Vivendi sceglie Telefónica ma la strategia non è chiara

Vivendi sceglie Telefónica ma la strategia non è chiara

La società telefonica francese alla fine ha scelto a chi vendere la controllata brasiliana Gvt: non a Telecom Italia, che aveva offerto 7 miliardi di euro, più il 20% della stessa Telecom più una quota del 15% della società che sarebbe nata dall’integrazione tra Tim Brasil e l’operatore di telecomunicazioni Gvt. A spuntarla è stata l’offerta della spagnola Telefónica, da 7,4 miliardi. È stata premiata, ha spiegato una nota della società, un’offerta che «risponde meglio agli obiettivi strategici e finanziari del gruppo», il quale «intende divenire un gruppo industriale integrato orientato verso i media e i contenuti» e «mira a sviluppare una crescita organica delle sue controllate, pur non escludendo di tenere posizioni di minoranza in società alleate per distribuire contenuti».

Ma la strategia della società francese è tutt’altro che chiara. A mettere in evidenza i dubbi sulla direzione è stato un articolo del Wall Street Journal. Ne segnaliamo alcuni estratti: 

Gli azionisti di Vivendi possono tirare un sospiro di sollievo, anche se non troppo in profondità. Optando di entrare in trattative esclusive con Telefonica riguardo all’offerta della società di telecomunicazioni spagnola per l’acquisto dell’operatore brasiliano Gvt, da lei interamente controllata, Vivendi ha scelto l’affare più pulito e semplice. Rispetto alla proposta concorrente di 7 miliardi di dollari di Telecom Italia, quella di Telefónica è più alta e prevede molta più liquidità.

La domanda, come sempre con Vivendi, è cosa questo dice della strategia a lungo termine della media company francese. 

Vivendi non è a corto di fondi. Dopo la vendita delle partecipazioni in Maroc Telecom e dello sviluppatore di giochi Activision Blizzard, il debito nettodi Vivendi alla fine di giugno si è attestato a 7,9 miliardi di euro, meno della metà del livello di un anno prima. Una volta che la vendita dell’operatore di telecomunicazioni francese Sfr alla società via cavo Numericable sarà messa in conto – si prevede che sarà completata entro la fine dell’anno – Vivendi avrebbe una cassa netta di 4 miliardi di euro. 

Trovare un accordo con Telefónica si aggiungerebbe a questo mucchio di cassa e renderebbe Vivendi più vicina allla sua ambizione dichiarata di essere una media company pura. Potrebbe anche generare ulteriori ritorni per gli investitori: Vivendi si è già impegnata a mettere quasi 5 miliardi di euro in dividendi e riacquisti di azioni proprie quest’anno e il prossimo, pari a circa il 19% del suo valore di mercato. 

Vivendi ancora non sarebbe del tutto fuori dalle telecomunicazioni. Manterrà una partecipazione nella combinata SFR-Numericable. E secondo la proposta di Telefónica, Vivendi riceverebbe il 12% nella allargata Telefônica Brasil. 

Grazie alla partecipazione di Telefonica in Telecom Italia, Vivendi ha anche la possibilità di prendere una partecipazione nella società italiana. Ma collezionare partecipazioni come appoggi nei mercati multimediali di grandi dimensioni è il tipo di costruzione dell’impero di cui Vivendi può fare a meno. 

La creazione di partnership di contenuti, come quello pianificato con Telefónica e i suoi oltre 300 milioni di clienti, non richiede una proprietà incrociata. Dal momento che Vivendi intensifica la produzione di contenuti attraverso operatore di pay-TV Canal +, il modo migliore per garantire la distribuzione in qualsiasi mercato è la produzione di buon materiale. 

La grande domanda è cosa Vivendi intende fare con le sue ricchezze. Gvt ha rappresentato praticamente tutta la crescita del fatturato del gruppo di quest’anno, secondo Raymond James. Il presidente Vincent Bolloré ritiene che Vivendi possa trovare benefici dal possedere tv, musica e altri asset multimediali in combinazione. Ora ha un sacco di munizioni per mirare a questo obiettivo. Dato il passato espansionista di Vivendi, però, questa non è una prospettiva del tutto confortante.

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