Aggiornamento, 30 gennaio: i ministri degli esteri dell’UE, riuniti a Bruxelles, hanno deciso di prolungare le sanzioni esistenti contro la Russia fino al prossimo settembre. La Grecia non ha dunque esercitato il suo diritto di veto. Hanno però rimandato alla prossima riunione dei capi di governo, il prossimo mese, la decisione su «ulteriori misure restrittive» contro Mosca, citate nel comunicato del Consiglio Europeo di lunedì scorso.
Il neoministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis aveva promesso di non smettere di scrivere sul suo blog, nonostante la nomina, e così è stato. Oggi, in un post intitolato Una questione di rispetto (o della sua mancanza)… – il veto greco sulla Russia che non c’è mai stato, Varoufakis se l’è presa con la stampa: la notizia di un’opposizione greca alle nuove sanzioni europee contro la Russia, che saranno discusse questa sera in una riunione dei ministri degli esteri a Bruxelles, è frutto di un grave fraintendimento.
Mercoledì, infatti, i media greci e di tutto il mondo hanno riportato un duro comunicato del governo greco che diceva di non essere stato consultato a proposito di una dichiarazione del Consiglio Europeo a nome dei capi di stato dell’Ue. La dichiarazione del 26 gennaio apre la strada a nuove sanzioni economiche contro la Russia per il suo coinvolgimento nella crisi in Ucraina e il suo sostegno ai ribelli filo-russi nelle regioni orientali del paese.
Chiarendo di parlare «a livello personale», Varoufakis ha però riportato quanto avrebbe detto il nuovo ministro degli Esteri Nikos Kotzias al primo consiglio dei ministri: «Kotzias ci ha informato che nel suo primo giorno di lavoro ha sentito dai notiziari che l’Unione Europea aveva approvato nuove sanzioni contro la Russia all’unanimità. Il problema era che lui e il nuovo governo greco non erano mai stati interpellati!». Dunque, prosegue Varoufakis, il problema non sono le sanzioni ma la procedura adottata. «È tutta una questione di rispetto per la nostra sovranità nazionale».
La versione di Varoufakis fa capire quanto sia sentito in Grecia il tema della dignità nazionale – non a caso citata ieri da Tsipras nel suo primo discorso al consiglio dei ministri – dopo anni in cui il bailout internazionale, le condizioni della Troika per sborsare il prestito, i piani di privatizzazioni sono sembrati a molti greci altrettanti colpi all’orgoglio del paese.
Ma la versione del neoministro sembra sorvolare sulle sottigliezze della diplomazia internazionale. Come riporta Bloomberg, il presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk – da sempre promotore della linea dura contro la Russia – ha pubblicato la dichiarazione della discordia dopo che nessun governo europeo ha obiettato, una “procedura del silenzio” che è comune agli organi internazionali. Mercoledì un portavoce di Tusk ha puntualizzato che è stato rispettato l’iter usuale e che anche un rappresentante del nuovo governo greco era stato consultato.
Questione di procedura a parte, è un fatto che in queste ore i commentatori internazionali si stiano interrogando sul significato della vittoria di Syriza per i rapporti tra Mosca e Atene. Un avvicinamento tra i due paesi rischia di mettere in crisi la già fragile unità della posizione europea nei confronti della Russia.
Foreign Policy si è spinto fino a scrivere che «Putin è il grande vincitore delle elezioni greche», sottolineando che i vertici della diplomazia europea sono divisi tra chi vorrebbe allentare la pressione sulla Russia – come l’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini – e chi invece vorrebbe aumentare le sanzioni che hanno già colpito duramente il settore energetico e bancario russo – una posizione incoraggiata dagli Stati Uniti e sostenuta da Tusk, oltre che dal Regno Unito e dai paesi baltici.
Le sanzioni devono essere approvate all’unanimità dai 28 stati membri dell’Unione e basta dunque che un paese eserciti il suo diritto di veto per bloccarle. Finora, anche i paesi più critici (come l’Ungheria) hanno finito per votare a favore delle sanzioni.
Le elezioni greche viste da Mosca
La Russia ha seguito l’esito delle elezioni greche molto da vicino e Vladimir Putin si è congratulato con un telegramma subito dopo la vittoria elettorale, augurando a Tsipras il successo «nelle difficili circostanze attuali». La prima visita ufficiale al nuovo primo ministro greco Alexis Tsipras è stata quella dell’ambasciatore russo ad Atene.
