Isis: in Iraq non è stata affatto una sorpresa

Isis: in Iraq non è stata affatto una sorpresa

La crisi irachena è definitivamente scoppiata. Agli attacchi sferrati dalle milizie jihadiste dell’Isis si accompagnano gli attacchi terroristici a Baghdad (due il 13 agosto, con decine di feriti) sulla scia di una crisi politica scoppiata quando Nuri al-Maliki, ancora ufficialmente premier, si è rifiutato di lasciare il posto al neo-premier designato dal Presidente Fuad Massum, Haider al-Abadi. 

Ma il caos iracheno non è esploso all’improvviso. Il sito di raccolta dati International Security della New America Foundation ha costruito una mappa interattiva per vedere, passo passo, l’avanzata dell’Isis in Iraq. Si parte il 1 gennaio e si arriva al 10 agosto 2014, l’attualità.

Osservare questa mappa permette di capire molte cose.

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InnanzituttoLa minaccia jihadista non è nuova all’Iraq. Il conteggio dei fatti dell’International Security parte dal gennaio 2014. Il 14 di quel mese, l’Isis (ora abbreviate anche con Is, Stato Islamico) conquista due cittadine del governatorato di Al Anbar: Anah e Rawah. L’esercito di al-Maliki prova a difenderle ma non riesce a fermare gli jihadisti. Lo stesso giorno le milizie combattono contro le forze irachene per la conquista della diga di Haditha, ma per il momento sono costretti a desistere.

Ma nel governatorato di Al Anbar si trovano anche le città di Falluja e Ramadi, cadute nelle mani dell’Isis tra fine 2013 e i primissimi giorni di gennaio, quando i giornali internazionali diffusero le immagini delle bandiere nere che sventolavano sulle città. Ma gli scontri settari e gli attacchi terroristici, in Iraq, hanno riempito tutto il 2013. Tanto che a fine anno il conteggio delle vittime di violenze era di settemila persone. Numeri che non hanno tuttavia sollevato grida di allarme.

Eppure il governatorato di Al Anbar, la regione più ampia del Paese e per di più posta al confine con la caotica Siria – era già da tempo terra di jihadisti. Fu terra di al Qaeda  – attiva con il nome di al Qaeda in Iraq – durante le guerra degli Usa contro Saddam nel 2003, e fu qui che nel 2007 il generale statunitense Petreus attuò la sua strategia volta a indebolire le forze qaediste mediante l’avvicinamento alla popolazione sunnita moderata, che mal sopportava gli estremisti dei miliziani. Quando nel 2011 al Qaeda in Iraq cambiò nome con Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante), il premier sciita al Maliki aveva già iniziato a innervosire i sunniti con politiche settarie (le racconta Eugenio Dacrema in questo articolo), e i miliziani presero nuovo vigore da una ritrovata vicinanza di intenti – ostilità al governo centrale – con la popolazione. 

Seconda cosaLe forze jihadiste dell’Isis non occupano un’area ampia e continuata del territorio iracheno. Le città conquistate sono sparse a macchia d’olio su tutto il territorio. Guardando alle date di conquista di ciascuna città si trovano tuttavia alcune linee di espansione precise. Non solo. A fasi intense di conquista, si alternano momenti di pausa (quelli in cui il mondo ha perso di vista la minaccia jihadista) e poi nuove e mirate offensive. Vediamole.

Al Anbar. A gennaio, come detto, gli attacchi dell’Isis sono ancora raccolti dentro il governatorato di Al Anbar, la roccaforte del gruppo.

Mosul. Solo a giugno inizia l’offensiva vera e propria. Cade Mosul, seconda città irachena per popolazione e già base logistica dei miliziani. Andrea Plebani, ricercatore Ispi, raccontava a Linkiesta che a Mosul le formazioni Isis erano «attive da tempo in traffici illeciti e racket», ma erano impegnate anche nella «persecuzione di minoranze locali, soprattutto cristiane, o in attività criminali come traffico di armi e droga, utili per finanziarsi». Mosul è una località chiave perché da qui passano la maggior parte delle rotte commerciali che dall’Iraq portano alla Siria. Già allora, la decisione dei miliziani di attaccare un importante centro come Mosul lasciava intuire agli analisti come Plebani che Isis si era già evoluta: stava dimostrando di riuscire a conquistare e mantenere il controllo di intere e grosse città, a differenza che in passato.

Verso Baghdad. Dopo Mosul cadono altre città: Hawija, Riyad, Suleiman Bek, Siniyah, Sharqat. E poi ancora Saadiyah, Rawah, Habbaniyah, al Adham (e siamo già al 15 giugno), Tal Afor il 17 giugno. Le milizie si avvicinano pericolosamente alla capitale, Baghdad. Attorno al 15 giugno ci sono scontri tra miliziani e forze governative a Dujail (40 km circa da Baghdad), al-Khalis (60 km circa dalla capitale), Muqdadiyah (80 km da Baghdad, poi ripresa dagli iracheni).

Le città conquistate da Isis fino al 17 giugno. 
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Il 21 giugno le forze governative irachene decidono di lasciare le postazioni nel nord per raccogliersi tutte attorno alla capitale e difenderla dall’avanzata dell’Isis.

Giordania. Abbandonando forse l’idea di colpire subito la capitale, attono al 22 giugno Isis si spinge fino al confine con la Giordania. Cade nelle sue mani le città di Ruthba (150 km dal confine giordano), e vacillano due valichi di frontiera, Walid e Trebil. Re Abdhalla di Giordania corre ai ripari e schiera forze armate per riprendere il saldo controllo del confine, riuscendoci.

Le città conquistate da Isis fino al 23 giugno. 
Ci si avvicina al confine giordano. 

