L’Italia spende male i suoi soldi destinati all’istruzione. Nell’Efficiency Index realizzato da Peter Dolton, esperto di economia dell’educazione alla London School of Economics, il nostro Paese si colloca al 23esimo posto fra i 30 Paesi Ocse presi in esame. Ai primi posti troviamo Finlandia, Corea e Repubblica Ceca. Dietro all’Italia, Portogallo, Germania, Spagna, Grecia, Svizzera, Indonesia e Brasile. Una classifica di cui bisognerà tener conto nella costruzione della “buona scuola” annunciata da Renzi.
Nel mondo ci sono 1,3 miliardi di ragazzi tra i banchi della scuole primarie e secondarie. La domanda che il rapporto si pone è: date le risorse a disposizione, quale governo usa meglio questi soldi per produrre i migliori risultati per i propri studenti? La domanda è significativa soprattutto in un contesto di recessione globale, in cui è necessario che i soldi a disposizione siano spesi bene. «Mentre la spesa per ogni studente del mondo industrializzato è aumentata di oltre il 30% nell’ultimo decennio», spiegano gli autori, «il livello di apprendimento nella maggior parte dei Paesi è rimasto piatto. Chi considera i servizi del settore educativo troppo importanti per essere misurati per la loro efficienza priverà molti giovani di un’istruzione migliore e una vita migliore».
SPESA IN ISTRUZIONE NEL MONDO
CORRELAZIONE TRA RISULTATI PISA IN MATEMATICA E LA SPESA PRO CAPITE
Contro ogni facile soluzione, per realizzare un sistema efficiente non esiste un solo ingrediente magico. Una spesa pubblica efficiente in istruzione è il risultato della combinazione di vari fattori: i punteggi raggiunti nei test Pisa (Program for International Students Assessment), il rapporto numero di alunni per insegnante e lo stipendio degli insegnanti.
Un aspetto importante, secondo lo studio, è il salario dei prof. L’inefficienza può essere dovuta anche a insegnanti sottopagati (come accade in Indonesia e Brasile) o strapagati (è il caso di Germania e Svizzera). Da questi calcoli viene fuori che anche gli insegnanti italiani, che guadagnano in media 31.460 dollari all’anno (poco più di 24mila euro), dovrebbero essere pagati del 10,5 per cento in più. Per quanto riguarda la dimensione delle classi, invece, secondo lo studio i risultati dei test Pisa potrebbero migliorare anche variando il rapporto tra numero di alunni per ogni insegnante. In Italia, questo rapporto, pari a 10,8, risulta troppo alto e dovrebbe scendere a 8,2.
GLI STIPENDI DEGLI INSEGNANTI
IL RAPPORTO NUMERO DI ALUNNI PER INSEGNANTE
Quello che viene fuori è che i Paesi che si dimostrano efficienti sia per salario dei prof sia nel rapporto alunni/insegnanti alla fine hanno anche migliori rendimenti nei test Pisa. Cinque dei dieci Paesi in testa all’indice di efficienza sono anche fra i primi dieci nell’indice Pisa. Gli studenti italiani, al contrario, nell’ultima rilevazione Pisa si sono posizionati ben sotto la media Ocse.
Secondo il modello econometrico messo a punto da Dolton, l’Italia potrebbe ottenere risultati Pisa ai livelli della Finlandia, se riducesse il rapporto insegnante-allievo da 10,8 a 8,2 alunni per ogni insegnante. O, in alternativa, i dati mostrano che l’Italia potrebbe eguagliare i risultati finlandesi aumentando lo stipendio degli insegnanti dalla media attuale di 31.460 dollari a 34.760 dollari. Per avere un migliore rapporto qualità-prezzo, il nostro Paese dovrebbe spendere di più e ridurre il numero di allievi per insegnante o aumentarne lo stipendio. Nonostante gli autori dello studio sottolineano di non voler in alcun modo fornire raccomandazioni sulle scelte politiche degli Stati, i numeri italiani non potrenno non essere tenuti in considerazione nella nuova riforma della scuola.