Viva la FifaCon Fifa 15, la Electronic Arts può volare in Borsa

Con Fifa 15, la Electronic Arts può volare in Borsa

Per chi ha circa 30 anni sulla carta d’identità, sa che ne è passato di tempo da quando compravi un videgioco della serie Fifa e i giocatori non avevano ancora gli sponsor riprodotti sulle magliette, potevi scartare mezza squadra e fare gol con un solo attaccante e per accaparrarti una copia del gioco dovevi per forza andare in un negozio. Molto meno tempo è passato da quando la Electronic Arts è passata dall’essere valutata per la seconda volta consecutiva “peggiore compagnia negli Stati Uniti” al volo (verso l’alto) a Wall Street.

Va da sé che l’impennata alla Borsa di New York è diretta conseguenza dei cambiamenti, tecnologici e di governance, che la Ea ha affrontato negli ultimi anni. Soprattutto nel comparto Sports, che negli anni ha dato vita a una vera e propria saga con quello che è oggi è considerato quasi all’unanimità il miglior videogioco di calcio. Eppure, all’inizio Fifa sembrava solo ed esclusivamente un gioco bello dal punto di vista estetico. Dall’altra parte della barricata del mercato, a metà degli anni novanta, i favori del pubblico erano tutti per un prodotto della casa giapponese Konami, dal titolo International Superstars Soccer, diventato poi il più famoso Pro Evolution Soccer.

Ai clienti del mercato delle console da gioco  — dalle varie versioni Nintendo passando alla prima e seconda Playstation della Sony — non interessavano tanto i giocatori veri sulla copertina del gioco (tra i primi ci furono Frank De Boer e David Ginola), piuttosto che i loro nomi reali mentre si giocava. A chi stava con il controller in mano interessava che calciatori di fantasia come Carboni, piuttosto che Castolo, dribblassero e tirassero nella maniera più fedele alla realtà. La Electronic Arts continua invece a puntare sul fattore estetico fin dal 1996, con la licenza FifPro per utilizzare i nomi veri dei giocatori e fare della serie una riproduzione più visiva della realtà calcistica, anche con l’uso della visuale isometrica mentre gli altri giochi sfruttavano quella a volo d’uccello. Nella versione del 1998 compaiono i primi grandi stadi come San Siro e, nello stesso anno, il gioco ufficiale dei Mondiali di Francia. Una licenza che comprende tutti gli stadi, le nazionali, i giocatori e persino gli sponsor a bordocampo della Coppa del mondo.

Una prima svolta nella guerra tra i due titoli si ha nel 2001, quando Fifa esce con una novità: le squadre più famose d’Europa sono riprodotte fedelmente, con tanto di sponsor tecnico e commerciale. Inoltre, compaiono alcuni volti di calciatori famosi, da Totti a Cannavaro passando per Scholes. Ma la giocabilità, seppur migliorata, permette ancora di fare gol sempre allo stesso modo e spesso tramite azioni in realtà difficilissime, come le rovesciate. E mentre Pes vola, Fifa resta a guardare. Fino all’arrivo della Playstation 3. A Vancouver, sede di Ea, capiscono così nel 2007 che si può fare il salto di qualità. Perché va bene puntare sull’estetica, ma ci vuole una piattaforma in grado di farla “girare” con il tutto il suo bagaglio di innovazioni tecniche, che permettono più aderenza al calcio vero. Come il nuovo sistema grafico che riproduce fedelmente i contrasti, o il fatto che si può sfidare altri giocatori online. E la Konami resta indietro, mentre Fifa raggiunge per molti critici la perfezione nell’edizione 2013 con l’introduzione di un nuovo Impact Engine (che nel 2012 aveva però in dote un bel po’ di bug).