I media russi più vicini a Putin hanno salutato con favore la prima protesta diplomatica greca contro il comunicato europeo. Su RT, fortemente filogovernativa, l’esperto di politica estera Srdja Trifkovic ha detto che oggi «Mosca ha pochi amici in Europa», ma ora che la Grecia ha avuto il coraggio di esprimere un’opinione discordante, altri paesi – in primo luogo l’Ungheria, ma anche la Slovacchia o Cipro – «troveranno più facilmente il coraggio di dire no al diktat di Bruxelles».
Ad ogni modo, già questa sera si potrebbe capire se le prime schermaglie di Atene porteranno davvero alla clamorosa apertura di un fronte più apertamente filo-russo o se, come sostengono altri, non si tratti di un altro strumento per far valere la Grecia in vista dei negoziati con i creditori internazionali. «Mostrare che Tsipras può complicare gli obbiettivi europei in Ucraina potrebbe dargli potere di contrattazione nei negoziati economici», ha scritto il New York Times.
Visioni più pragmatiche
In passato, Syriza ha espresso posizioni molto di rottura nella politica internazionale, e ancora nel 2013 sosteneva la necessità di uscire dalla Nato e la chiusura della base navale americana sull’isola di Creta, condannando l’Unione Europea «neoliberista», gli Stati Uniti «imperialisti» e la politica di Israele. Man mano che cresceva nei consensi e che la vittoria elettorale sembrava più plausibile, tuttavia, Tsipras e il partito hanno ammorbidito molto le posizioni e si sono avvicinate a istanze più mainstream.
Il 14 gennaio, ad esempio, Tsipras aveva chiarito che non intende rompere con la Nato, in quanto «non nell’interesse del paese», e che la Grecia rispetterà gli accordi internazionali con l’alleanza atlantica e con l’Unione Europea.
Ma il passato filo-russo del suo partito è impossibile da nascondere: i membri di Syriza del Parlamento europeo votarono contro l’accordo di associazione Ue-Ucraina del 2014, una delle pietre della discordia alle origini della crisi recente nel paese, e poco dopo si sono opposti a due risoluzioni che chiedevano più sanzioni sulla Russia.
Tsipras ha dichiarato negli scorsi mesi che le sanzioni contro la Russia danneggiavano l’Europa e a maggio del 2014 era stato ricevuto al Cremlino con tutti gli onori, parte della strategia russa di avvicinamento ai partiti anti-establishment europei (oltre a Syriza, Putin ha teso la mano all’Ukip britannico e al Front National francese, e non si dimenticherà la visita di Salvini in Russia). In quella occasione, riportarono i media greci, Tsipras si era anche espresso in favore dei referendum tenuti nelle regioni separatiste ucraine, non riconosciuti a livello internazionale, e contro la politica estera europea.
Il portavoce di Syriza per la politica estera, Costas Isychos, ha al suo attivo dichiarazioni ancora più forti: il primo settembre 2014 definì «impressionanti contrattacchi» una controffensiva dei ribelli filo-russi e le sanzioni Ue un esempio della «bulimia neocoloniale» europea. Ma anche lui deve aver sentito la necessità di smorzare i toni, dato che pochi giorni prima delle elezioni ha dichiarato che era «molto prematuro» parlare di un imminente voto greco contro il successivo rinnovo delle sanzioni alla Russia.
I rapporti economici tra Grecia e Russia sono molto stretti e il sentimento filo-russo è piuttosto sentito in Grecia, al di là delle appartenenze politiche. In Syriza ha le sue radici in alcuni dei movimenti che la compongono, comunisti e socialisti, ma anche i Greci Indipendenti – la forza della destra nazionalista con cui Tsipras ha stretto un’inedita alleanza – vedono di buon occhio la Russia, viste le loro posizioni conservatrici in campo sociale condivise dalla Chiesa ortodossa – maggioritaria in Grecia come in Russia.
Per il paese ellenico è fondamentale il flusso turistico dalla Russia, messo a rischio dalle difficoltà economiche di Mosca. La Russia rimane comunque il primo partner commerciale della Grecia, con scambi del valore di circa 7 miliardi di euro nel 2013. Gli agricoltori greci esportano in Russia frutta e olio e hanno sofferto perdite per oltre 400 milioni di euro, ha detto Isychos lunedì. Cifre certamente importanti, ma che non cancella il fatto che le condizioni del bailout greco da 240 miliardi di euro debbano essere discusse con la Troika – e non con il Cremlino.