Chissà quante volte nelle nostre case saranno rimasti dei farmaci inutilizzati (non scaduti), di cui, per un motivo o per l’altro non abbiamo avuto più bisogno. Che farne? E soprattutto perché buttarli se qualcun altro magari potrebbe averne bisogno e non ha le risorse per acquistarli? Da queste domande nasce il progetto di “recupero farmaci validi” lanciato dalla Fondazione Banco Farmaceutico. Una onlus che si occupa di raccogliere farmaci, da privati e industrie, per donarli agli oltre 1500 enti assistenziali attivi sul territorio, a contatto con le persone indigenti.
Il progetto partito nel 2013 a Roma, è ora in avvio anche a Milano, Torino e Varese. Solo nella Capitale, nel giro di un anno sono state raccolte 23mila confezioni di medicinali non scaduti e ancora utilizzabili per un valore di 300mila euro. Farmaci di cui i cittadini non avevano più bisogno e che se avessero buttato, avrebbero richiesto anche un costo per lo smaltimento dei rifiuti speciali (stimato in circa un euro al Kg). Questo coinvolgendo solo 43 farmacie sulle 800 presenti a Roma. «Se il progetto fosse esteso a tutte le farmacie — spiega la Fondazione — in un solo anno si potrebbero raccogliere 428mila farmaci per un valore di 5,5 milioni di euro».
Un ottimo risultato, ma ancora lontano dal soddisfare il fabbisogno di famiglie e anziani in difficoltà economica, che non riescono ad acquistare i farmaci di cui hanno bisogno (anche quelli con prescrizione medica). Solo a Roma, nei primi mesi del 2013 questa richiesta era pari a 100mila confezioni, ed è stata coperta solo per il 36%, sommando ai farmaci recuperati nelle case dei romani, quelli donati durante la “Giornata nazionale di raccolta dei farmaci”, che ha permesso di raccogliere oltre 13mila confezioni.
Giornata che dà la possibilità di acquistare e donare uno o più farmaci OTC, agli enti assistenziali collegati con la farmacia sul territorio, e che sembra non conoscere crisi: tra il 2007 e il 2013, infatti, ha registrato un incremento delle donazioni del 23 per cento. A queste donazioni poi vanno sommate quelle provenienti dalle industrie farmaceutiche, che nello stesso periodo hanno registrato un boom del 1345 per cento. Solo nel 2013, il Banco Farmaceutico, ha registrato una crescita del 60% delle donazioni provenienti da cittadini e aziende farmaceutiche, passando dalle 587mila confezioni del 2013 alle 930mila previste per il 2014.
Nonostante questo però la Fondazione è sempre più in difficoltà nel coprire le richieste che arrivano dagli enti caritatevoli. Se nel 2007, infatti, riusciva a coprire circa il 55% delle richieste, nel 2013 la copertura del bisogno è scesa al 43,2%, nonostante le donazioni siano aumentate. La povertà assoluta in Italia infatti è in continua crescita con un ritmo anche più sostenuto negli ultimi anni, registrando un incremento del 60% tra il 2007 e il 2012. Questo significa che nel 2012, il 6,8% delle famiglie italiane, cioè quasi cinque milioni, hanno vissuto in condizioni di povertà assoluta. Molti di più rispetto il 5,2% dell’anno precedente.
Chi si trova in queste condizioni deve affrontare con difficoltà non solo le spese abitative e alimentari, ma anche quelle sanitarie. Perché, benché il nostro sistema sanitario copra molte delle spese farmaceutiche, erogando numerosi farmaci al solo prezzo di ticket, non va dimenticato che una buona fascia, resta invece a diretto carico dei cittadini. Come i banali farmaci per il raffreddore per esempio. E se i soldi non ci sono non resta che rivolgersi agli enti di assistenza.
In concomitanza con questo fenomeno inoltre la spesa sanitaria dello Stato, e in particolare quella farmaceutica, negli ultimi anni ha subito una forte contrazione, mentre è aumentata la spesa a carico dei cittadini. Secondo il Rapporto OsMed 2013, redatto dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), sul consumo di farmaci in Italia «la spesa a carico dei cittadini, comprendente la spesa per compartecipazione (ticket regionali e differenza tra il prezzo del medicinale a brevetto scaduto erogato al paziente e il prezzo di riferimento), per i medicinali di classe A acquistati privatamente e quella dei farmaci di classe C (a totale carico dei cittadini), ha registrato un aumento del +3,8% rispetto al 2012».
Oggi sono una trentina le aziende farmaceutiche che collaborano con il Banco Farmaceutico, e che attraverso le donazioni delle proprie eccedenze permettono al Banco di donare anche farmaci con obbligo di prescrizione medica. Donazioni che però devono fare i conti con «una serie di vincoli normativi e burocratici che sarebbe opportuno modificare per rendere più efficiente il processo decisionale e la programmazione operativa» come spiega a Linkiesta Paolo Gradnik, presidente della fondazione. «In Italia manca una normativa, nella legislazione farmaceutica, per chi distribuisce farmaci senza farne un’attività commerciale, su base no profit.
Da questo punto di vista la donazione delle industrie è lecita ma non ha un percorso ben identificato. Per questo con Aifa, Assogenerici, Assosalute, Farmindustria, stiamo lavorando alla stesura di linee guida che facilitino le industrie che vogliono destinare alla donazione le loro potenziali eccedenze». «Similmente a quanto già accaduto sul fronte della povertà alimentare con la legge 155/2003 (la cosiddetta “Legge del buon samaritano)» come si legge sul rapporto “Donare per curare” stilato dall’Osservatorio donazione farmaci. «Occorre una norma che renda più agevole e “fluido” il transito dei farmaci lungo l’intera catena della donazione, rendendo più agevole e conveniente per le imprese questo canale privilegiato di recupero delle eccedenze di produzione».
Oltre che in Italia, Banco Farmaceutico è attivo anche in Spagna, Portogallo e Argentina, con una forte rilevanza sul territorio, per cui la raccolta eseguita in un Paese viene poi distribuita a favore dei bisognosi di quello stesso territorio. «Diverso è per le donazioni aziendali che provengono dalle eccedenze delle industrie farmaceutiche» continua Gradnik, «il ragionamento in questo caso è su scala internazionale. Proprio per questo nel marzo di quest’anno è partito il progetto Eurmed, nato in collaborazione con Action Medeor (Germania) e IHP (Inghilterra) due grandi onlus specializzate nella donazione di farmaci in situazioni di emergenza umanitaria. La piattaforma europea è stata creata proprio per favorire le donazioni da parte dell’industria. Ora la stiamo testando con le prime donazioni, e a settembre dovrebbe essere finalmente operativa».
La piattaforma dovrebbe garantire un tramite tra le richieste delle Onlus che operano per la cura dei più indigenti in tutto il mondo e le industrie farmaceutiche che in questo modo possono monitorare in tempo reale la destinazione di ogni farmaco donato. «La creazione di questa piattaforma — conclude Gradnik — favorirà la donazione di farmaci da parte delle case farmaceutiche europee. Da oggi sarà infatti possibile per le aziende destinare quei farmaci ancora validi e perfettamente utilizzabili, ma che per varie ragioni non sono all’interno del circuito commerciale. Se le aziende farmaceutiche raccoglieranno la nostra sfida si potranno destinare ai bisognosi una quantità pari a 5 milioni di confezioni di farmaci l’anno».