Riforma del lavoro o declino: l’appello del Csc a Renzi

Riforma del lavoro o declino: l’appello del Csc a Renzi

“Il fulcro è la riforma del mercato del lavoro”. È chiaro il messaggio del Centro studi Confindustria al governo, negli Scenari economici di settembre, pubblicati martedì 16 settembre. Le richieste al governo sono diverse e partono dalla prossima legge di Stabilità. Le misure espansive dell’esecutivo, è la tesi, sono ancora un rebus, e l’ex Finanziaria può rafforzarle, operando su cuneo fiscale e investimenti privati e pubblici. 

Per il centro studi degli industriali, essendo inesistenti gli spazi di manovra sul deficit, già al 3% sul Pil, è obbligata la strada, più difficile ma più fruttuosa, della ricomposizione di entrate e uscite: aumento dell’imposizione indiretta (cioè di strumenti come Iva, accise, tassa di successione, mentre non rientrano l’Irpef e le alte imposte progressive) e diminuzione del costo del lavoro; risparmi sulla spesa corrente da spostare su quella in conto capitale, ossia sugli investimenti. Di certo il lavoro sarà durissimo perché, avverte il centro studi, nelle leggi di Stabilità del 2015, 2016 e 2017 bisogna ancora reperire risorse rispettivamente per 15,9, 21 e 25,6 miliardi di euro. 

Oggi il quadro internazionale vede una ripresa diseguale nel mondo, con gli Stati Uniti e gli emergenti (esclusi il Brasile e la Russia) che crescono e aumenteranno la corsa nel 2015, e un’Eurozona molto più debole delle previsioni. 

I problemi sviscerati dal Csc sono numerosissimi: «dall’aumentato Clup (costo del lavoro per unità produttivia, ndr) che penalizza la competitività, ai timori per la disoccupazione che rendono prudenti le famiglie, dall’ampia capacità produttiva inutilizzata alle problematiche di prezzo e di stock invenduto che inchiodano l’edilizia residenziale, dall’incompleto risanamento dei conti pubblici alla selettività del credito bancario». 

C’è, tuttavia, qualche elemento che porta il centro studi a vedere dei miglioramenti per il 2015, quando il Pil passerà dallo -0,4% del 2014 (dato in linea con le stime Ocse del giorno prima e ormai “statisticamente determinato”) a un +0,5 per cento. 

Da una parte gli industriali si aspettano un allentamento del credit crunch come conseguenza delle misure della Bce (tassi ai minimi storici e quantitative easing) e della fine degli stress test sugli istituti di credito. Dall’altra ci sono fattori vari internazionali: la ripresa dell’economia a livello mondiale, un’attesa discesa dell’euro, un prezzo del petrolio stabile (nonostante le rinnovate tensioni in Medio Oriente). Sul fronte interno, i segnali positivi sono: i pagamenti debiti della Pa, il minore Irpef sui bassi redditi da lavoro, l’accelerazione degli investimenti pubblici e l’effetto atteso dell’Expo. Per questo dovrebbero esserci miglioramenti, anche se modesti, sul fronte dell’occupazione, consumi, investimenti e quindi, nel complesso, del Pil. Continuerà invece a correre il debito pubblico, anche se il rapporto deficit/Pil non sforerà il 3 per cento.  

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