La battaglia per l’aeroporto di Donetsk

La battaglia per l’aeroporto di Donetsk

La crisi ucraina sembra essere uscita dai riflettori dell’attenzione internazionale, ma nelle regioni orientali del paese continuano i combattimenti tra le forze governative e i ribelli separatisti sostenuti dalla Russia.

Uno dei fronti principali è costituito dall’aeroporto di Donetsk – la roccaforte dei ribelli separatisti – diventato una sorta di simbolo del conflitto: mercoledì 21 gennaio il ministero della Difesa ucraino ha ammesso che le forze governative e le milizie paramilitari che combattono con loro si sono ritirate dalla struttura. Nella stessa città di Donetsk, almeno nove civili sono morti in un autobus colpito da un colpo di artiglieria.

La ripresa dei combattimenti nella zona di Donetsk mostra tutta la debolezza del fragilissimo cessate il fuoco tra le due fazioni, firmato a Minsk lo scorso 19 settembre. L’accordo prevede in teoria una “linea di demarcazione” tra l’esercito ucraino e i ribelli, entro 15 km dalla quale entrambe le parti dovrebbero ritirare l’artiglieria pesante, ma questi termini non sono mai stati rispettati e la situazione sul campo non rispecchia più da tempo le divisioni territoriali al momento della firma.

Mercoledì 21 gennaio, all’incontro del World Economic Forum di Davos, il presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko ha accusato la Russia di avere più di novemila uomini all’interno nelle regioni orientali del paese (una cifra probabilmente molto esagerata); da parte sua, la Russia nega ogni suo impegno militare in Ucraina (un’affermazione certamente falsa). Nel frattempo, a Berlino, i ministri degli Esteri di Ucraina, Russia, Francia e Germania si sono incontrati per nuovi negoziati.

I combattimenti intorno all’aeroporto – che è anche un importante snodo ferroviario – proseguono dalla primavera del 2014 ed erano passati per un periodo di calma intorno alla fine dell’anno. Gli scontri erano ripresi con violenza la scorsa settimana e hanno portato a continui cambi di mano della struttura: i ribelli hanno inizialmente preso il controllo del terminal principale, ripreso pochi giorni dopo, a caro prezzo, dalle forze filo-governative ucraine, fino all’annuncio di ieri.

Ma l’aeroporto di Donetsk, ormai semidistrutto, è più di una semplice infrastruttura strategica, che impedisce l’espansione dei ribelli verso ovest: è anche uno dei simboli con cui, pochi anni fa, l’Ucraina voleva dimostrare al mondo la propria capacità di modernizzazione e di sviluppo dopo i difficili anni recenti per l’economia del paese.

È stato costruito infatti per gli Europei di calcio del 2012, al costo di circa 800 milioni di euro, e si trova a pochi chilometri di distanza dal centro della città, che ha oltre un milione di abitanti ed è la più grande nell’est del paese.

La regolare attività dell’aeroporto si è interrotta a maggio dello scorso anno e oggi gran parte del terminal è in rovina, dopo mesi di pesanti bombardamenti di artiglieria. Le due parti hanno combattuto a volte stanza per stanza, con decine e decine di morti. Finora le forze filogovernative erano riuscite a mantenere il controllo della struttura, guadagnandosi il soprannome di “cyborg” e una sorta di status eroico in Ucraina.

Si combatte anche nelle zone circostanti, secondo quanto riporta l’inviato del Guardian Shaun Walker, che descrive negli ultimi giorni «uno schema ricorrente in cui i ribelli colpiscono posizioni ucraine stando prossimi ad aree residenziali, e gli ucraini rispondono al fuoco senza precisione uccidendo civili».

Un ufficiale dell’esercito ucraino, citato dal Financial Times, ha detto che l’aeroporto «è diventato come Stalingrado» – una delle battaglie più celebri tra tedeschi e sovietici per il controllo della città sulle rive del Volga nel 1942-1943, considerata uno dei punti di svolta della Seconda guerra mondiale.

Il conflitto nelle regioni orientali dell’Ucraina – in cui i ribelli hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza delle “Repubbliche popolari” di Donetsk e Luhansk – prosegue dall’aprile del 2014, il mese successivo all’annessione della Crimea da parte della Russia. Almeno 4.800 persone sono morte e 1,2 milioni di persone hanno lasciato le proprie case in conseguenza dei combattimenti, mentre una soluzione politica sembra molto lontana.

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