoi più o meno diretti discepoli ci sono infatti molti tra coloro che hanno lasciato l’”organizzazione madre” Al-Qaeda per seguire i sogni di califfato del leader dell’Isis Abu Bakr Al-Baghdadi.

Immagini di medium.com

Dabiq sembra aver mutuato da Inspire il design e il linguaggio anche se presenta differenze importanti a livello di contenuti. Mentre infatti Inspire voleva essere essenzialmente uno strumento diretto ai musulmani in occidente che li indottrinasse in senso jihadista e spiegasse loro come attivarsi e colpire nei loro paesi di residenza, Dabiq sembra ignorare il tema della lotta al mondo occidentale per concentrarsi sull’obiettivo del califfato in Medio Oriente. I nuovi membri sarebbero quindi invitati a unirsi allo sforzo per la formazione di un “rinnovato” califfato islamico a partire dal mondo arabo-musulmano.

Colpiscono le rubriche finali in cui viene descritta la “vita quotidiana” all’interno dei territori del nuovo nascente califfato. Servizi pubblici e realtà quotidiane sono raccontati all’interno di interviste con presunti esponenti “istituzionali” dell’Isis nelle zone da essa occupate i quali illustrano come gestiscono i servizi pubblici di cui sarebbero responsabili. La notizia di punta, che campeggia fiammeggiante sulla copertina del primo numero, resta però sempre la stessa: il ritorno del califfato all’interno del Medio Oriente.

Nel frattempo su Twitter infuria un altro genere di battaglia, quella fra gli entusiasti guerriglieri del nuovo califfato e i servizi segreti americani, i quali tengono d’occhio centinaia di membri dell’Isis che da qualche tempo postano quotidianamente notizie sulle loro vittorie e foto celebrative. Nonostante il primo istinto dei responsabili americani a questa nuova ondata di messaggi propagandistici in 140 caratteri fosse quello di chiedere a Twitter di bloccare e chiudere tutti gli account, sui censori ha ben presto prevalso il gruppo più lungimirante degli analisti statunitensi che ha cominciato a sfruttare le informazioni contenute in questi testi e in queste immagini forniti un pò ingenuamente dai combattenti dell’Isis.

Movimenti di truppe, obiettivi e posizioni vengono tenuti d’occhio direttamente dai responsabili dell’intelligence i quali per ora ne smentiscono ne confermano di aver concluso anche un accordo diretto con Twitter e Facebook per ottenere accesso diretto a questi account.

Di sicuro, però, sembra essere stato bloccato – oppure più semplicemente abbandonato – uno degli account Twitter diventati più popolari, Fajr Al-Basha ’ir (l’alba delle buone notizie), che trasmetteva in tempo reale le conquiste dell’Isis sul campo. L’account, che non è riconducibile a un leader particolare, non twitta dallo scorso 17 giugno e, soprattutto, il form online a esso collegato che permetteva alle aspiranti nuove reclute di “registrarsi” e di ricevere la newsletter sulle avanzate dell’Isis e sui prodotti di propaganda del califfato non è più accessibile. Una piccola sconfitta in quella che sembra essere l’inarrestabile offensiva dell’Isis tanto sui campi di battaglia quanto sui media.