L’impatto economico di Facebook sull’economia mondiale è di 227 miliardi di dollari: come il Pil del Portogallo e circa 20 volte il fatturato dell’azienda di Menlo Park. A dirlo è stato uno studio della società di consulenza e revisione Deloitte, rilasciato nei giorni scorsi. Una premessa è d’obbligo: lo studio è stato realizzato da Deloitte per Facebook e lo scopo del tutto è dimostrare che il social network fondato nel 2004 da Mark Zuckerberg aiuta a crescere anche una lunga serie di aziende al di fuori del sistema Facebook. Quindi i dati vanno presi facendo questa tara.
Fonte: Deloitte
Alla cifra di 227 miliardi di dollari di impatto, la società di consulenza arriva sommando gli effetti “di marketing”, quelli “di piattaforma” e quelli “di connettività”, con i primi che pesano per quasi tre quarti del totale. La tesi di fondo, per misurare l’impatto, è che l’1,35 miliardi di utenti che si collegano al social network ogni mese permettono di fare cose che non si sarebbero fatte altrimenti: promuovere attività economiche (ma anche non profit), far scaricare app, vendere smartphone e connessioni a Internet. Conteggiando solo i dati italiani, l’impatto sarebbe di 6 miliardi di dollari e 70mila posti di lavoro creati.
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Gli effetti di marketing sono stimati in 148 miliardi di euro e sono la somma dell’impatti che viene attribuito alle pagine su Facebook, alla pubblicità targettizata e ai referral. Il ragionamento è che Facebook è usato da società (in totale sono 30 milioni quelle piccole e medie) che altrimenti non avrebbero i mezzi per fare pubblicità, o che beneficiano in modo maggiore rispetto ai metodi di comunicazione tradizioni della possibilità di raggiungere i consumatori in maniera più precisa. Gli inserzionisti pubblicitari su Facebook sono 1,5 milioni, 500mila in più rispetto al giugno 2013. La possibilità di sfruttare la condivisione delle pagine per creare campagne virali – come quella dell’Ice Bucket Challenge – viene vista come un’acceleratore di vendite e di raccolte fondi. L’impatto economico calcolato di Deloitte è di 148 miliardi di dollari a livello globale (3 in Italia) e 2,3 milioni di posti di lavoro (36mila in Italia).
Fonte: Deloitte
Ci sono poi gli effetti di piattaforma, consistenti nell’impatto sull’economia di chi sviluppa le app. Si tratta sia quelle che funzionano sul sito di Facebook sia quelle native per iPhone e Android che si integrano con le funzioni di Facebook (per esempio, l’accesso ai contatti) o potenziano la loro infrastruttura con i servizi cloud di Facebook. L’esempio tipico sono le app di videogiochi. Non a caso l’impatto maggiore è stimato in Europa, dove hanno sede società come Spotify (musica) e King.com, il creatore del gioco Candy Crush Saga. L’impatto economico globale sarebbe di 29 miliardi (0,7 in Italia) e i posti di lavoro generati 660mila (10mila in Italia).
Fonte: Deloitte
L’ultimo effetto è il più controverso e riguarda la capacità che Facebook avrebbe di spingere la vendita di smartphone nel mondo e gli abbonamenti ai servizi telefonici. L’argomentazione di Deloitte è che negli Usa un minuto di traffico mobile su cinque è destinato a consultare Facebook e il 33% degli utilizzatori di Facebook lo fa esclusivamente da smartphone. Inoltre il social network si situerebbe al centro di un circolo virtuoso di innovazione, dove al miglioramento delle funzioni dei telefonini (per esempio per foto e video), Facebook incentiva servizi come la condivisione di foto e video in alta risoluzione, per accedere alle quali le persone si abbonano a connessioni più veloci e con un traffico dati maggiore. Lo stesso avviene con la maggiore capacità di calcolo dei dispotivi, che permette di sviluppare app di livello superiore (per esempio videogiochi) le quali motivano i clienti all’acquisto di nuovi telefoni. Lo studio calcola inoltre l’impatto sulle economie dei Paesi in via di sviluppo, dove le persone, tramite i telefonini, possono accedere a più informazioni che stimolano i commerci e le attività imprenditoriali. Infine vengono citate le partnership di Facebook con operatori locali per portare le connessioni in zone remote, come avvenuto in Kenya, Zambia e Tanzania. L’impatto globale degli “effetti di connettività” è di 50 miliardi di dollari (2,1 in Italia) e i posti di lavoro generati 1,6 miliardi (24mila in Italia).
Fonte: Deloitte
Se questo è quello che dice lo studio, commissionato da Facebook a Deloitte, quello che dicono i commentatori è altro. Il Wall Street Journal, in particolare, ha sentito degli economisti indipendenti, secondo i quali Deloitte e Facebook hanno usato dei presupposti discutibili, valutando ciascun “Mi Piace” su Facebook secondo criteri che non sono stati resi noti e assegnando il merito a Facebook della vendita di circa un sesto (il 16%) di tutti gli smartphone nel mondo.
«Questi risultati sono senza senso», ha detto al Wsj l’economista di Stanford Roger Noll. «Facebook è un effetto, non una causa, della crescita dell’accesso a Internet e del suo uso».
Ana Aguilar, il direttore di Deloitte che ha supervisionato lo studio, ha citato un’inchiesta europea nella quale il 16% dei rispondenti aveva detto che non avrebbe potuto vivere senza i social media. Ha aggiunto che lo studio si basa sia su statistiche di Facebook sia su discussioni qualitative sull’impatto economico di Facebook nel mondo. Alcuni dettagli, ha aggiunto, sono riservati.
Tanto basta per prestare il fianco alle contestazioni. Come quella venuta da Tyler Cowen, un docente di economia alla George Mason University, secondo il quale Facebook ha certamente un impatto economico significativo, ma non così grande come quello che suggerisce il report. Soprattutto a essere contestato è il numero di lavori che sarebbero creati da Facebook. «Il valore degli smartphone è che ti aiutano a guardare Facebook, in aggiunta ad altri benefici non viceversa», ha aggiunto, bollando i calcoli dello studio come “ragionamenti sbagliati”.
Critiche a cui ha replicato la Chief Operating Officer di Facebook, Sheryl Sandberg in un’intervista. «Sappiamo che Facebook è uno dei principali motivi per cui le persone comprano i telefoni, soprattutto nel mondo sviluppato – ha detto -. Le persone vanno nei negozi di telefonini e dicono “voglio Facebook”. Le persone in verità in alcuni posti confondono Facebook e Internet».