Come ci si riprende il giorno dopo la tempesta? Cosa si fa quando il fallimento è arrivato, non c’è più nulla da fare, e tutto appare perduto? Semplice, ci si rialza. È difficile, a volte anche rischioso, ma è l’unica cosa ragionevole da fare. Di fronte al dolore della delusione spesso però le cose non sono nitide. Ecco allora tre passi da fare per riprendersi da un falllimento personale. Può essere lavorativo, esistenziale, amoroso: fa poca differenza. Bisogna uscire dalle macerie che ci sono crollate addosso e respirare. Finché si è vivi.
Ammettere i propri errori
La perseveranza è importante, ma ha un difetto: rischia di far ripetere gli stessi errori. Il modo per neutralizzarl è uno solo: prendere coscienza del fallimento. Se le cose non sono andate come dovevano, va riconosciuto. Se non ci sono più tentativi possibili, ci si deve arredere. Il bravo giocatore di azzardo non è quello che azzecca la vincita, ma quello che impara a perdere il meno: è in grado di capire quando è il momento di ritirarsi, e lo fa. Ogni giorno passato a tentare di tenere in piedi un fallimento è un giorno sprecato.
Ricordare i successi del passato
La vita è fatta di alti e bassi. Stavolta è andata male, la prossima chissà. Guardare al futuro è importante, ma prima occorre guardare al passato. Anche per cogliere quello che è accaduto in un quadro di insieme più ampio. Fallire non significa che non si vale nulla, non significa che si fallirà per sempre, non significa nemmeno che si è sempre fallito. Il passato è un buon serbatoio di autostima, va usato proprio adesso.
Rialzarsi
Dopo aver accettato il fallimento, bisogna decidere il da farsi. La cosa migliore è inventarsi qualcosa di nuovo, anche semplice. Pian piano, seguire il filo degli eventi, trovare i nodi degli errori, e scioglierli riflettendo. Si può imparare da quello che si è fatto, si può perfino girarlo a proprio vantaggio. Come diceva Churchill, il successo altro non è che la capacità di passare da un insuccesso all’altro senza perdere l’entusiasmo.