Oltre il Jobs Act, la app per “scambiare” il lavoro

Oltre il Jobs Act, la app per “scambiare” il lavoro

Se i centri per l’impiego non funzionano, le agenzie per il lavoro non hanno trovato la soluzione per voi e inviare curriculum compulsivamente non è servito a nulla, forse dovreste provare Doityo. Cos’è? Una app che permette di condividere il proprio lavoro. Il funzionamento è simile a quello del car sharing. Questa volta, però, sullo schermo dello smartphone non si materializzeranno le auto, ma idraulici, parrucchieri, consulenti, sviluppatori e ogni altro tipo di mestiere. Basta digitare la propria esigenza e in pochi secondi verrà localizzato il lavoratore più vicino a voi, adatto alle vostre richieste. E se poi c’è qualcuno interessato alle vostre capacità, verrete ricontattati. Il lavoro viene così “scambiato” in maniera veloce e flessibile, e ognuno può essere lavoratore e datore di lavoro insieme.

«Tutto è cominciato con una banale ma pratica necessità: il montaggio del mio box doccia», racconta Davide Alfano, fondatore e ceo di Doityo, che ha la sua sede nel Canton Ticino. Mentre si barcamena tra viti e trapani, nella sua testa si accende una lampadina. «Un’idea che, in maniera prepotente, diventa il mio chiodo fisso, fino a trasformarsi nel progetto di una piattaforma digitale che propone un nuovo approccio al mercato del lavoro e al rapporto fra domanda e offerta».

Era l’inizio del 2013. Quell’idea in poco tempo è diventata un’applicazione che, da settembre 2014, è disponibile sullo store di Apple e Android, e che ha già collezionato oltre mille iscritti. «Il mondo del lavoro è vecchio», scrive Alfano nel suo blog, «crisi, valori e nuove tecnologie stanno modificando tutti gli schemi». E cita Marc Andreessen: «Una volta che comunichi istantaneamente con tutti hai una attività economica di gran lunga più avanzata, liquida e meglio distribuita di tutto quello che si è visto in passato».

Niente Jobs Act o articolo 18. Qui gran parte del lavoro è fatto dalla tecnologia, che mette in contatto e permette di geolocalizzare i singoli. Il funzionamento è semplice: chi ha qualcosa da offrire si registra, crea un profilo, descrive le proprie capacità e compila un’agenda delle disponibilità. Doityo in poco tempo troverà il lavoratore più indicato alle nostre necessità, a cui potremo commissionare ciò di cui abbiamo bisogno. In maniera semplice e trasparente. «Partendo dal presupposto che il lavoro c’è, per tutti, e che, all’interno del mercato ognuno produce e consuma, Doityo stimola il singolo a farne parte in modo attivo e partecipativo».

Alfano la chiama “condivisione solidale del lavoro” ed è questa la filosofia su cui Doityo si basa. «Diamo e diamoci lavoro in maniera solidale, condividiamo lo status di chi ci sta attorno. Se una persona ha le capacità, le conoscenze, la voglia di fare e la necessità di lavorare, diamogli la possibilità di essere utile e di poter guadagnare». Senza che ci sia necessariamente solo uno scambio economico: «Non cerchiamo a oltranza il miglior prezzo, ma diamo da lavorare a chi si propone e a chi ne ha bisogno. Non si tratta di fare carità o beneficenza, noi pagheremo perché riceveremo un servizio. Si tratta di essere solidali e di voler dare una mano a chi si propone e si mette in gioco». La app, quindi, ha anche un obiettivo tutto sociale: «Divulgare il pensiero della condivisione solidale del lavoro, stimolare e motivare la sua messa in atto». Non solo. Doityo, dice Alfano, «vuole anche promuovere l’iniziativa personale e dare la possibilità a chi si mette in gioco di avere uno strumento per farlo». E per gli sviluppi futuri, si pensa anche di «dare la possibilità di accesso al microcredito per chi vorrà iniziare un’attività in proprio».

La app, multilingua, si sviluppa sul territorio locale, in qualsiasi parte del mondo, «perché c’è sempre qualcuno intorno a noi che ha bisogno di lavorare ovunque noi ci troviamo». Il principio è quello della sharing economy, applicato al lavoro. E l’obiettivo è alto: «Non solo si diventa membri di un network globale che promuove attivamente una nuova visione del mondo del lavoro, ma si incentiva la crescita dell’economia a livello locale». 

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