“C’è un’Italia che arriva in finale”, come recita il comunicato stampa Telethon, e non ha niente a che vedere con manifestazioni sportive o mondiali. È l’Italia rappresentata dalla Fondazione Telethon, ente di beneficenza che dal 1990 sostiene la ricerca biomedica sulle malattie genetiche rare, e che si aggiudica il terzo posto nel mondo per qualità e quantità di ricerca prodotta. Dietro Telethon nomi importanti come l’Università di Oxford, Harward, Standford, Yale e il National Institutes of Health americano. A dirlo è un rapporto pubblicato dalla Thomson Reuters che ha analizzato le pubblicazioni scientifiche prodotte dal 2008 al 2012 dai principali centri di ricerca nel mondo. Come si vede dal grafico la produzione scientifica della ricerca Telethon è inferiore solo a quella prodotta dall’Università di Cambridge e dal Medical Research Council (gli Istituti di ricerca pubblica del Regno Unito), primo al mondo.
Per stilare la classifica la Thomson Reuters ha utilizzato il citation index, il principale indicatore della qualità della ricerca prodotta, che conta il numero di volte che un articolo è stato citato in altri lavori scientifici. Sempre secondo questo rapporto è emerso come la produzione scientifica della ricerca Telethon sia nettamente maggiore rispetto la media americana, italiana ed europea, come riporta il grafico della Thomson Reuters.
Il segreto del successo di Telethon sembrerebbe stare proprio nel metodo di selezione dei progetti finanziati, che si basa su un complesso sistema di revisione fra pari (peer-review) adottato dalle principali agenzie di finanziamento della ricerca a livello mondiale. Nel 2014 hanno partecipato al bando per l’assegnazione dei fondi Telethon per circa 12 milioni di euro, 280 progetti provenienti da gruppi di ricerca attivi in tutta Italia. Ognuno di essi è stato sottoposto al giudizio di due revisori esterni e tre membri della Commissione medico scientifica di Telethon. Per un totale di 326 revisori esterni coinvolti, provenienti da 26 nazioni differenti e 32 membri della commissione medico scientifica, composta da esperti di fama internazionale di sette diversi Paesi. Una volta scelti i progetti migliori, la selezione finale è affidata alla Commissione medico scientifica che volutamente ha tra i suoi membri solo quattro italiani, (uno impegnato sul territorio nazionale e tre che lavorano all’estero) per evitare possibili conflitti di interesse, come spiega la stessa Fondazione. Dal 1999 inoltre i componenti della commissione restano in carica solo quattro anni.
Lo scorso 15 luglio sono stati scelti i 40 progetti per la ricerca sulle malattie genetiche rare selezionati su tutto il territorio nazionale, che cercheranno di capire cause, meccanismi della malattia e possibili strategie terapeutiche per 38 malattie genetiche rare. Tra queste la distrofia di Duchenne, la più frequente tra le distrofie muscolari dell’infanzia, l’atrofia muscolare spinale (SMA), la più comune causa genetica di morte infantile, la malattia di Wilson, la sindrome di Rett, la beta talassemia e molte altre ancora.
«Oltre alla qualità scientifica, criterio predominante della valutazione – spiega Lucia Monaco, direttore scientifico di Telethon – la commissione valuta anche la prossimità alla cura dei progetti proposti, fondamentale per le finalità di Telethon. In realtà gli studi meritevoli erano più di 40 (circa 111) ma il budget disponibile non era sufficiente a sostenerli tutti. Grazie ai nuovi progetti si amplia il numero delle malattie oggetto di ricerca: infatti sono stati selezionati lavori che riguardano alcune malattie genetiche rare mai studiate fino ad ora da Telethon (come la sindrome da duplicazione 7q11.23, la malattia renale glomerulocistica, l’atassia spinocerebellare 38, l’amiloidosi cutanea localizzata familiare, la malattia da accumulo di lipidi neutri ndr)».
Nei suoi anni di attività, dal 1991 a oggi, Telethon ha investito in ricerca più di 405 milioni di euro, che hanno permesso di finanziare oltre 2500 progetti e di ottenere 9380 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali. Il risultato è stato lo sviluppo di 27 diverse strategie terapeutiche per 25 malattie genetiche rare. Numeri che fanno pensare che i soldi donati dagli italiani in questi anni — attraverso il cinque per mille o donazioni private — siano stati in definitiva ben spesi. Dal bilancio della fondazione, liberamente accessibile dal sito, emerge come circa il 75% di tutti i proventi raccolti dalla Fondazione (nel 2013 circa 47 milioni) siano destinati al finanziamento dei progetti scientifici e agli Istituti Telethon (Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Napoli, Istituto San Raffaele – Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano, e il programma di carriere Istituto Telethon – Dulbecco), mentre il restante 25% viene rivolto alle attività di raccolta fondi e il funzionamento della struttura.
Tra i successi portati avanti in questi anni da Telethon c’è la terapia genica messa a punto dei ricercatori del Tiget di Milano e Luigi Nandini, che proprio lo scorso luglio, aveva mostrato i primi benefici su sei bambini affetti da due gravi malattie genetiche: leucodistrofia metacromatica (la stessa malattia della piccola Sofia del caso Stamina) e la sindrome di Wiskott-Aldrich. Dopo 15 anni di lavoro e 19 milioni di euro finanziati da Telethon, l’innovativa terapia si è quasi sicuramente si è trasformata in una terapia per queste due gravi patologie e apre le porte alla cura di altre malattie genetiche anche più diffuse. Ma non solo, tra i principali successi c’è anche la prima terapia genica per l’ADA-SCID, una rara immunodeficienza severa, in cui il sistema immunitario è compromesso al punto che l’organismo è incapace di difendersi dagli agenti infettivi. Grazie alla terapia sviluppata nel 2002 dai ricettori del Tiget, oggi i pazienti possono guarire e la terapia sarà presto disponibile come farmaco grazie a un accordo sviluppato con la GlaxoSmithKline.
Tra i progressi più recenti, ottenuti nelle ricerca biomedica grazie al sostegno di Telethon, vi è il “bisturi molecolari”, risalente allo scorso maggio: una tecnica che permette di riparare i geni malati direttamente sul filamento di Dna delle cellule staminali del sangue umano, sviluppata dai ricercatori del Tiget. «In particolare, grazie a “bisturi molecolari”, gli scienziati sono riusciti a riparare con assoluta precisione il difetto responsabile di una grave immunodeficienza ereditaria – conclude la Fondazione – aprendo così le porte all’applicazione sull’uomo, di questo innovativo metodo».