TaccolaLa via francese all’e-commerce arriva in Italia

La via francese all’e-commerce arriva in Italia

Per ora il punteggio tra Francia e Italia è di 2.031 a cinque: è il numero di punti vendita, collegati a supermercati, in cui è possibile ritirare la spesa acquistata online. Quello che all’estero è ormai noto al grande pubblico con il nome di “click & collect” (e, soprattutto in Francia, anche come “click & drive”) sta diventando la via maestra per l’e-commerce dei generi alimentari. Sul sito della catena di supermercati si decidono un luogo e un orario di ritiro, si scelgono i prodotti, confezionati e freschi, e si passa a ritirarli in macchina, in genere pagando alla consegna e senza costi aggiuntivi. Per le insegne alimentari è una formula che permette di abbattere molti dei problemi che hanno fin qui frenato fortemente l’offerta, e di conseguenza la domanda. Come ha spiegato un report della società di consulenza strategica McKinsey del 2013, in primo luogo il click & collect richiede minori investimenti all’ingresso, evitando le spese per l’acquisto dei furgoni e il loro funzionamento (personale e carburante). Permette di partire su scala minore e rende più facile gestire le variazioni di dimensioni degli ordini. Soprattutto, ha un margine medio del 30% superiore al sistema di consegna al domicilio, come mostra una tabella della stessa McKinsey.

Fonte: McKinsey, The future of online grocery in Europe. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui

Sul lato dei consumatori, ci sono differenze da Paese a Paese. Se nel Regno Unito c’è una spiccata preferenza per la consegna a casa, in Francia e Spagna, le altre nazioni dove il fenomeno è più diffuso, i clienti si dicono in larga parte disponibili sia all’home delivery che al ritiro in negozio. Fare qualche minuto in auto, o una deviazione tornando dall’ufficio, viene considerato accettabile se permette di evitare i tempi della spesa nel punto vendita e i costi della consegna a casa, che in Europa sono tra i 4 e i 7 euro.

Fonte: McKinsey, The future of online grocery in Europe. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui

È partendo da queste considerazioni che le catene francesi e inglesi da anni si sono organizzate sul sistema drive. Nel Regno Unito un’indagine di Planet Retail ha mostrato come il 35% di chi fa acquisti online nel Regno Unito abbia provato delle formule di click & collect. Non solo: da qui al 2017 tale percentuale, secondo la stessa ricerca, potrebbe raggiungere il 76% dei moltissimi inglesi che fanno shopping online. Oltremanica il pioniere è stato Argos (che si è sviluppato anche grazie a una partnership con e-Bay), ed è stato seguito da molti, a partire da Selfridge, Westfield e dal campione dell’e-commerce (e in generale dell’innovazione) Tesco.

Il boom francese

La Francia ha numeri altrettanto impressionanti. Per capire quanto sia diffusa la pratica, basti pensare a due dati: i punti di “pick-up”, 2.031, hanno superato in numero quelli degli ipermercati (2.022); le vendite attraverso il click & drive, secondo le stime della società Lsa, sono arrivate al 3,9% del fatturato degli operatori a fine 2013 e potrebbero attestarsi tra il 6 e l’8% già quest’anno, se continueranno i ritmi di crescita degli ultimi tempi. Basti pensare che Leclerc ha fatto registrare nel 2013 un balzo nel comparto del 68 per cento. In un settore simile l’offerta genera la domanda. Secondo lo studio di McKinsey il 42% di chi nel 2013 faceva la spesa regolarmente online aveva cominciato a farlo solo nel 2011, una volta che i servizi si erano diffusi e comunicati massicciamente. Al successo hanno contribuito dei siti che permettono di comparare la spesa con formula drive di diverse catene. Abbiamo provato il più noto di questi, www.monsieurdrive.com: la comparazione è effettivamente efficace e immediata per i prodotti di marca, mentre diventa più complessa, come prevedibile, se si inseriscono anche i freschi e i prodotti private label.

In Francia Leclerc, con il servizio Leclerc Drive, vede la diffusione maggiore, con 462 punti pick up. Le Drive Inter ne conta 379, Carrefour Drive 353, Coursesu.com, assieme a U Drive, 293, seguiti dalle formule simili di Casino, Auchan, Cora e Chronodrive, quest’ultima una catena (presente con un punto vendita anche in Italia, a Rozzano, Milano) che prevede solo la consegna alle auto, senza dei supermercati o ipermercati fisici alle spalle. Non stupisce che nell’agone si siano buttati tutti i protagonisti della distribuzione d’Oltralpe. Come spiega ancora il report McKinsey, il primo che parte ha un grande vantaggio competitivo, perché compensa la cannibalizzazione delle vendite nei negozi con una fetta rilevante di quote di mercato prese ai concorrenti (nell’ecommerce i consumatori sono molto più infedeli che nel retail fisico). Le altre insegne, una volta che il fenomeno parte, devono seguire, in chiave difensiva, ovvero cercando di fermare la fuga dei clienti.