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Si rallenta. Tra fine giugno e inizio luglio l’offensiva delgli jihadisti rallenta. I miliziani conquistano nuovi villaggi, ma è tutto più cadenzato, quasi silenzioso. La sera del 29 giugno Abū Bakr al-Baghdādī proclama la restaurazione del Califfato islamico, e si autonomina califfo, minacciando di voler conquistare anche Roma. Le sue parole fanno discutere, spesso ridere. Ma le cronache degli attacchi rallentano e pian piano gli occhi del mondo si allontanano dall’Iraq.

La quiete prima della tempesta. Il 17 luglio Isis prende il controllo dell’area d Tuz Khurmatu, 88 kilometri da Kirkuk, al confine con il Kurdisatn iracheno. È un’avvisaglia ai curdi, forse. Da questo momento gli attacchi dell’Isis si fermano. La tensione cala, le preoccupazioni dell’Occidente anche. La nuova escalation del conflitto israele-palestinese tiene impegnati giornalisti e opinione pubblica.

Attacco al Nord. Dopo quindici giorni di silenzio inizia una nuova feroce offensiva. Dimenticata per il momento la capitale, i miliziani si rivolgono ai villaggi cristiani e yazidi del nord dell’Iraq, colpendo aree che appartengono al Kurdistan iracheno, regione autonoma dal 2005. Il 3 agosto Isis conquista Zumar, il 4 agosto Sinjar, il 7 la città di Bashiqa.

Martedì 5 agosto una deputata irachena della comunità Yazidi, Vian Dakhil, riferisce in Parlamento che «i miliziani hanno ucciso 500 uomini solo perchè appartenenti alla minoranza Yazidi, e hanno fatto prigioniere 500 donne. L’Unicef riferisce che 40 bambini della minoranza Yazidi, che abita l’area di Sinjar, sono stati ritrovati morti dopo l’attacco degli jihadisti nella regione. Costretti alla fuga per non essere «sgozzati», come minacciano i miliziani, intere famiglie yazidi cercano riparo sul monte Sinjar, rimanendo però in una trappola priva di cibo, acqua, riparo dal sole.

L’8 cade Bartella, popolata da cristiani e poi Baghdida (nota anche come Qaraqosh), il villaggio cristiano più grande di tutto il Paese. I miliziani «tolgono le croci dalle chiese e bruciano antichi manoscritti», racconta ai giornali il patriarca caldeo di Kirkuk, Louis Sako. Gli Jihadisti costringono i cristiani alla fuga. Sono 100.000 in tutto. Sui quotidiani appaiono immagini di cristiani crocifissi.

Le città conquistate da Isis fino al 10 agosto. Forte concentrazione degli scontri nella zona attorno a Mosul e Kirkuk, al Nord. 
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Di nuovo verso Baghdad. L’11 agosto le agenzie fanno sapere che gli jihadisti dello Stato islamico hanno sconfitto le forze curde a Jalawla, a poco più di 100 km a nordest di Baghdad, nella provincia di Diyala. Qui i combattimenti contro i Peshmerga, i combattenti curdi, erano in corso dal 16 giugno scorso. I miliziani sembrano essersi aperti nuovamente la strada verso Baghdad.

Terzo puntoLa conquista di pozzi petroliferi e altre struttureMan mano che i miliziani conquistano villaggi, si preoccupano anche di impossessarsi delle strutture energetiche e logistiche irachene.
Si inizia il 18 giugno con il pozzo di Ajeel, il giorno successivo gli scontri tra Isis e forze governative si spostano presso la raffineria di Baiji, caduta definitivamente nelle mani dei miliziani il 25 giugno. Il 22 dello stesso mese prendono il controllo della base aerea di Qayyara. Pochi giorni dopo, il 26, è la volta del pozzo petrolifero di Mansuriya e di Camp Spiker, a nord di Tikrit (è del 13 agosto la testimonianza di un cadetto sopravvissuto alla strage, che in un’intervista alla televisione Al Hurra del 12 agosto racconta di centinaia di militari iracheni e cadetti dell’aeronautica massacrati dai jihadisti dello Stato islamico in giugno, al momento della conquisa della base aerea Spiker).

Ad attrarre l’Isis verso il nord iracheno, a inizio agosto, sono soprattutto i ricchi pozzi petroliferi della zona e la grande diga di Mosul, la più grande dell’Iraq: i miliziani la conquistano il 3 agosto, insieme ai giacimenti petroliferi di Ain Zalah. Possederla, spiegano le agenzie, permette ai miliziani di decidere a quali villaggi fornire acqua e a quali tagliarla. 

Quarto. La richiesta d’aiuto dei PeshmergaÈ il 16 giugno quando i Peshmerga, le milizie della regione autonoma del Kurdistan iracheno, intervengono a Jalawla in supporto alle forze governative per fermare l’avanzata dall’Isis verso la capitale. Capiscono subito di non avere abbastanza forza e chiedono l’aiuto dell’Occidente. Un aiuto che passerà inascoltato fino alla sera del 7 agosto, quando Barack Obama autorizza raid militari sul nord iracheno.

Il 18 giugno i Peshmerga difendono i giacimenti petroliferi di Kirkuk, il 21 difendono la base aerea di Alkasisk, il 25 giugno creano una barriera a Sinjar. Ma l’Isis è troppo forte. La città viene conquistata pochi giorni dopo e nemmeno il nord Iraq è più al riparo. 

I Peshmerga sono riusciti a difendere la regione di Jalawla fino a lunedì 11 agosto quando, dopo una lunga battaglia, l’Isis l’ha definitivamente conquistata, aprendosi nuovamente la strada verso Baghdad, dove la crisi politica scoppiata lo stesso giorno rende ancora più debole la resistenza dei governativi. 

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