C’è crisi, e l’assessore compra il parmigiano ai poveri

C’è crisi, e l’assessore compra il parmigiano ai poveri

Le forme di parmigiano e grana sul mercato sono troppe, i prezzi calano e l’embargo imposto alle esportazioni verso la Russia di certo non aiuta. Così c’è chi, come Gianni Fava, Lega Nord, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, propone al ministro Maurizio Martina di mettere in atto un piano di ritiro delle forme di formaggio dal mercato italiano. Le forme ritirate potrebbero essere destinate agli «indigenti e alla fasce più deboli della società», dice Fava, «e, allo stesso tempo, rilanciare un comparto che sta attraversando una grave crisi, aggravata dall’embargo russo, e che rischia di diventare irreversibile».

I consorzi del parmigiano reggiano e del grana padano non possono che essere d’accordo, anche perché, per far fronte al calo dei prezzi, hanno già pensato di per sé al ritiro straordinario di oltre 200mila forme di formaggio dal mercato italiano, destinandole (tramite specifici incentivi) ai mercati esteri. «L’idea», spiega Giuseppe Alai, presidente del consorzio del parmigiano reggiano, «è quella di coinvolgere le regioni produttrici della pianura padana, i consorzi e anche il ministero dell’Agricoltura». Il problema è l’esubero di offerta, quindi di formaggio, «cosa che ha fatto calare i prezzi del 10-12% dall’inizio dell’anno. I ricavi quindi sono sensibilmente inferiori».

Ogni anno in Italia vengono prodotte circa 3,2 milioni di forme di parmigiano reggiano, per un giro d’affari di oltre 1 miliardo di euro, 50mila persone coinvolte nella filiera produttiva e un’esportazione di oltre il 34% del prodotto. Le forme di grana padano annuali superano invece quota 4,5 milioni (di cui 3 milioni solo in Lombardia), con 50mila addetti, un giro di affari di oltre 1,7 miliardi di euro e un’esportazione del 34% della produzione. Uno dei problemi resta la scarsa esportazione: mentre in Italia i consumi alimentari sono in una fase di stallo a causa della crisi, nei mercati extraeuropei invece il consumo di formaggi sta crescendo (Cina in testa). A questo si aggiunge l’impatto dell’abolizione delle quote latte, che ha portato a un aumento della produzione di latte e a una riduzione dei prezzi.

Prendiamo il prezzo del latte. «Il 6 ottobre scorso la quotazione del latte crudo spot sulla piazza di Verona ha toccato i 37 euro per 100 chilogrammi», dice Fava, «con una flessione dell’1,73% rispetto alla quotazione precedente e addirittura del 27,45% rispetto a 12 mesi fa». Per produrre una forma di parmigiano reggiano servono 550 litri di latte. Quindi, se cala il prezzo del latte, cala anche quello dei formaggi: «Il grana padano 10 mesi sulla piazza di Mantova ha segnato 6,53 euro al chilogrammo, cioè l’11,82% in meno sull’anno precedente», spiega l’assessore Fava, mentre «il parmigiano reggiano 12 mesi, con i suoi 7,60 euro al chilogrammo sulla piazza di Milano, in 12 mesi ha perso il 13,14 per cento».

Davanti ai prezzi che calano per colpa delle troppe forme di formaggio sul mercato italiano, l’idea è questa: ritiriamo qualche forma per far rialzare i prezzi e rilanciare il mercato. Cosa che già aveva fatto un altro leghista, Luca Zaia, che nel 2009, da ministro dell’Agricoltura, eliminò dal mercato 200mila forme di formaggio – tra parmigiano e grana – da destinare agli indigenti attraverso la rete delle onlus. E il mercato si riprese. Questa volta, dice Alai, «il numero ideale sarebbe il ritiro di 150mila forme di parmigiano reggiano e 200mila di grana padano, pagati dallo Stato a prezzi di mercato, meno i contributi che verrebbero erogati dagli stessi consorzi. Il costo totale dovrebbe essere di 20-25 milioni di euro». E aggiunge: «Anche se la situazione è meno favorevole rispetto all’azione di Zaia, serve una misura di riequilibrio del mercato».

Anche perché, con l’embargo russo, le forme in esubero sono aumentate. «Parliamo di quantità non troppo alte», spiega Alai, «circa 40mila forme in tutto, che però ora sono reimmesse nel mercato italiano. È come rimettere dell’acqua dove c’è già una inondazione». Le forme ritirate potrebbero quindi salvare il mercato dei formaggi e aiutare le mense per i poveri. Non solo. Spiegano dalla regione Lombardia che si potrebbe pensare anche a un’operazione simile sul latte, ritirandolo dal mercato e destinandolo al programma europeo “Latte nelle scuole”. 

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