Italia: un pioniere a Varese

Questo effetto domino in Italia non è decisamente partito. L’e-commerce tra i supermercati si è fondamentalmente limitato alla consegna a domicilio di Esselunga, nel Nord Italia, con un sistema funzionale ma che rimane limitato per i costi di consegna relativamente alti (7 euro a ordine). Il Rapporto Coop 2014 presentato all’inizio di settembre ha poi certificato che solo l’1% dell’e-commerce italiano è formato da acquisti di grocery.

Ma le cose potrebbero presto cambiare. Il segnale che i tempi sono maturi è la discesa in campo della catena di supermercati Tigros, che conta 56 punti vendita 56 punti vendita, revalentemente in provincia di Varese e con alcune realtà anche in Piemonte e in provincia di Milano e Como. Da lunedì 8 settembre?? è partito il servizio Tigros Drive, per ora in cinque punti vendita. Come nei precedenti stranieri, non è previsto un costo di commissione, si può ordinare fino a tre ore prima del ritiro della spesa e caricare l’auto nelle fasce orarie disponibili. «Abbiamo avuto un percorso graduale all’iniziativa – spiega a Linkiesta il patron dell’azienda, Paolo Orrigoni -. Siamo partiti dal vedere come si muovono gli operatori in Francia e in altri Paesi». Come aveva raccontato a Varesenews, un anno fa è partito un tour per verificare da vicino come funzionano i diversi sistemi. Presa la decisione di puntare sulla formula, per sviluppare la piattaforma la catena ha lavorato per mesi con una start up incubata in “ComoNExT – Parco Scientifico Tecnologico di Lomazzo” e fondata dai giovani imprenditori Federico Dall’Acqua e Norberto Viganò. La parte tecnologica è d’altra parte fondamentale: se le foto sono ben fatte, la fruizione e la ricerca sono fluide e soprattutto se il sistema non crea problemi durante il processo di acquisto si pongono le basi per un ritorno dei consumatori. Altrimenti questi saranno persi per sempre, o quasi: in Francia, ha ricostruito McKinsey, solo un quarto di chi ha fatto shopping online una volta ha continuato a farlo regolarmente.

I problemi di esperienza sul sito non sono neanche la parte maggiore dei rischi per chi vende alimentari online. I tre grandi problemi evidenziati nelle analisi di mercato sono assortimento troppo piccolo, prezzi troppo alti e commissioni per la consegna a domicilio troppo alti. Ostacoli che il click & collect permette in buona parte di superare. Lo conferma, nel caso del Tigros, Orrigono: «Noi ci proponiamo di vendere tutti i prodotti, anche il fresco e il freschissimo», dice, aggiungendo che i prezzi e le promozioni sono le stesse che nel negozio (stesso modello già attuato in passato da Esselunga). Il ritiro presso i punti vendita permette inoltre di appoggiarsi a «una struttura di servizio adatta, con una buona rotazione della merce». Nei primi giorni di attività le consegne, come previsto, si sono concentrate durante la pausa pranzo e al termine della giornata lavorativa.

Fonte: McKinsey, The future of online grocery in Europe. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui

Perché la formula drive in Italia non ha ancora preso piede? Per Orrigoni è perché «in Italia mancano le proposte. Un bisogno del genere non viene espresso finché non c’è qualcuno che lo stimola». L’amministratore della catena riconosce di essere avvantaggiato, rispetto ad altre realtà, perché «a Varese le sperimentazioni non mancano, in campo economico e sociologico. È un territorio che ha avuto uno sviluppo all’avanguardia sotto tanti aspetti». Quella lanciata lunedì 8 settembre non è però un semplice test, perché invece che su un negozio pilota l’iniziativa parte in cinque punti vendita, su ciascuno dei quali sono stati formati tre lavoratori. E gli obiettivi di ritorno economico, a differenza dei test, sono concreti: «è un anno in cui sappiamo che dobbiamo investire ancora – dice -. Dopo però possiamo puntare al break even e al profitto. Se avremo fortuna ci arriveremo già tra un anno a questa parte (settembre 2015, ndr)».

Avrà la difficoltà di comunicare un servizio per nulla conosciuto. Ma potrà verificare se l’erosione di quote dei concorrenti, registrata dalle ricerche all’estero, avrà luogo anche dalle parti di Varese. 

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