Eppure, mentre Fifa soppiantava Pes, le cose non andavano troppo bene per la Ea. Proprio mentre lanciava il nuovo Engine e il First Impact Control, Consumerist la votava come peggiore compagnia negli Stati Uniti, sia per il 2012 che per il 2013. Battendo in classifica aziende produttrici di tabacco e armi. Un risultato che stona, a leggere quanto scritto fino ad ora. Ma la Ea non è solo Fifa. La multinazionale con sede a Vancouver si è ritrovata a pagare il disastro dei lanci di SimCity e Battlefield 4, ma anche le acquisizioni di Playfish e PopCat, nel tentativo di farsi spazio nel comparto del casual gaming, ovvero di produzioni di solito a basso costo e per un pubblico al quale non sono richieste particolari abilità e concentrazione (vedi il solitario di Windows, per intenderci). Al tutto si aggiunge la percezione non positiva della piattaforma Origin per la distribuzione dei titoli digitali, introdotta nel 2011 e ritenuta troppo invasiva, instabile e nociva dei rapporti con la concorrenza, soprattutto Steam.

Problemi non da poco, che hanno intaccato l’immagine della multinazionale. Tutto è cominciato con il disastro di Battlefield 4, lanciato sul mercato senza un adeguato supporto per il gioco in modalità multiplayer: in sostanza, i server erano quasi sempre giù.  Un problema che ha scatenato gli investitori, che hanno fatto causa alla Ea, sostenendo di essere stati ingannati dal prodotto. E la pezza messa dalla casa di Vancouver si è rivelata ancora più disastrosa. Nel tentativo di recuperare credibilità, viene lanciata la versione free-to-play di un classico gioco di strategia come Dungeon Keeper, per mobile. Un disastro: il rilascio del gioco è controverso e costringe gli utenti a mettere comunque mano al portafoglio, tanto che a luglio 2014 arriva la condanna dell’Antitrust inglese.

Una data, quella estiva, che però ha rappresentato un punto di svolta nuovamente positivo per Electronic Arts. Secondo i dati riportati da Quartz, la società ha visto nel primo semestre del 2014 aumentare del 65% il proprio valore azionario nell’indice finanziario S&P 500. Merito del cambio al vertice, prima di tutto: a inizio anno è arrivato come nuovo Ceo Andrew Wilson, grazie al quale, secondo l’analista di Wedbush Securities Michael Patcher , «La società ha mostrato nuova disciplina riguardo le spese». Investendo da una parte in maniera migliore sul free-to-play: nel secondo trimestre del 2014, la società ha incamerato 500 milioni di dollari dai download e dal completamento degli aggiornamenti: «In un anno contraddistinto da cambiamenti significativi nel mondo dell’industria videoludica, come l’avvento delle nuove console, siamo stati in grado di andare oltre le aspettative, diminuendo i costi e raddoppiando i guadagni investendo in nuovi prodotti e servizi per il futuro». Parola di Blake Jorgensen, Chief financial officer di Ea dal 2012.

Dall’altra, Ea ha puntato nuovamente sulla saga di Fifa, rilasciando a fine settembre l’edizione 2015. Una scelta non casuale, perché nel volo di Wall Street il gioco di calcio c’entra eccome: Fifa 14 è entrato nelle classifiche dei videogiochi più venduti in Occidente per tutte le piattaforme. Prima di tutto, la nuova versione vedrà aggiornato il vecchio modello basato sull’estetica. Oltre alle licenze dei maggiori campionati di tutto il mondo, tra tutti Premier League e Bundesliga, da quest’anno ci sarà anche la Serie A. E poi grande spazio verrà riservato al dettaglio del pubblico degli stadi: insieme ai cori reali, sarà più facile distinguere i tifosi del Manchester City da quelli del Chelsea o del Real Madrid, grazie alla riproduzione delle coreografie originali (i fan dei Citizens si esibiranno nell’ormai celebre Blue Moon). Non solo: per la prima volta, ci sranno le riproduzione di tutti e 20 gli stadi della Premier. Ma i miglioramenti riguarderanno anche l’aspetto tattico, con la possibilità di introdurre movimenti su palle inattive, soprattutto i calci d’angolo.

L’unica pecca è che, come già sottolineato dal Sole 24 Ore, il pacchetto con le maggiori novità riguarderà le nuove piattaforme: la Ps3 sarà esclusa da molte delle innovazioni di Fifa 15, ma non è un caso. I titoli di Ea hanno spadroneggiato nel 2013/14 tra le nuove console (corrispondente al 40% del mercato totale) ed è lì che la casa di Vancouver baserà i futuri guadagni, così come già successo alla saga del videogioco di calcio più famosa dal 2007 in avanti. 

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